Non spetta al giudice del reclamo investito ex art. 473-bis.24 c.p.c. decidere sulle istanze controverse in causa

18 Luglio 2024

Con la presente ordinanza, la Corte di appello di Milano affronta il tema del reclamo dei provvedimenti temporanei e urgenti e quello ad esso connesso dei poteri e dell’approfondimento istruttorio che si rende necessario con la struttura del procedimento.

Massima

In tema di reclamo dei provvedimenti temporanei e urgenti promosso ex art. 473-bis.24 c.p.c., nell'ambito di un giudizio di separazione personale, non spetta alla Corte di appello decidere delle istanze istruttorie controverse in causa, in quanto la devoluzione delle stesse resta alla cognizione del Collegio di primo grado ex art. 177 c.p.c.

Il caso

Nell’ambito di un giudizio di separazione personale, il tribunale, in via provvisoria, oltre ad autorizzare i coniugi a vivere separati, disponeva l’affidamento condiviso della figlia minorenne con collocamento prevalente presso la madre, regolamentando il diritto di visita del padre, e poneva a carico di quest’ultimo l’obbligo di versare la somma di euro 2.000,00, a titolo di concorso nel mantenimento ordinario della figlia, e quella di euro 5.000,00 quale contributo di mantenimento della moglie.

A seguito di tale decisione, la moglie decideva di promuovere reclamo ex art. 473-bis.24 c.p.c., censurando l’ordinanza impugnata nella parte relativa ai profili di mantenimento in quanto, a suo dire, il primo giudice aveva erroneamente interpretato le evidenze probatorie in punto economico, tanto con riferimento all’assegno in favore della stessa, quanto a quello relativo alla figlia minore; a detta della donna, infatti, il tribunale non aveva tenuto in considerazione della prestigiosa attività lavorativa ricoperta dal marito e delle sue ingenti consistenze reddituali e immobiliari. Chiedeva, pertanto, che venisse ordinata al reclamato la produzione dei documenti oggetto della comparsa ex art. 473-bis.17 c.p.c. e che fossero effettuate delle verifiche di ordine tecnico contabili tramite ctu.

Nel giudizio di secondo grado così instaurato si costituiva il marito chiedendo il rigetto del gravame.

La questione

Spetta alla Corte di appello, investita del reclamo ex art. 473-bis 24 c.p.c., come introdotto dalla Riforma Cartabia, decidere sulle istanze istruttorie controverse in causa?

Le soluzioni giuridiche

La questione affrontata dalla pronuncia in esame impone una breve digressione in merito alla tematica dell'attività istruttoria relativa alla ricostruzione patrimoniale delle parti nelle cause di separazione avuto particolare riguardo alla prova mediante presunzioni.

Come noto, la tradizionale ripartizione dell'onere probatorio prevede che il soggetto che voglia far valere le proprie pretese debba dimostrare gli elementi costitutivi delle stesse e che la controparte possa difendersi, oltre che con la prova dei fatti modificativi ed estintivi, fornendo quella della falsità degli stessi mentre, con riguardo al caso della presunzione legale relativa, che sia il convenuto a dover fornire la prova del contrario per il solo fatto che è stato allegato il fatto presunto.

In particolare, la disposizione di cui all'art. 2727 c.c. definisce le presunzioni come «conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato», vale a dire un'attività inferenziale che si articola mediante ricorso a massime d'esperienza o piuttosto a regole probabilistiche, tratte per induzione da accadimenti storicamente ripetuti ed uniformi. Presupposto, quindi, per l'operatività della presunzione è l'esistenza di un fatto noto, che deve essere provato, senza che residuino margini di incertezza, da parte di chi intende avvalersi della presunzione stessa.

Guardando, poi, più da vicino ai principi generali in tema di prova presuntiva, l'altra disposizione che viene in considerazione è quella dell'art. 2729 c.c., la quale prevede che il giudice sia tenuto, ad ammettere solo presunzioni che si presentino “gravi, precise e concordanti”: in particolare, il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica; quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi. Pertanto, dovendo il fatto ignoto essere desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, sarà necessario articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un'analisi atomistica degli stessi (cfr. sul punto. Cass., sez. II, ord., 21 maggio 2022, n. 9054 e Cass., sez. I, ord., 3 novembre 2023, n. 30712).

Peraltro, nell'esaminare le modalità con cui la condizione patrimoniale delle parti deve essere valutata ai fini della quantificazione dell'assegno di divorzio, la giurisprudenza di legittimità ritiene che le ammissioni delle parti relative ai diritti indisponibili ed in cause aventi ad oggetto diritti familiari possano assurgere a presunzioni ed indizi liberamente valutabili dall'organo giudicante in unione con altri elementi probatori. A ciò si aggiunga che l'accesso pieno ed integrale alla condizione reddituale, patrimoniale ed economico-finanziaria delle parti processuali, siano essi coniugi o conviventi di fatto, anche rispetto ai figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente indipendenti, nelle cause divorzili, è da considerare precondizione necessaria per l'uguale trattamento giuridico nell'ambito di tutti i procedimenti di famiglia. Circostanza, quest'ultima, che spiega la deroga ai principi generali in tema di onere della prova costituita dall'art. 36 d.P.R. n. 600/1973 in relazione all'art art. 5, comma 9, l. n. 898/1970, secondo cui il giudice, può disporre anche d'ufficio, indagini reddituali e/o patrimoniali avvalendosi della polizia tributaria, al fine di acclarare l'esistenza di redditi ulteriori e non dichiarati (sul punto cfr. Cass., sez. I, 23 gennaio 2023, n.1987). Ne consegue, quindi, che una verifica del materiale in discussione, per la natura stessa che lo connota, trattandosi di dati contabili, non può prescindere da una ricognizione di ordine tecnico, mediante ctu, da svolgersi nel pieno contraddittorio tra le parti.

Ciò premesso, nel caso di specie, secondo la Corte di appello le deduzioni attoree necessitavano di approfondimenti incompatibili con la struttura del procedimento in esame, soprattutto alla luce delle istanze istruttorie che erano state formulate e alle considerazioni di ordine tecnico contabile che erano state introdotte, non suscettibili di valutazione, se non a seguito dell'instaurazione di un pieno contraddittorio mediante espletamento di ctu.

La posizione della reclamante, quindi, è stata ritenuta dalla Corte contradditoria in quanto, da un lato, invocava l'esercizio di poteri discrezionali e, dall'altro, pretendeva un vaglio diverso ed ulteriore rispetto a quello effettuato del giudice di prime cure, senza fornire però elementi sufficienti per superare, alle condizioni date, le lacune nella ricostruzione patrimoniale in questione.

Osservazioni

La pronuncia in esame si presenta senza dubbio interessante in quanto è l’occasione per ricordare, anche dopo la Riforma Cartabia, quale sia l’ambito della cognizione devoluta al giudice del reclamo chiamato a confrontarsi con i provvedimenti temporanei e urgenti. Tale giudizio, infatti, anche dopo l’introduzione del comma terzo dell’art. 473-bis.24, c.p.c., è limitato alle deduzioni e produzioni che le parti hanno tempestivamente introdotto innanzi al giudice che ha emesso il provvedimento reclamato dovendo, eventuali circostanze sopravvenute, essere sottoposte alla cognizione di quell’organo, con l’unica eccezione di sommarie informazioni che possono essere assunte a titolo di integrazione istruttoria solo laddove ciò risulti essere attività indispensabile (non anche meramente opportuna o necessaria) alla decisione.

Di conseguenza, la disciplina in questione circoscrive l’intervento del giudice di appello nel corso di un procedimento di primo grado onde non travolgere l’attività istruttoria in corso avanti al tribunale, organo competente sul merito del procedimento ancora non concluso ed evitare il potenziale corto circuito che potrebbe derivare da pronunce contrastanti nell’ambito dello stesso grado di giudizio.

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