Illeggibilità della firma digitale da parte dell’ufficio giudiziario: è invalida?
17 Luglio 2024
Ancora un altro aspetto problematico strettamente connesso al processo penale telematico e alla sua particolare, per certi aspetti inedita, disciplina delle sanzioni processuali. L’ipotesi da cui prendiamo questa volta le mosse è la seguente: ipotizziamo di firmare digitalmente un atto, seguendo scrupolosamente le direttive imposte dalle fonti primarie e secondarie (file in formato .pdf sottoscritto con firma digitale rientrante nel novero di quelle “ammesse”: CADES o PADES). Diamo anche per scontato che il servizio di sottoscrizione digitale non presenti malfunzionamenti di sorta e che il suo titolare risulti in regola con il relativo abbonamento. Posto ciò, ci si chiede quale sanzione processuale potrebbe derivare dalla impossibilità, per le più disparate ragioni tecniche, dell’ufficio giudiziario di decifrare correttamente la sottoscrizione; e di riconoscere, in definitiva, l’atto pervenuto come regolarmente firmato. Le soluzioni alternative sono due: dichiarare l’atto inammissibile perché la sottoscrizione digitale non è riconoscibile, oppure escludere ogni sanzione processuale in quanto l’ipotesi in argomento non è tra quelle che il legislatore ha espressamente contemplato tra le cause di invalidità. La Corte di Cassazione, interrogata in una vicenda analoga, ha optato per la seconda risposta con la recente sentenza n. 10470/2024 (Cass., sez. III, 7 marzo 2024, n. 10470): l’atto non va considerato inammissibile perché non è privo di sottoscrizione digitale (il che, invece, lo priverebbe di validità). E il legislatore, sin dai tempi della prima disciplina emergenziale, ha soltanto previsto, quale causa di invalidità, esclusivamente l’assenza della sottoscrizione digitale, non la sua “illeggibilità”. Quest’ultima, come si evince dal tenore della decisione che abbiamo appena richiamato, non era decifrabile con l’utilizzo del programma “Aruba Sign”, ma non per questo era possibile dichiararla inesistente. |