Correzione officiosa dell’errore materiale: applicabilità della disciplina nei giudizi dinanzi al Consiglio di Stato

19 Luglio 2024

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, confermando la soluzione già espressa anteriormente all'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, opta per la correzione officiosa del mero errore materiale contenuto in una precedente sentenza ed individua nell'art. 391-bis c.p.c. la disciplina processuale applicabile.

Massima

La disciplina del procedimento officioso di correzione degli errori materiali di cui all'art. 391-bis c.p.c. è applicabile anche nei giudizi innanzi al Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 39 comma I c.p.a.

Il caso

La vicenda trae origine dall'errore materiale di trascrizione contenuto nel punto 8 del considerato in diritto della sentenza n. 11 del 2024 della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, laddove, in tema di vizio di nullità del provvedimento, era fatto riferimento all'art. 21-septies c.p.a. in luogo dell'art. 21-septies della legge sul procedimento amministrativo.

Il Consiglio di Stato ha proceduto alla correzione officiosa dell'errore materiale - sostituendo al punto 8 del considerato in diritto le parole «del c.p.a.» con le parole «della legge 7 agosto 1990, n. 241» - mediante rinvio esterno ex art. 39 c.p.a. alla disciplina di cui all'art. 391-bis c.p.c., quale norma compatibile ed espressiva di un principio generale di semplificazione processuale.

La questione

La questione giuridica sottesa alla decisione in commento riguarda l'applicabilità, nel giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, della disciplina di cui all'art. 391-bis c.p.c., come sostituito dall'art. 1-bis, comma 1, lettera l), numero 1), del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, ai sensi del quale la correzione di un errore materiale «può essere chiesta, e può essere rilevata d'ufficio dalla Corte, in qualsiasi tempo».

In particolare, l'Adunanza Plenaria – ponendosi nel solco dell'interpretazione giurisprudenziale anteriore all'entrata in vigore del codice del processo amministrativo – analizza l'applicabilità della disciplina del procedimento di correzione degli errori materiali delle pronunce della Corte di Cassazione, alla luce del meccanismo del rinvio esterno, oggi codificato dal co. I dell'art. 39 c.p.a.

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio, evidenziata la natura meramente materiale dell'errore di formulazione in cui è incorso, del tutto inidoneo ad incidere, né sostanzialmente né formalmente, sulla decisione, conclude per l'applicabilità della disciplina del procedimento officioso di correzione degli errori materiali di cui all'art. 391-bis c.p.c., ai sensi dell'art. 39 comma I c.p.a., anche nei giudizi dinanzi al Consiglio di Stato. Ciò in quanto, come già rilevato da Cons. Stato, Ad. plen., decreto collegiale 3 gennaio 2023, n. 1, si tratta di una disposizione compatibile ed espressiva di un principio generale di semplificazione processuale.

Al riguardo, giova premettere che l'art. 39 c.p.a. stabilisce, al co. I, che le norme del c.p.c. trovano applicazione nel giudizio amministrativo non solo quando richiamate espressamente dalle disposizioni regolatrici di quest'ultimo, ma anche quando contengano l'enunciazione di principi generali di diritto valevoli per ogni tipo di processo.

Nel caso in esame, le disposizioni relative al procedimento di correzione degli errori materiali delle pronunce della Corte di Cassazione sono state ritenute suscettibili di richiamo in quanto espressione del principio di semplificazione processuale – trattandosi, a ben vedere, di un mero procedimento di natura amministrativa” (cfr. Cass. civ. Sez. III Sent., 14/09/2023, n. 26566; Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 24/10/2022, n. 31309), rispondente, nella nuova formulazione derivante dalla riforma del 2016, alla preminente “esigenza di rimediare all'incoerenza tra la manifestazione formale della volontà giurisdizionale ed il suo reale contenuto” (cfr. Cass. civ. Sez. Unite Ord., 13/02/2023, n. 4353).

In tal senso, l'attribuzione alla Corte del potere di correggere d'ufficio la sua statuizione, in forza della modifica apportata al predetto art. 391-bis c.p.c., co. I, dal D.L. n. 168 del 2016, appare funzionale all'interesse di carattere generale di garantire un'iniziativa officiosa volta alla rimozione di un errore o un'omissione incidente sulla sola esteriorizzazione del comando giudiziale, così ripristinando, attraverso un intervento di tipo amministrativo, la corrispondenza fra quanto la sentenza ha inteso dichiarare e quanto ha formalmente dichiarato.

Tale ratio assume, dunque, nel ragionamento dell'Adunanza Plenaria, portata generale, laddove la medesima esigenza di approntare un più rapido e sollecito rimedio al mero errore materiale inficiante la decisione del Giudice di ultima istanza appare senz'altro comune al giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, in un'ottica di semplificazione, celerità ed effettività sostanziale della tutela giurisdizionale accordata dagli articoli 24 e 113 Cost..

In linea con la disciplina di cui all'art. 391-bis c.p.c., il procedimento di correzione in esame ha avuto, quindi, origine da un impulso officioso del presidente dell'Adunanza, che, ravvisata la necessità di correggere il mero refuso contenuto nella enunciazione del principio di diritto della citata sentenza, ha convocato il Collegio per la correzione dell'errore materiale. In tal senso, la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ribadito che nel nuovo procedimento che si apre deve essere rispettato il principio del contraddittorio e devono essere chiamate a interloquire le parti; la cancelleria dovrà, pertanto, comunicare l'avvio del procedimento di correzione ai procuratori già costituiti nel giudizio conclusosi col provvedimento da correggere (cfr. Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 15  giugno 2017, n. 14919; Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 13-02-2023, n. 4353).

Ancora, coerentemente agli approdi della giurisprudenza civile, il Supremo Consesso nulla ha statuito in ordine alle spese processuali, trattandosi di procedimento di natura amministrativa senza una parte soccombente in senso proprio (cfr. Cass. civ. Sez. III Sent., 14/09/2023, n. 26566; Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 24/10/2022, n. 31309; Cass. civ. Sez. VI - 2 Ord., 17/09/2013, n. 21213; Cass. civ. Sez. Unite Ord., 27/06/2002, n. 9438).

Quanto all'ambito applicativo, l'Adunanza Plenaria, come anticipato, ravvisa l'errore materiale nel mero difetto di formulazione contenuto al punto 8 del considerato in diritto della sentenza – ovvero in un difetto di corrispondenza tra l'ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, rilevabile ictu oculi dal testo del provvedimento. La necessità che la correzione non si traduca in un (inammissibile) rimedio ad un vizio della volontà del giudice o ad un suo errore di giudizio è, d'altronde, comune ai precedenti sopra menzionati, laddove l'errore materiale è stato ravvisato nell'erronea indicazione, nel dispositivo della sentenza, del nominativo di un componente del Collegio in luogo di un altro (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., decr. coll. 3 gennaio 2023, n. 1; Cons. Stato, sez. VI, decr. coll. 7 febbraio 2017, n. 533; in senso conforme, vedasi altresì Cass. civ. Sez. Unite, 06/11/1991, n. 11853); nell'errore di calcolo nella liquidazione del compenso del verificatore (cfr. Cons. Stato, sez. VI, decr. coll. 7 maggio 2020, n. 3065); nell'erronea condanna alle spese della parte contumace vittoriosa (cfr. C.G.A.R.S. 20 novembre 2023 n. 827).

Osservazioni

Anche nel quadro normativo anteriore all'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, la giurisprudenza aveva espresso l'orientamento secondo cui la correzione degli errori materiali prevista dall'art. 93 R.D. 17 agosto 1907 potesse essere disposta anche d'ufficio, senza specifica istanza delle parti, trattandosi di un procedimento privo di connotati giurisdizionali e di natura sostanzialmente amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 2358/2004).

L'odierno richiamo, per effetto del meccanismo del rinvio esterno, all'art. 391-bis c.p.c., conferma la possibilità di procedere alla correzione, d'ufficio ovvero su istanza di parte, in ogni tempo, laddove la Corte cost., con sentenza 18 aprile 1996, n. 119, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui prevedeva un termine per la proposizione della relativa istanza.

Nel novero dell'istituto in esame, in aggiunta ai casi sopra riportati, sono stati ricondotti gli errori materiali e di calcolo, intesi come erronea utilizzazione delle regole aritmetiche o come svista del giudice; l'omissione o l'errore della data della deliberazione della sentenza (cfr. Cass. civ. Sez. II, 06/05/1988, n. 3368) ovvero l'errore di individuazione del tipo, giudice o corte, o del luogo del giudice di rinvio (Cass. civ. Sez. II, 24/02/1995, n. 2119); più di recente, l'omessa pronuncia sull'istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore (cfr. Cass. civ. Sez. III Ord., 26/02/2024, n. 5082).

Non sarà, invece, possibile adottare il procedimento di correzione, nemmeno ad iniziativa officiosa, al fine di procedere alla specificazione o all'interpretazione di una sentenza (cfr. Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 03/11/2020, n. 24417; in termini, Cass. n. 17418/2014; Cass. n. 11348/2013): trattasi, infatti, di un'attività di interpretazione della decisione e non di correzione della medesima che esula dai limiti del procedimento di correzione, dovendosi ritenere rimessa la relativa questione al giudice dell'esecuzione.

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala Acone, Correzione e integrazione dei provvedimenti del giudice, in Enc. Giur., IX, Roma, 1988; Giagnotti, La correzione e la revocazione del provvedimento viziato da errore, Nota a C., n. 2263/2023, in Diritto & Giust., 14, 2023, 37.

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