Accesso ai contratti di acquisto dei vaccini contro il Covid-19: per il Trib. UE, la Commissione non ha concesso al pubblico un accesso sufficientemente ampio

La Redazione
18 Luglio 2024

Il Tribunale UE, con le sentenze del 17 luglio 2024 sulle cause T-689/21 e T-761/21, ha accolto parzialmente i ricorsi di alcuni deputati europei e alcuni privati riscontrando irregolarità nell'accesso solo parziale concesso dalla Commissione UE al contenuto dei contratti di acquisto stipulati tra la Commissione e talune società farmaceutiche per l'acquisto di vaccini contro il Covid-19, ritenendolo insufficiente alla dovuta informazione al pubblico ai sensi del Regolamento (CE) n. 1049/2001 sull'accesso ai documenti. Tale infrazione riguarda in particolare le clausole di detti contratti relative all'indennizzo nonché le dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l'acquisto dei vaccini.

Nel 2020 e nel 2021 sono stati stipulati tra la Commissione UE e alcune imprese farmaceutiche contratti di acquisto di vaccini contro il Covid-19: circa 2,7 miliardi di euro sono stati rapidamente resi disponibili per effettuare un ordine fermo di oltre un miliardo di dosi di vaccino. 

Nel 2021 alcuni deputati europei e alcuni privati hanno chiesto, sulla base del Regolamento (CE) n. 1049/2001 sull'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, l'accesso a tali contratti e a taluni documenti ad essi relativi per comprenderne i termini e le condizioni e per assicurarsi che l'interesse pubblico fosse tutelato.

Poiché la Commissione ha concesso solo un accesso parziale a tali documenti, che sono stati messi in rete in versioni oscurate, i deputati europei interessati e alcuni privati hanno investito il Tribunale dell'UE di domande di annullamento.

Nelle sue sentenze, il Tribunale accoglie parzialmente entrambi i ricorsi e annulla le decisioni della Commissione nella parte in cui esse contengono irregolarità.

Per quanto riguarda le clausole dei contratti relative all'indennizzo delle imprese farmaceutiche da parte degli Stati membri per eventuali risarcimenti che esse dovrebbero pagare in caso di difetto dei loro vaccini, il Tribunale sottolinea che il produttore è responsabile del danno causato da un difetto del suo prodotto e la sua responsabilità non può essere soppressa o limitata, nei confronti del danneggiato, da una clausola esonerativa o limitativa di responsabilità ai sensi della Direttiva 85/374/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi. Esso rileva nondimeno che nessuna disposizione della Direttiva 85/374/CEE vieta a un terzo di rimborsare gli importi pagati a titolo di risarcimento da un produttore a causa della difettosità del suo prodotto. Esso ricorda che la ragione per la quale le clausole relative all'indennizzo sono state integrate nei contratti, vale a dire compensare i rischi corsi dalle imprese farmaceutiche connessi all'abbreviazione del termine di messa a punto dei vaccini, era stata avallata dagli Stati membri (art. 6, comma 3 dell'accordo del 16 giugno 2020 sull'acquisto di vaccini contro il Covid-19 concluso tra la Commissione e gli Stati membri) ed era di dominio pubblico.

Esso constata che la Commissione non ha dimostrato che un accesso più ampio a tali clausole avrebbe effettivamente arrecato pregiudizio agli interessi commerciali di tali imprese. Del pari, la Commissione non ha fornito spiegazioni sufficienti che consentissero di capire in che modo l'accesso alle definizioni di «dolo» e di «ogni ragionevole sforzo» in taluni contratti e alle clausole dei contratti relative alle donazioni e alle rivendite dei vaccini avrebbe potuto arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio a tali interessi commerciali. 

Per quanto riguarda la tutela della vita privata delle persone invocata dalla Commissione per negare parzialmente l'accesso alle dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l'acquisto dei vaccini, il Tribunale ritiene che i privati interessati abbiano debitamente dimostrato il fine specifico di servire l'interesse pubblico della divulgazione di dati personali di tali membri. Infatti, è solo in possesso dei loro cognomi, nomi e del loro ruolo professionale o istituzionale che essi avrebbero potuto verificare che i membri in questione non si trovassero in una situazione di conflitto di interessi. Inoltre, la Commissione non ha preso sufficientemente in considerazione tutte le circostanze pertinenti al fine di soppesare correttamente gli interessi in gioco, connessi all'assenza di conflitto di interessi e a un rischio di pregiudizio alla vita privata degli interessati.