Incostituzionale negare in ogni caso i benefici per i superstiti delle vittime del terrorismo o della criminalità organizzata

La Redazione
08 Luglio 2024

Per la Corte costituzionale «i benefici previsti per i superstiti delle vittime del terrorismo o della criminalità organizzata non possono essere negati in ogni caso ai parenti e agli affini entro il quarto grado di persone sottoposte a misure di prevenzione o indagate per alcune tipologie di reato».

La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2-quinquies, comma 1, lettera a), d.l. n. 151/2008 (Misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina), inserito dalla legge di conversione n. 186/2008, e successivamente modificato dall'art. 2, comma 21, l. n. 94/2009 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «parente o affine entro il quarto grado».

La disciplina richiamata nega in ogni caso i benefici previsti per i superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata a chi sia «coniuge, convivente, parente o affine entro il quarto grado di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento per l'applicazione o sia applicata una misura di prevenzione di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, ovvero di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento penale per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale».

Inoltre, è stato osservato che «la condizione ostativa riferita a parenti e affini, nella sua rigidità, travalica la finalità di procedere a una verifica rigorosa dell'estraneità dei beneficiari al contesto criminale».

Ed è stato anche ribadito che è imprescindibile un'attenta valutazione di meritevolezza dei beneficiari, in quanto «i vincoli di parentela o di affinità richiedono un vaglio ancor più incisivo sull'assenza di ogni contatto con ambienti delinquenziali, sulla scelta di recidere i legami con la famiglia di appartenenza, su quell'estraneità che presuppone, in termini più netti e radicali, una condotta di vita incompatibile con le logiche e le gerarchie di valori invalse nel mondo criminale».

*Fonte: DirittoeGiustizia

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.