Contratto di locazione con clausola penale: chiarimenti dell'AE sull'imposta di registro applicabile
La Redazione
19 Settembre 2024
L'Agenzia delle Entrate si è espressa in merito all'applicazione dell'imposta di registro ad un contratto di locazione contenente disposizioni relative ad una clausola penale, chiarendo quale sia il regime applicabile a tale fattispecie. A tal proposito si veda anche il focus pubblicato quia firma del notaio Fabio Cosenza dal titolo Rafforzamento degli effetti del contratto: caparre, clausola penale, multa penitenziale e relativa tassazione.
In merito all'applicazione dell'imposta di registro ad un contratto di locazione contenente disposizioni relative ad una clausola penale, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che tale fattispecie è regolata dall'art. 21 c. 2 DPR 131/1986 e che, pertanto, deve essere applicata la tassazione della disposizione che dà luogo all'imposizione più onerosa, tra la disposizione afferente al contratto e quella relativa alla clausola penale stessa.
Ai fini della valutazione della disposizione più onerosa, l'AE ribadisce quanto già affermato nella Ris. AE 16 luglio 2024 n. 91/E e cioè che alla clausola penale si applica la disciplina degli atti sottoposti a condizione sospensiva, di cui all'art. 27 DPR 131/1986, secondo cui gli atti sottoposti a condizione sospensiva sono registrati con il pagamento dell'imposta in misura fissa (ovvero 200 euro).
La clausola penale, infatti, non opera diversamente da una condizione sospensiva: gli effetti di quest'ultima sono ricollegati al verificarsi di un evento successivo alla registrazione del contratto (quello, futuro ed incerto, dedotto in condizione ovvero l'eventuale ritardo/inadempimento se si tratta di clausola penale).
Il verificarsi degli eventi che fanno sorgere l'obbligazione (tardività/ inadempimento) e, quindi, l'ulteriore liquidazione d'imposta devono essere denunciati entro 30 giorni, a cura delle parti contraenti o dei loro aventi causa e di coloro nel cui interesse è stata richiesta la registrazione, all'ufficio che ha registrato l'atto al quale si riferiscono, ai sensi dell'art. 19 DPR 131/1986.
Il caso prospettato all'Agenzia delle Entrate e l'iter argomentativo seguito dall'Agenzia stessa sono riepilogati di seguito.
Caso concreto
L'istante intende locare un proprio immobile adibito a studio medico ad un professionista, ancora da individuare, esercitante professione medica o sanitaria. Intende inserire nell'ambito delle previsioni contrattuali le seguenti clausole penali volontarie:
il mancato pagamento puntuale del canone e degli oneri accessori costituisce motivo di risoluzione del contratto ed obbliga il conduttore alla corresponsione degli interessi di sconto maggiorato di (cinque) punti;
In caso di mancata riconsegna della cosa locata alla scadenza prevista in contratto o a quella di una sua eventuale rinnovazione, il conduttore, oltre al pagamento del corrispettivo, si obbliga al pagamento di una penale giornaliera pari ad un trentesimo del triplo dell'ultimo canone corrisposto salvo i maggiori danni.
Quesito posto all'AE
In sede di registrazione del contratto, si applica, ai fini dell'imposta di registro, il comma 1 o il comma 2 dell'art. 21 DPR 131/1986?
Iter argomentativo dell'AE
La clausola penale (regolata dall'art. 1382 c.c.) ha l'effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno da parte del creditore.
Per definire il trattamento ai fini dell'imposta di registro occorre considerare le previsioni di cui all'art. 21 DPR 131/1986 («Atti che contengono più disposizioni») che al comma 1 dispone che "Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto" e al comma 2 che "Se le disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all'imposizione più onerosa".
L'espressione ”disposizioni” deve essere intesa nel senso di "disposizioni negoziali", ognuna contraddistinta da una autonoma causa negoziale, e non di pattuizioni o clausole concernenti un unico negozio giuridico (in tal senso anche la giurisprudenza di legittimità: Cass. 7 febbraio 2024 n. 3466).
L'applicazione del comma 1 o del comma 2 dell'art. 21 DPR 131/1986 è correlata alla distinzione fra: 1) atto collegato, in cui ciascuna disposizione negoziale è retta da un'autonoma causa economico-giuridica, ancorché funzionalmente connessa alla causa complessiva dell'operazione, è soggetto a imposizione ai sensi dell'art. 21 c. 1 DPR 131/1986, come se ogni singola disposizione fosse un atto distinto; 2) atto complesso, le cui disposizioni sono rette da un‘unica causa economico-giuridica, derivando necessariamente per la loro intrinseca natura le une dalle altre, è soggetto a un'unica tassazione dell'art. 21 c. 2 DPR 131/1986, come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all'imposizione più onerosa.
Ne consegue che la clausola penale non può essere soggetta a distinta imposta di registro, ma deve essere sottoposta alla regola dell'imposizione della disposizione più onerosa (ai sensi dell'art. 21 c. 2 DPR 131/1986). Infatti, non può sopravvivere autonomamente rispetto al contratto e ad essa deve applicarsi la disciplina generale dell'oggetto del contratto.
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