È valida la contestazione di licenziamento trasmessa su file Word?

La Redazione
09 Luglio 2024

L'art. 6 della legge n. 604/1966 ammette l'impugnazione del licenziamento con qualsiasi atto scritto, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore.

La vicenda in esame origina dal ricorso proposto da un lavoratore avverso la sentenza del giudice del lavoro che rigettava la domanda di impugnazione del licenziamento disciplinare comminatagli dalla società datrice di lavoro. La Corte d'Appello confermava la decisione del giudice di primo grado, in quanto il difensore del lavoratore aveva inoltrato una PEC all'indirizzo della società a cui era allegato un file Word nel quale era contenuta la contestazione del licenziamento per giusta causa, priva sia della sottoscrizione del ricorrente che del difensore: secondo i giudici di merito, l'allegato alla PEC, essendo un semplice file in formato Word, poteva essere modificato da chiunque, oltre ad essere del tutto privo di firme e non dotato di alcuna attestazione di conformità nei termini richiesti dalla legge, né formato nel rispetto delle linee guida AGID (richiamate dall'art 71 d.lgs. n. 82/2005).

Di qui, il ricorso in Cassazione del lavoratore, il quale deduce l'errata applicazione dell'art. 6 l. n. 604/1966 per avere la Corte d'appello disconosciuto la validità dell'atto di impugnazione costituito dal file: secondo il ricorrente, infatti, «l'impugnativa stragiudiziale di licenziamento può essere effettuata con qualsiasi atto scritto idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, senza la necessità di utilizzare particolari formule sacramentali, come previsto dall'art. 6 l. n. 604/1966» (Cass. n. n. 10883/2021).

La doglianza coglie nel segno. L'art. 6 l. n. 604/1966, infatti, ammette l'impugnazione del licenziamento «con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore». Per quanto riguarda la questione della modificabilità del file di Word, il collegio ritiene che il requisito della comunicazione per iscritto del licenziamento «deve ritenersi assolto, in assenza della previsione di modalità specifiche, con qualunque modalità che comporti la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità» (Cass. n. 23061/2007).

Inoltre, quanto alla mancanza della sottoscrizione, la Corte richiama il costante insegnamento giurisprudenziale secondo cui «la produzione in giudizio di una scrittura, priva di firma da parte di chi avrebbe dovuto sottoscriverla, equivale a sottoscrizione, a condizione che tale produzione avvenga ad opera della parte stessa» (ex multis, Cass. n. 13548/2006; Cass. n. 3810/2004; Cass. n. 2826/2000).

Pertanto, la Corte ritiene che non possa essere contestata l'idoneità della PEC di un avvocato ad impugnare un licenziamento inviando un documento informatico in formato Word: ne deriva che «ai sensi dell'art. 6 l. n. 604/1966, il requisito della impugnazione per iscritto del licenziamento deve ritenersi assolto, in assenza della previsione di modalità specifiche, con qualunque modalità che comporti la trasmissione al destinatario di un qualsiasi atto scritto avente contenuto idoneo a comunicare l'intenzione del lavoratore di impugnare il licenziamento e allo stesso con certezza riferibile, pertanto anche mediante invio di una PEC con allegato un file formato Word, non essendo necessario l'invio di una copia informatica di un documento analogico ai sensi dell'art. 22 d.lgs. n. 82/005».

(tratto da: dirittoegiustizia.it)

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