La Consulta equipara il convivente di fatto al familiare

La Redazione
26 Luglio 2024

I Giudici hanno accolto la richiesta di illegittimità costituzionale dell'art. 230-bis, comma 3, c.c., in quanto non riconosce il «convivente di fatto» come membro familiare e non estende la qualifica di impresa familiare a quella in cui il «convivente di fatto» partecipa.

La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 230-bis, comma 3, c.c. e dell'art. 230-ter c.c., introdotto dalla legge Cirinnà.

Questo in quanto non considerano il "convivente di fatto" come familiare né garantiscono adeguata tutela nell'ambito dell'impresa familiare. La Consulta ha rilevato l'evoluzione normativa e giurisprudenziale che riconosce la dignità dei conviventi di fatto come unità familiare stabile.

L'art. 230-ter c.c., limitando i diritti del convivente di fatto, è stato considerato discriminatorio e ingiustificato. Il lavoro nell'impresa familiare richiede uguale protezione per entrambi i conviventi, inclusi diritti al mantenimento e partecipazione gestionale. L'esclusione del convivente di fatto dall'impresa familiare è stata ritenuta irragionevole, evidenziando che la tutela lavorativa è cruciale per la dignità individuale e familiare.

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