Utilizzo dei dati biometrici nella verifica delle presenze
Uno degli aspetti che è stato approfondito negli ultimi anni dal Garante per la protezione dei dati personali è stato l'utilizzo di apparecchiature per la rilevazione dei dati biometrici per la verifica delle presenze sul luogo di lavoro.
Un atto decisivo sulla questione è stato il Provvedimento n. 167/2019, emanato il 19 settembre 2019, in cui il Garante fornisce il proprio parere sulla disciplina di attuazione della disposizione di cui all'art. 2 l. 19 giugno 2019, n. 56, recante “Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell'assenteismo”. L'intervento normativo in esame prevedeva l'uso di strumenti di raccolta di dati biometrici per ostacolare i cosiddetti “furbetti del cartellino”.
Un primo dubbio riguardava proprio gli strumenti impiegati. La legge, difatti, prevedeva sia la raccolta di dati biometrici che l'utilizzo della videosorveglianza. Questo è chiaramente contrario al già citato principio di proporzionalità del GDPR.
La proporzionalità o meno del trattamento dei dati personali deve essere valutata tenendo in considerazione il fine che il titolare intende raggiungere e quale sacrificio viene richiesto agli individui. Chiaramente, deve essere utilizzata la soluzione che preveda il minor danno possibile alla privacy dei soggetti.
Il Garante ha sottolineato che nel caso in esame non c'è motivo che venga utilizzato un sistema di raccolta di dati biometrici per verificare la presenza dei lavoratori, in quanto la presenza di apparecchi di videosorveglianza era perfettamente sufficiente a raggiungere lo scopo.
L'Autorità ha affermato che i dati biometrici sono “direttamente, univocamente e in modo tendenzialmente stabile nel tempo, collegati all'individuo e denotano la profonda relazione tra corpo, comportamento e identità della persona”. Per questo motivo è necessario limitare il loro utilizzo a meno che non sia assolutamente necessario. Ad esempio nel passato il Garante ha stabilito che la rilevazione dei dati biometrici è legittima quando è prevista come obbligatoria per accedere ad aree riservate sul luogo di lavoro.
In generale però l'Autorità ha stabilito che la presunzione di proporzionalità che viene prevista dalla legge in esame che permetterebbe l'utilizzo sia della videosorveglianza che dei dati biometrici deve essere considerata illegittima e contraria ai già indicati principi generali del GDPR che devono essere rispettati nella disciplina della materia.
Proprio in considerazione di tale parere contrario il primo comma della legge in argomento è stato abrogato dall'art. 1, comma 958, l. 30 dicembre 2020, n. 178.
È importante sottolineare però che questo non esclude del tutto che i dati biometrici possano essere utilizzati nella rilevazione delle presenze. Semplicemente è necessario che ci siano delle circostanze di fatto che richiedano l'utilizzo di questo particolare tipo di strumenti o quanto meno che ci siano dei provvedimenti normativi che giustifichino l'utilizzo del dato biometrico.
Il Garante ha ad esempio previsto la possibilità per una struttura ospedaliera di utilizzare le tecnologie in esame per verificare la presenza del personale perché questo era richiesto per garantire la cura del paziente e perché i normali strumenti di controllo si erano rivelati insufficienti.