Il “nuovo” reato di maternità surrogata presto potrà essere legge

09 Luglio 2024

Con l'approvazione da parte della Commissione Giustizia del Senato, avvenuta il 03 luglio 2024, la modifica all'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano, sarà presto legge.  

Quadro introduttivo.  Con il DDL Varchi, dal nome della deputata che ha avanzato la proposta di legge, l'on. Maria Carolina Varchi, si presenta un intervento all'art. 12 l. n. 40/2004 (legge sulla procreazione medicalmente assistita). La modifica ha il fine di sottoporre alla giurisdizione italiana le condotte compiute dal cittadino italiano, riferibili al delitto di surrogazione di maternità – altrimenti detta “gestazione per altri” (abbreviata con GPA) - anche se realizzate in territorio estero.

Il reato di maternità surrogata oggi. L'art. 12, comma 6,  l. 40/2004 già prevede nel nostro ordinamento giuridico il reato di maternità surrogata e così dispone: «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro».

La norma penale suddetta può attualmente essere applicata anche se il fatto è stato commesso all'estero da un cittadino italiano.

L'art. 9 c.p. (Delitto comune del cittadino all'estero) punisce, infatti, secondo la legge italiana il cittadino italiano che commette all'estero un reato a condizione che il cittadino si trovi nel territorio dello Stato italiano e che il delitto:

  • sia punito con la pena dell'ergastolo o la reclusione non inferiore nel minino a tre anni (quindi per reati di una certa gravità);
  • se punito con pena detentiva di durata inferiore ai tre anni vi sia la richiesta di punizione del Ministro della giustizia ovvero l'istanza o la querela della persona offesa.

L'ultima ipotesi è quella che si applicherebbe al caso di specie, stante la pena prevista dall'art. 12 comma 6 l. n. 40/2004, inferiore appunto nel minimo a tre anni di reclusione.

Trattandosi di un reato che offende un interesse dello Stato o comunque della collettività (si cita a tal proposito la sentenza della Corte costituzionale n. 272/2017 secondo cui la GPA è una pratica “che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”) - è possibile oggi punire il cittadino italiano che commette all'estero il reato in questione, previa richiesta di punizione dello stesso da parte del Ministro di Giustizia.  

Nonostante il quadro normativo sopra descritto la possibilità di applicare la norma penale in questione è stata più ipotetica che reale perché a monte mancava sempre la condizione di procedibilità necessaria, ossia la richiesta discrezionale del Ministero di Giustizia (art. 128 c.p.), come per esempio nel caso deciso dalla Cass. pen., sez. III, sent., 10 febbraio 2021, n. 5198).

Altre volte, nonostante la presenza della rituale richiesta del Ministro di Giustizia, l'applicazione dell'art. 12, l. n. 40/2004 è stata impedita invocando l'errore di diritto sull'interpretazione dell'art. 9 c.p. da parte di chi aveva commesso il fatto (così Cass. pen. Sent. n. 13525 del 05.04.16). Secondo questa tesi, peraltro sostenuta dalla dottrina maggioritaria e da parte della giurisprudenza, l'art. 9 c.p. consente di punire l'italiano che commette all'estero un delitto solo a condizione che il reato sia previsto come tale sia in Italia che nello Stato estero (c.d. principio della “doppia incriminazione”). Se nel paese straniero ove viene realizzato il fatto la gestazione per altri è una pratica lecita, allora non si applica l'art. 9 c.p.

Il reato di maternità surrogata domani. Il DDL Varchi ha l'obiettivo di rafforzare la tutela penale contro il delitto di surrogazione di maternità, non più ricorrendo all'introduzione del c.d. “reato universale” (come si ipotizzava nella prima proposta di legge Varchi), ossia punendo un fatto da chiunque commesso in qualsiasi luogo, bensì limitando la punizione al fatto commesso in qualsiasi luogo non da chiunque, ma solo dal cittadino italiano.

Con la modifica proposta il reato non sarebbe più punito ai sensi dell'art. 9 c.p., con tutte le problematiche connesse al tempismo della richiesta di punizione da parte del Ministro di Giustizia o alla c.d. doppia incriminazione, bensì, secondo la nuova formulazione del DDL Varchi, ai sensi dell'art. 7, comma 1 n. 5 c.p. (Reati commessi all'estero) in forza del quale è punito secondo la legge italiana il cittadino (ma nello specifico non lo straniero) che commette in territorio estero “ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilità della legge italiana”.

  

L'eventuale modifica dell'art. 12, l. 40/2004 non comporta quindi una nuova incriminazione ma cerca di rimediare alla sostanziale inapplicabilità dell'attuale precetto penale.

Conclusioni. Da quando il DDL Varchi è approdato in Parlamento si è tanto parlato di reato “universale” di maternità surrogata, anche quando gli emendamenti intervenuti hanno eliminato il riferimento alla condotta commessa anche dallo straniero all'estero, rendendolo un reato commesso dal solo cittadino italiano.

Il linguaggio utilizzato è certamente strumentale alla lotta ai diritti civili a cui stiamo assistendo in questo particolare momento storico nei confronti, in particolare, delle famiglie omogenitoriali, negando i diritti ai figli nati da tecniche di procreazione medicalmente assistita vietate in Italia ma consentite all'estero.

Ci si dimentica, tuttavia, che statisticamente la gestazione per altri è una pratica a cui ricorrono prevalentemente le coppie eterosessuali che, ad oggi, sono le grandi assenti dal dibattito sull'argomento.

La scelta di rendere punibile un fatto che all'estero è considerato invece lecito è qualcosa che difficilmente si spiega anche alla luce dell'entità delle sanzioni previste per chi viola il precetto penale: se il reato è considerato tale anche se commesso al di fuori dei confini nazionali, derogando al principio di territorialità sancito dall'art. 6 c.p., ci si aspetterebbe quanto meno che il delitto sia ritenuto di particolare gravità e quindi punito severamente (non certo con una reclusione compresa in una forbice che va da tre mesi a due anni di reclusione).

Un'ultima considerazione da fare, non certo per importanza, è rispetto ai bambini nati da una gestazione per altri: minori che devono essere tutelati e non penalizzati per il modo in cui vengono al mondo.

Non si possono trascurare, infatti, le pesanti implicazioni che il reato di surrogazione di maternità comporta per le famiglie che hanno fatto ricorso a tale tecnica e sui nati da una gestante per altri (è sufficiente pensare alla difficoltà del riconoscimento dello status filiationis e alla lesione del diritto all'identità personale dei minori, così come tutelato dall'art. 2 Cost.).

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