Deposito telematico e ammissibilità di documenti in formato .zip

05 Agosto 2024

Interrogativo del presente contributo è l'ammissibilità del deposito telematico di file audio in archivi .zip, nonostante il formato .mp4 non sia previsto dalle specifiche tecniche.

Massima

I regolamenti ministeriali e le specifiche tecniche in tema di deposito telematico non hanno valore di legge e meramente attuano l'art. 196-quater, comma 3, disp. att. c.p.c. Pertanto, il deposito telematico di file audio, in archivio .zip, perfettamente visibili e ascoltabili, ancorché non consentito da tale disciplina subprimaria, è valido, mancando una espressa previsione di legge di nullità processuale e raggiungendosi lo scopo ex art. 156, comma 3, c.p.c.

Il caso

Il Tribunale civile di Como veniva chiamato a valutare le eccezioni d'inammissibilità del deposito telematico di file audio, in formato .mp4, compressi e contenuti in un archivio .zip. Oggetto di doglianza era l'inosservanza dell'art. 34 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 e delle specifiche tecniche cui lo stesso rinvia, prevedendo queste ultime, all'art. 13, un elenco di formati ammessi di documento informatico depositabile telematicamente (anche mediante archivi .zip) tra i quali non era contemplata l'estensione .mp4.

La questione

È giuridicamente ammissibile o meno il deposito telematico di file audio in archivi .zip, ancorché il relativo formato .mp4 non sia contemplato dalle specifiche tecniche?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale civile di Como non sindaca che il formato .mp4, anche se contenuto in archivio .zip., non sia tra le estensioni ammesse per il deposito telematico dalle specifiche tecniche cui rinvia l'art. 34 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44. Tuttavia, sia queste ultime, sia tale decreto non hanno valore di legge, essendo atti amministrativi, con la mera funzione di integrare il dato normativo dell'art. 196-quater, comma 3, disp. att. c.p.c. (per mero refuso, l'ordinanza cita “l'art. 194-ter comma 3 disp att. c.p.c.”). Ciò determina che l'inosservanza di tali discipline subprimarie non implichi una nullità processuale, tanto più in mancanza di una sua espressa previsione ai sensi dell'art. 156, comma 1, c.p.c . Inoltre, il deposito telematico de quo ha comunque raggiunto lo scopo ex art. 156, comma 3, c.p.c., dato che “i file sono perfettamente visibili e ascoltabili”. Il giudice, per tali ragioni, respinge “l'eccezione di inammissibilità della produzione dei file” e “autorizza” il richiesto deposito degli stessi anche tramite chiavetta USB.

Osservazioni

La pronuncia del Tribunale civile di Como è condivisibile nelle sue conclusioni e affronta un problema spinoso, che intreccia diritto di difesa e sicurezza informatica. È inequivocabilmente a quest'ultima che ha avuto riguardo l'art. 13 delle specifiche tecniche previste dall'art. 34 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44. Tale disposizione subprimaria, infatti, stabilisce che i “documenti informatici” depositabili – firmati o meno che siano – debbano essere “privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili”, nonché avere precise estensioni tipiche dei file di testo (.pdf, .rtf, .txt e, pur con qualche peculiarità, .xml) o di immagine (.jpg, .gif, .tiff), ammettendosi anche formati di mail/PEC (.eml o .msg) o di archivio (.zip, .rar, .arj), purché queste ultime due tipologie contengano solo file di testo o immagine con le predette estensioni elencate. Chiaro l'intento dell'Amministrazione perimetrante tale specifiche tecniche: evitare che, tramite macro o estensioni non ammesse, vi potesse essere un rinvio a contenuti – anche web – esterni al deposito stesso e/o l'attivazione di eseguibili sospetti, quando non, più semplicemente, formati potenzialmente troppo pesanti per il server.

Da subito, tuttavia, la giurisprudenza di merito si è interrogata sulle modalità di deposito di file video, audio o eseguibili (come alcuni software su cd-rom di lettura di radiografia o ecografie) non rientranti nei formati suesposti, ma pur suscettibili di attitudine probatoria. Quesito, peraltro, a tutt'oggi inevaso dal legislatore, il quale ha disciplinato l'autorizzazione giudiziale al deposito (classico) in Cancelleria solo in caso di malfunzionamento generale dei sistemi informatici del dominio giustizia o, in una situazione fisiologica degli stessi, laddove si tratti di mera copia/originale di quanto documento depositato telematicamente, come sovente accade a seguito del disconoscimento della firma su un documento depositato telematicamente (così prima l'art. 16-bis del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, come convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, successivamente novellato, e poi il vigente art. 196-quater disp. att. c.p.c.). A fronte di tale problema, la giurisprudenza di merito ha – seppur implicitamente – conferito la necessaria prevalenza al diritto di difesa ex art. 24 Cost., autorizzando, su istanza di parte, il deposito fisico in Cancelleria di supporti contenenti file video, audio o eseguibili, non potendo certo ritenersi che il legislatore del PCT abbia anche solo tacitamente abrogato disposizioni quali l'art. 2712 c.c. che a tali produzioni conferisce rilevanza probatoria, non ravvisandosi né una indicazione testuale, né una ratio legis in tal senso (nel rispetto dell'art. 12 delle preleggi).

Il passaggio successivo della giurisprudenza di merito è stato quello nell'ambito del quale si colloca la pronuncia in esame. Premessa l'ammissibilità della autorizzazione giudiziale al deposito in Cancelleria del supporto informatico contenente file video, audio o eseguibili, appartenenti alle estensioni non ammesse, quid iuris circa il deposito telematico degli stessi, ottenuto forzando il sistema ed inserendo tali file in archivi .zip, .rar, .arj di dimensione inferiore ai massimi 30 mb della busta telematica (sanciti dall'art. 14 delle stesse specifiche tecniche)? Tali file, infatti, da un lato, risultano leggibili regolarmente, ma, dall'altro, non sono rispettosi del limite di estensione, sancito per il contenuto degli archivi predetti, dal già citato art. 13 delle specifiche tecniche. In merito al quesito in esame, la soluzione del Tribunale civile di Como è conforme alle conclusioni già raggiunte – anche implicitamente – in altri uffici giudiziari: non essendo testualmente prevista una nullità processuale e restando i file leggibili, si raggiunge lo scopo (in questo caso) probatorio del deposito (anche) telematico e non si giunge a nessuna invalidità o inammissibilità, alla stregua dell'art. 156 c.p.c .

Dunque una – dubbia – interpretatio abrogans dell'art. 13 delle specifiche tecniche e dei suoi limiti, o una sua disapplicazione? Deve opinarsi negativamente. A ben vedere, la disposizione subprimaria in esame, sancendo limiti per il deposito telematico, specularmente perimetra l'obbligo giuridico dello stesso. Pertanto, da un lato, i formati non ammessi sono validamente prodotti tramite la predetta forzatura del sistema, ma, dall'altro, a tale modalità non è obbligata la parte processuale, che potrà sempre prediligere l'istanza di deposito del supporto in Cancelleria, non vigendo l'obbligo di produzione telematica per estensioni non contemplate nelle specifiche tecniche. Quest'ultima è conclusione, a ben vedere, sancita dalla stessa giurisprudenza di merito, che, esemplificativamente, con Trib. Bergamo, sez. III, ord. del 4 maggio 2023, autorizza il deposito in Cancelleria di supporti contenenti file con estensioni non ammesse e invita solo a “tentare” il deposito telematico degli stessi in un archivio .zip, proprio non vigendo l'obbligo di deposito telematico. La conclusione de qua, inoltre, è stata implicitamente fatta propria dalla stessa pronuncia in esame del Tribunale di Como, il quale – forse tuzioristicamente, viste le conclusioni sulla validità processuale e sul raggiungimento dello scopo – ha altresì ammesso la produzione in Cancelleria del supporto informatico contenente tali medesimi file audio precedentemente prodotti telematicamente in archivi .zip.

Da attenzionare maggiormente resta l'ordinanza in esame del Tribunale civile di Como laddove, autorizzando il deposito del supporto informatico in Cancelleria, specifica come quest'ultimo debba concretarsi in una “chiavetta USB” senza altra specificazione. Non si vuole alludere al possibile conflitto con le (anch'esse subprimarie) policy ministeriali del DGSIA (Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati), rivolte ai magistrati, che invitano a non utilizzare consimili supporti, per la loro attitudine a veicolare malware. Si intende, piuttosto, rilevare come le chiavette USB siano ordinariamente riscrivibili, sicché i file ivi presenti possono essere cancellati e/o sostituiti anche dolosamente, inficiando l'immutabilità del deposito processuale; e se ciò è di scarso rilievo, laddove omologhi file restino presenti nel fascicolo telematico (come nel caso del Tribunale di Como), il possibile pregiudizio de quo è particolarmente significativo laddove – come ben ammissibile, alla stregua di quanto suesposto – il deposito del supporto fisico di file in estensioni non consentite non sia ripetizione di quanto prodotto telematicamente. La chiara esigenza processuale di assicurare l'immodificabilità di quanto depositato onera, dunque, il giudice e il difensore o di prediligere altre tipologie di supporti immutabili, come il cd-rom che non sia CD-RW (in tal senso, Trib. Bergamo, sez. III, decreto del 4 ottobre 2023) o di cautelarsi tramite (rispettivamente, il precetto o il confezionamento di) una chiavetta USB non riscrivibile. In carenza di osservanza di tali prescrizioni, nonché di attestazioni della Cancelleria circa contenuto e leggibilità dei supporti, sarà necessario “immortale” altrimenti quanto ivi contenuto, ad esempio riportando, in un successivo atto depositato telematicamente (del giudice e/o del difensore), la videata dell'Esplora file (o di omologo software di sistema) con i dettagli del file presente nel supporto, indicanti dimensioni, lunghezza della riproduzione audio/video, nome, estensione, attestando altresì la leggibilità o meno del file, onde confezionare un parametro di raffronto, almeno sussumibile all'art. 2712 c.c., rispetto al quale verificare che quanto contenuto nel supporto sia stato successivamente modificato o meno (per una cautela in tal senso, Trib. Bergamo, sez. III, ord. del 21 settembre 2022 e Trib. Bergamo, sez. III, ord. del 14 marzo 2023).

Tali questioni e soluzioni risulteranno valide anche all'atto dell'entrata in vigore delle nuove specifiche tecniche, le quali, nella bozza diffusa, contemplano ulteriori estensioni di file depositabili, ma non consentono di ritenere queste ultime esaustivamente contemplate anche pro futuro, alla luce della più che possibile emersione di formati nuovi con l'avanzare dell'informatica.

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