Responsabilità amministrativa: legittimità del regime temporaneo di limitazione e criteri per il futuro (e necessario) intervento del legislatore
Roberto Chieppa
31 Luglio 2024
La disciplina della responsabilità amministrativa è sempre stata caratterizzata dalla ricerca di un punto di equilibrio tra l'esigenza della funzione deterrente della responsabilità e quella di non frenare l'attività amministrativa per il timore di incorrere in responsabilità. Con l'art. 21 del d.l. n. 76/2020 (conv., con modif., in l. n. 120/2020) è stato introdotto un regime temporaneo, tuttora in vigore, che per le condotte attive limita al dolo la responsabilità, restando sufficiente la colpa grave in caso di danni derivanti da omissioni o inerzie. La Corte costituzionale, nel dichiarare infondata la q.l.c. proposta con riferimento al citato art. 21, ha evidenziato la correlazione tra responsabilità e amministrazionedi risultato e la necessità che alla cessazione del regime temporaneo (31 dicembre 2024) venga trovato un nuovo punto di equilibrio tra i pericoli di overdeterrence e underdeterrence. Tale punto di equilibrio non potrà consistere né nella trasformazione a regime dell'attuale regime temporaneo, né nel mero ritorno alla disciplina pregressa. Resta ora da attendere l'intervento del legislatore, a cui la Corte ha dato alcune indicazioni sulla possibile nuova disciplina.
Presupposti e natura della responsabilità amministrativa
La responsabilità amministrativa ha contenuto patrimoniale e consiste in termini generali nella responsabilità in cui incorre il funzionario o impiegato per aver causato alla P.A. un danno a causa dell'inosservanza con dolo o con colpa grave dei suoi obblighi di servizio (il c.d. danno erariale).
La principale peculiarità della responsabilità amministrativa è il fatto di essere promossa ed esercitata da un organo pubblico (procure della Corte dei Conti) con un processo che si svolge davanti alla Corte dei Conti.
Fino alle riforme del 1993/1996 la responsabilità amministrativa veniva ritenuta una particolare ipotesi di responsabilità civile, caratterizzata essenzialmente dal fatto che i soggetti ad essa sottoposti sono legati alla P.A. da un rapporto di servizio e per essere appunto esercitata dalla Corte dei Conti.
Gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa erano pacificamente così individuati: a) rapporto di servizio con la P.A. (la Cassazione escludeva la giurisdizione della Corte dei Conti con riferimento agli enti pubblici economici); b) il danno cagionato alla P.A.; c) il nesso di causalità tra la condotta del dipendente e l'evento dannoso; d) l'elemento psicologico del dolo o della colpa (il requisito della gravità non era richiesto per tutti i dipendenti pubblici).
Peculiarità dell'azione di responsabilità “amministrativa” era, ed è, il potere riduttivo del danno da risarcire attribuito alla Corte dei Conti (potere di natura equitativa).
Con le leggi 14 gennaio 1994, n. 19 e n. 20 l'azione di responsabilità è stata profondamente modificata con l'introduzione dei seguenti principi:
1) carattere personale della responsabilità amministrativa e sua limitata trasmissibilità agli eredi solo in caso di illecito arricchimento del responsabile e di indebito arricchimento degli eredi;
2) termine di prescrizione di 5 anni;
3) estensione della giurisdizione della Corte dei Conti ai casi in cui il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti diversi da quelli cui il responsabile apparteneva (c.d. danno obliquo);
4) introduzione del principio della insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali (la Corte dei Conti deve valutare se il dipendente è rimasto nell'ambito delle scelte legittime, senza invadere il merito, ovvero l'opportunità della scelta) e delle azioni dei titolari di organi politici che, in buona fede, abbiano consentito l'esecuzione di atti rientranti nella competenza dei propri uffici tecnici o amministrativi (la responsabilità è gestionale e, in virtù del principio di separazione tra politica e amministrazione, il politico in buona fede non risponde della cattiva gestione del dirigente);
5) riconoscimento del principio della compensatio lucri cum damno (nel giudizio di responsabilità si deve tenere conto dei vantaggi conseguiti dalla P.A. in relazione alla condotta di amministratori o dipendenti pubblici coinvolti);
6) limitazione della responsabilità, nel caso di deliberazioni di organi collegiali, a coloro che hanno espresso voto favorevole;
7) riaffermazione del principio del carattere parziale della responsabilità amministrativa e limitazione della solidarietà ai soli casi di dolo o di illecito amministrativo;
8) introduzione del principio del rimborso delle spese legali sostenute dai soggetti sottoposti a giudizio di responsabilità amministrativa nel caso di definitivo proscioglimento degli stessi con onere a carico dell'amministrazione di appartenenza;
9) introduzione del principio del divieto di esercitare l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori degli enti locali per la mancata copertura minima del costo dei servizi;
10) l'elemento psicologico richiesto per l'integrazione dell'illecito è il dolo o la colpa grave, con esclusione della colpa lieve (v. oltre).
Fin dalle riforme degli anni ‘90 è stato accentuato il carattere di specialità della responsabilità amministrativa, che sicuramente non può essere inquadrata nell'ambito della responsabilità contrattuale, essendo dirimente l'estensione ai danni causati ad enti diversi da quello cui il dipendente è legato da un rapporto di servizio.
Le sopraindicate caratteristiche allontanano la responsabilità amministrativa anche dalla responsabilità civile di natura extracontrattuale e ne accentuano il carattere personale. Deve quindi ritenersi che la responsabilità amministrativa sia un tertium genus tra la responsabilità civile e quella penale, connotata da rilevanti elementi che la differenziano da entrambe.
La funzione di tale peculiare forma di responsabilità è non solo di recuperare denaro all'erario (funzione peraltro attenuata dalla previsione del potere della Corte dei Conti di ridurre il danno risarcibile), ma anche, e piuttosto, quella sanzionatoria nei confronti della violazione dei doveri di servizio del dipendente e di deterrente dal porre in essere condotte idonee a determinare un danno alla P.A.
La dottrina prevalente e la giurisprudenza costituzionale sottolineano il carattere composito della responsabilità in esame, in ragione del concorrere delle funzioni di prevenzione, risarcitoria e sanzionatoria.
L'elemento soggettivo: la colpa grave
Altro elemento che continua a caratterizzare la responsabilità amministrativa è il requisito della colpa grave, richiesto per integrare tale responsabilità: mentre la pubblica amministrazione come apparato risponde in via risarcitoria anche in caso di colpa lieve, i funzionari e gli impiegati pubblici rispondono sia verso l'amministrazione, che verso i terzi, solo in presenza della colpa grave.
Con riguardo all'elemento della colpa grave appare utile richiamare le considerazioni svolte dalla Corte costituzionale proprio in sede di esame della compatibilità con il quadro costituzionale del nuovo sistema di responsabilità introdotto dal legislatore negli anni ‘90 (Corte cost., 20 novembre 1998, n. 371).
Dopo aver ribadito che il legislatore è arbitro di stabilire non solo quali comportamenti possano costituire titolo di responsabilità, ma anche quale grado di colpa sia richiesto ed a quali soggetti la responsabilità sia ascrivibile senza limiti o condizionamenti che non siano quelli della non irragionevolezza e non arbitrarietà, la Consulta ha rilevato che la limitazione della responsabilità alla sola colpa grave si colloca nel quadro di una nuova conformazione della responsabilità amministrativa e contabile, che a sua volta accompagna la revisione dell'ordinamento del pubblico impiego, attuata, in epoca di poco precedente, dal d.lgs. n. 29/1993 (cui ha fatto seguito il d.lgs. n. 80/1998) attraverso la c.d. « privatizzazione », in una prospettiva di maggiore valorizzazione anche dei risultati dell'azione amministrativa, alla luce di obiettivi di efficienza e di rigore di gestione. La ratio della limitazione della responsabilità alla sola colpa grave consiste nel voler predisporre, nei confronti degli amministratori e dei dipendenti pubblici, un assetto normativo in cui il timore delle responsabilità non esponga all'eventualità di rallentamenti ed inerzie nello svolgimento dell'attività amministrativa.
Le limitazioni introdotte dal legislatore
In relazione ad alcune situazioni di assoluta rilevanza o urgenza sia emersa la richiesta da parte delle amministrazioni di avere una maggiore copertura rispetto ai rischi di responsabilità erariale e ciò al fine di evitare che il timore di questi rischi possa paralizzare o comunque rallentare l'azione amministrativa in tali particolari contesti.
Ad esempio, già a regime l'art. 1 della legge n. 20/1994 prevedeva che “è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine dall'emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità, limitatamente ai profili presi in considerazione nell'esercizio del controllo”.
Tali esigenze sono emerse con maggior vigore in seguito alla emergenza COVID-19 e con l'art. 21 del d.l. 16 luglio 2020, n. 76 (conv., con modif., in l. n. 120/2020) sono state introdotte rilevati novità in tema di responsabilità erariale: da un lato, è stato previsto a regime che “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell'evento dannoso”, richiedendo in tal modo che per configurare il dolo la volontarietà non sia solo riferita alla condotta ma anche al danno cagionato e, con disposizione di validità temporanea, in ragione della eccezionalità della crisi economica derivate dall'epidemia COVID 19 è stata limitata la responsabilità al dolo la responsabilità erariale, non applicandosi tuttavia tale limitazione ai danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente.
La validità temporanea della norma era in origine limitata fino al 31 dicembre 2021, termine prorogato varie volte (dall'art. 51 del d.l. n. 77/2021; dall'art. 1, comma 12-quinques, del d.l. n. 44/2023 “nelle more di una complessiva revisione della disciplina sulla responsabilità amministrativo-contabile”) e da ultimo ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2024 dall'art. 8, comma 5-bis, del d.l. n. 215/2023 (pende giudizio di costituzionalità sul citato art. 21 e sono in corso di esame in Parlamento alcuni disegni di legge di riforma della materia).
Una limitazione a regime della responsabilità erariale alle sole ipotesi di dolo è stata introdotta dagli artt. 10-quater e 10-quinques della l. n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente, modificato dal d.lgs. n. 219/2023), che, nel codificare gli istituti della autotutela tributaria obbligatoria e facoltativa, ha previsto che in caso di avvenuto esercizio dell'autotutela la responsabilità dei pubblici funzionari per possibili danni all'erario è limitata alle ipotesi di dolo con riguardo alle valutazioni di fatto operate dall'amministrazione finanziaria.
La ratio dell'art. 21 del d.l. n. 76/2020 è stata evidentemente quella, nel periodo di emergenza economica, di accompagnare misure dirette a dare alle p.a. poteri derogatori (ad es., da parte dello stesso d.l. in materia di contratti pubblici o di conferenza di servizi) con una limitazione della responsabilità in grado di arginare il c.d. “timore della firma”; limitazione non applicabile ad omissioni e inerzie per rendere in tal modo più rischioso per il pubblico dipendente il non fare, rispetto al fare (la norma ha natura temporanea ed ha comunque un oggetto delimitato, riguardando solo le condotte commissive e non quelle “inerti” ed “omissive”).
I dubbi di costituzionalità e la sentenza della Consulta
Il regime temporaneo della responsabilità erariale, introdotto dall'art. 21 del d.l. n. 76/2020, cit., è stato oggetto di dubbi di costituzionalità da parte della Corte dei Conti, che ha ipotizzato il contrasto con gli artt. 3, 28, 81, 97 e 103 della Costituzione, del descritto regime che consente, in via transitoria, di esentare da responsabilità amministrativa i pubblici dipendenti che hanno tenuto una condotta attiva gravemente colposa, determinando una discriminazione irragionevole tra coloro che hanno la gestione attiva e i compiti «di predisporre i provvedimenti amministrativi» e coloro che hanno obblighi di controllo e vigilanza e svuotando, nella sostanza, la responsabilità del pubblico dipendente e, al contempo, impedendo all'amministrazione di ricevere adeguato ristoro attraverso l'azione della Corte dei Conti (Corte dei Conti, sez. giurisd. Campania, ord. n. 19/2024).
La questione di costituzionalità è stata dichiarata infondata dalla Corte costituzionale con una importante sentenza destinata a costituire la chiave di lettura dell'istituto della responsabilità erariale, anche per gli spunti offerti per i futuri (e necessari) interventi del legislatore (Corte cost., 16 luglio 2024, n. 132).
Con tale sentenza la Consulta ha ricordato che la disciplina della responsabilità amministrativa va inquadrata nella logica della ripartizione del rischio dell'attività tra l'apparato e l'agente pubblico, al fine di trovare un giusto punto di equilibrio tra due esigenze fondamentali: da un lato, quella di tenere ferma la funzione deterrente della responsabilità, al fine di scoraggiare i comportamenti dei funzionari che pregiudichino il buon andamento della pubblica amministrazione e gli interessi degli amministrati; dall'altro, quella di evitare che il rischio dell'attività amministrativa sia percepito dall'agente pubblico come talmente elevato da fungere da disincentivo all'azione, pregiudicando, anche in questo caso, il buon andamento.
La limitazione provvisoria della responsabilità del pubblico dipendente introdotta dal d.l. n. 76/2020 non è stata ritenuta dalla Corte irragionevole perché volta ad assicurare la maggiore efficacia dell'attività amministrativa nella particolarità di uno specifico contesto economico e sociale in cui l'emergenza pandemica da COVID-19 aveva determinato la prolungata chiusura delle attività produttive, con danni enormi per l'economia nazionale e ovvie ricadute negative sulla stessa coesione sociale e la tutela dei diritti e di interessi vitali per la società. Per superare la grave crisi e rimettere in movimento il motore dell'economia, il legislatore, non irragionevolmente, ha ritenuto indispensabile che l' amministrazione pubblica operasse senza remore e non fosse, al contrario, a causa della sua inerzia, un fattore di ostacolo alla ripresa economica.
Le successive proroghe, invece, sono state ritenute connesse all'inderogabile esigenza di garantire l'attuazione del PNRR e la conseguente ripresa di un sentiero di crescita economica sostenibile, oltre che il superamento di alcuni divari economici, sociali e di genere (“compromettere l'attuazione del PNRR equivale a impedire la ripresa di un sentiero di crescita economica sostenibile e il superamento di alcuni divari economici, sociali e di genere”).
Tale innovazioni, benché provvisorie, sono avvenute nell'ambito di una scenario di passaggio da un'amministrazione che, secondo il modello dello Stato di diritto liberale, doveva dare semplicemente esecuzione alla legge, adottando un singolo e puntuale atto amministrativo, a quella che è stata definita “amministrazione di risultato”, cioè un'amministrazione che deve raggiungere determinati obiettivi di policy e che risponde dei risultati economici e sociali conseguiti attraverso la sua complessiva attività (v. in particolare i principi di risultato e della fiducia nel codice dei contratti pubblici).
Tali sviluppi – secondo la Corte – hanno accentuato la “fatica dell'amministrare ”, rendendo difficile l'esercizio della discrezionalità amministrativa e stimolando, come reazione al rischio percepito di incorrere in responsabilità, la “burocrazia difensiva”.
Conclusioni
Con la sentenza n. 132/2024 la Corte costituzionale non ha solo respinto le questioni di legittimità costituzionale proposte avverso l'art. 21 del d.l. n. 76/2020, ma ha ricostruito i rapporti tra i modelli di amministrazione e la responsabilità, fornendo al legislatore tutti gli elementi per un non più procrastinabile intervento di riforma.
Tenuto conto della correlazione che esiste tra il sistema della responsabilità amministrativa e il vigente modello di amministrazione e in vista dell'imminente scadenza temporale (31 dicembre 2024) dell'ultima proroga della disposizione di cui all'art. 21 del d.l. n. 76/2020, la Corte costituzionale ha inteso sollecitare il legislatore al varo di una complessiva riforma della responsabilità amministrativa, al fine di ristabilire una coerenza tra la sua disciplina e le strutturali trasformazioni del modello di amministrazione e del contesto istituzionale, giuridico e sociale in cui essa opera.
Il consolidamento dell'amministrazione di risultato e i profondi mutamenti del contesto in cui essa opera giustificano – sempre secondo la Corte – la ricerca legislativa di nuovi punti di equilibrio che riducano la quantità di rischio dell'attività che grava sull'agente pubblico, in modo che il regime della responsabilità, nel suo complesso, non funga da disincentivo all'azione e trovi un punto di equilibrio tra i pericoli di overdeterrence e underdeterrence.
Chiare le indicazione date al legislatore per un intervento di riforma che appare a questo punto necessario, in quanto, da un lato, viene ritenuto non compatibile con i principi costituzionali un regime ordinario che limitasse in via generalizzata la responsabilità amministrativa alla sola ipotesi del dolo e, dall'altro lato, in assenza di un intervento del legislatore, la mera cessazione del regime transitorio determinerebbe il rispandersi del fenomeno della “burocrazia difensiva” e la percezione da parte dell'agente pubblico di un eccesso di deterrenza tornerebbe a rallentare l'azione amministrativa con pregiudizio del principio costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione, oltre che di altri rilevanti interessi costituzionali.
Secondo il giudice delle leggi l'intervento di riforma potrà attingere al complesso di proposte illustrate nelle numerose analisi scientifiche della materia, tra cui:
- l'ipotesi di un'adeguata tipizzazione della colpa grave già conosciuta in specifici settori dell'ordinamento;
- l'introduzione di un limite massimo oltre il quale il danno, per ragioni di equità nella ripartizione del rischio, non viene addossato al dipendente pubblico, ma resta a carico dell'amministrazione;
- una modifica anche della disciplina del potere riduttivo del danno da risarcire, esercitabile dai giudici contabili, prevedendo, oltre all'attuale ipotesi generale affidata alla discrezionalità del giudice, ulteriori fattispecie obbligatorie normativamente tipizzate nei presupposti;
- il rafforzamento delle funzioni di controllo della Corte dei conti, con il contestuale abbinamento di una esenzione da responsabilità colposa per coloro che si adeguino alle sue indicazioni;
- l'incentivazione delle polizze assicurative per i pubblici dipendenti;
- misure per scongiurare l'eventuale moltiplicazione delle responsabilità degli amministratori per i medesimi fatti materiali e spesso non coordinate tra loro;
- una eccezionale esclusione della responsabilità colposa per specifiche categorie di pubblici dipendenti, anche solo in relazione a determinate tipologie di atti, in ragione della particolare complessità delle loro funzioni o mansioni e/o del connesso elevato rischio patrimoniale.
Resta ora da attendere l'intervento del legislatore con l'auspicio che ciò avvenga prima della ormai prossima scadenza del 31 dicembre 2024 del regime temporaneo di limitazione della responsabilità.
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Sommario
Presupposti e natura della responsabilità amministrativa
L'elemento soggettivo: la colpa grave
I dubbi di costituzionalità e la sentenza della Consulta