Notifica al “domicilio digitale” della società e irrilevanza dell’errore sulla sede fisica
19 Agosto 2024
Massima A fronte di una notifica al domicilio digitale della società, modalità alternativa rispetto alle notifiche presso il domicilio fisico, nessun rilievo assume l'errata indicazione della sede (fisica) secondaria della società rispetto alla sede legale della società stessa (rilevante solamente ove si sia scelto il diverso sistema di notifica dettato dall'art. 145 c.p.c.). Il caso Con sentenza n. 364/2018 la Corte di appello di Messina aveva dichiarato l'improcedibilità di un appello notificato telematicamente ad una società, la cui “sede” veniva erroneamente indicata, nel corpo della mail, presso un indirizzo fisico non più riferibile alla società destinataria al momento della notificazione. Il dato della erroneità dell'indirizzo della sede indicata era certo e non contestato, poiché risultante dal certificato storico del registro delle imprese. Al momento della notificazione, infatti, la società destinataria aveva già pacificamente dismesso la sede secondaria indicata nel corpo della mail. Contro tale sentenza proponeva impugnazione il ricorrente, deducendo l'irrilevanza della “sede fisica” indicata nel corpo della mail, poiché la notifica si era comunque perfezionata presso il “domicilio digitale” della società destinataria risultante dai registri INI-PEC. Lamentava, inoltre, l'erronea declaratoria di “improcedibilità” dell'appello a fronte di una notifica digitale in ogni caso non “inesistente”, e comunque “sanabile” pure se ritenuta nulla. La questione I quesiti rivolti alla Corte, quindi, possono così riassumersi: è valida la notifica telematica fatta all'indirizzo digitale della società destinataria, anche se questa viene individuata indicando una “sede fisica” errata? La norma dell'art. 145 c.p.c. si applica anche alle notifiche telematiche o per questa speciale tipologia di notificazioni è espressamente derogata? La notifica telematica ad uno degli indirizzi digitali comunque riferibili alla società destinataria, qualora non sia stata fornita sufficiente prova della disponibilità informatica dell'atto da parte del destinatario, comporta la nullità (sanabile) o l'inesistenza della notifica (con conseguente inammissibilità dell'eventuale atto di appello, di cui non risulti prova di corretta notificazione digitale)? Le soluzioni giuridiche La Suprema Corte, con ordinanza n. 5080/2024, accoglie il ricorso. La principale questione giuridica a cui la Corte di Cassazione ha dovuto trovare soluzione è relativa alla determinazione dell'ambito applicativo della disciplina dell'art. 145 c.p.c., secondo cui “la notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede”. Ci si è chiesti, in particolare, se tale norma trovi applicazione anche in presenza di notifica digitale ritualmente svolta presso l'indirizzo PEC risultante dai registri INI-PEC, poiché l'art. 145 c.p.c. pone una norma di carattere generale e comunque funzionale alla corretta individuazione del soggetto destinatario (così come ritenuto dalla impugnata sentenza della Corte di Appello di Messina), o se essa, al contrario, riferendosi esclusivamente alla disciplina delle notifiche “cartacee” da effettuarsi presso la “sede fisica” della persona giuridica destinataria, sia irrilevante in caso di notifica digitale, essendo l'invio della PEC al “domicilio digitale” del destinatario estratto dai pubblici registri già in sé sufficiente a consentire la piena conoscenza o conoscibilità della comunicazione (come sostenuto dal ricorrente). I giudici della nomofilachia aderiscono a tale ultima impostazione. Ricostruendo la disciplina normativa delle notificazioni con modalità telematica prevista dall'art. 3-bis della l. n. 53/1994 la Corte di Cassazione evidenzia come tale sistema, per espressa previsione normativa, si basi sull'affidamento generato dal domicilio digitale “eletto”, risultante in specifici pubblici registri. Secondo l'art. 3-bis della l. n. 53 del 1994, infatti: «La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi. […]». Si precisa, in proposito, che gli “elenchi pubblici” da cui vanno estratti gli indirizzi PEC dei destinatari sono individuati nell'art. 16-ter del d.l. n. 179 del 2012 (convertito con modificazioni dalla l. n. 221 del 2012) recante norme su “pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni”; in particolare, con riguardo all'indice nazionale dei domicili digitali delle imprese, “il combinato disposto degli artt. 6 e 6-bis del d.lgs. n. 82 del 2005 (recante Codice dell'amministrazione digitale) ha previsto l'istituzione del pubblico elenco denominato Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti (INI-PEC) presso il Ministero per lo sviluppo economico”. L'effettività del sistema delle notifiche telematiche si basa, quindi, sulla pubblicità degli elenchi e sui conseguenti oneri di iscrizione, cura ed aggiornamento da parte degli iscritti. Obblighi a cui, in modo ancor più stringente sono sottoposti anche i mittenti che intendano avvalersi di tali forme di notificazione. Le imprese, in particolare, hanno lo specifico obbligo di munirsi di un indirizzo PEC, da iscrivere nel pubblico elenco denominato “indice Nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti” (INI-PEC) e di curarne il corretto funzionamento (cfr. Cass. n. 13917/2016 e Cass. n. 6866/2022). L'excursus normativo svolto dalla Corte di Cassazione consente, quindi, di evidenziare come la disciplina delle notificazioni ex art. 3-bis della l. n. 53 del 1994 preveda una modalità del tutto diversa ed alternativa rispetto a quella ordinaria ex art. 145 c.p.c. Mentre, infatti, se si utilizza il mezzo della posta elettronica certificata, la notifica va eseguita “all'indirizzo risultante da pubblici elenchi”, in tutti gli altri casi la notifica alle persone giuridiche si esegue presso la loro sede fisica, ex art. 145 c.p.c. In tale ottica può comprendersi la massima pronunciata dalla Corte di Cassazione secondo cui: “A fronte di una notifica al domicilio digitale della società, modalità alternativa rispetto alle notifiche presso il domicilio fisico, nessun rilievo assume l'errata indicazione della sede (fisica) secondaria della società rispetto alla sede legale della società stessa (rilevante solamente ove si sia scelto il diverso sistema di notifica dettato dall'art. 145 c.p.c.)”. Tanto evidenziato, la Corte di Cassazione, risolvendo il caso di specie, affidava alla Corte territoriale del merito il compito di verificare la ritualità della notifica svolta in via telematica, ritenendo non sufficiente al fine di escluderne l'esistenza (e quindi determinare l'inammissibilità dell'appello), la circostanza che nel corpo della mail fosse stata indicata una sede fisica non corrispondente alla sede societaria e comunque non più operativa al momento della comunicazione. Rammentava, nell'occasione, le regole recentemente da essa stessa affermate al fine di disciplinare il controllo sulla validità ed esistenza della notificazione con modalità telematica, evidenziando le numerose ipotesi nelle quali, a fronte di notifiche non adeguatamente provate o svolte con modalità irregolare, la Corte le aveva ritenute nulle (e dunque sanabili) e non inesistenti. Precisava, in particolare:
Al fine di disciplinare gli oneri probatori spettanti alle parti e la presunzione di conoscenza/conoscibilità della comunicazione fondata sul rispetto delle regole procedimentali, la Corte rammentava che, “in caso di notificazione a mezzo PEC, una volta acquisita al processo la prova della sussistenza della ricevuta di avvenuta consegna, solo la concreta allegazione di una qualche disfunzionalità dei sistemi telematici potrebbe giustificare migliori verifiche sul piano informatico, con onere probatorio a carico del destinatario”. (cfr. con riguardo alla notifica PEC della sentenza impugnata, Cass. n. 15001/2021). La Suprema Corte, in applicazione dei principi sopra richiamati, ha, quindi, risolto il caso di specie accogliendo il ricorso e cassando l'erronea decisione dei giudici territoriali, che avevano dichiarato inammissibile l'appello, ritenendo “inesistente” la notifica svolta digitalmente recante nel corpo della mail l'indicazione di una sede societaria errata. Si procedeva, pertanto, ad annullamento della sentenza appellata con rinvio ai medesimi giudici territoriali, in diversa composizione, al fine di svolgere il pregiudiziale accertamento in ordine:
Osservazioni L'ordinanza in rassegna fa buon governo della disciplina normativa che regola le notificazioni alle persone giuridiche. Sia la notifica ex art. 145 c.p.c., che quella di cui all'art. 3-bis della l. n. 53 del 1994, in fondo, sono – per certi versi - specifiche e distinte modalità applicative del medesimo principio di auto-responsabilità, alla base della “elezione” del domicilio ex art. 141 c.p.c.: al momento dell'iscrizione presso il registro delle imprese, quindi, la società dichiara sotto la propria responsabilità, per un verso, il “domicilio digitale” presso cui potranno regolarmente operarsi le notifiche telematiche e, per altro verso, la “sede” fisica dove potranno esser inviate tutte le altre ulteriori comunicazioni (in formato non digitale). I due indirizzi sono alternativi, perché riferiti ciascuno alla specifica modalità con cui la comunicazione viene trasmessa e non necessitano di reciproca integrazione. Sicché, potrà ritenersi valida una notifica svolta fisicamente alla corretta sede sociale, pur se nell'intestazione del destinatario viene omessa o indicata erroneamente la PEC della società destinataria, così come, nel caso opposto, dovrà ritenersi valida la notifica svolta telematicamente alla società di cui è indicata in modo erroneo o è omessa l'indicazione della sede fisica. In presenza di società con plurime indicazioni di indirizzi INI-PEC, tutti ritualmente registrati, dovrà ritenersi correttamente perfezionata la notifica nei confronti di uno qualsiasi di tali indirizzi, non potendosi frazionare l'indirizzo digitale sulla base della ripartizione fisica e territoriale della società destinataria. La nozione di indirizzo digitale, infatti, è del tutto indipendente ed autonoma rispetto a quella della “sede” societaria. Con particolare riferimento alla notificazione con modalità telematica, va evidenziato come l'art. 3-bis della l. n. 53 del 1994 usi l'avverbio “esclusivamente” riferendosi alla sola necessità che la PEC del notificante risulti da pubblici elenchi. Non è previsto analogo avverbio con riguardo al destinatario, benché di regola la notificazione con modalità telematica dovrebbe perfezionarsi all'indirizzo risultante nei pubblici elenchi. Tale scelta legislativa appare funzionale sia ad affermare l'auto-responsabilità del mittente, che se si avvale di una procedura semplificata ha l'onere, a sua volta, di essere in regola nell'iscrizione e cura della propria PEC, sia per garantire effettiva tutela al destinatario, che potrà così dall'indirizzo digitale risalire con certezza all'identità del mittente, accedendo a pubblici registri. Non altrettanta “esclusività” è prevista con riguardo all'indirizzo digitale del destinatario. Ciò appare confermare gli orientamenti più volte affermati dalla Corte di Cassazione, secondo cui, fuori dai casi in cui il mittente si avvalga di una PEC non registrata (ipotesi in cui la notifica dovrà ritenersi necessariamente “inesistente”), in tutti gli altri casi, eventuali vizi nella notifica degli atti, se riferiti ad indirizzi comunque riconducibili al destinatario (addirittura ove pure non PEC), potranno essere sanati o attraverso il principio del “raggiungimento dello scopo” di cui all'art. 156 c.p.c., o mediante la rinnovazione della notificazione, a seguito di declaratoria di nullità. La sanzione della nullità, del resto, consente sempre al notificante di ravvedersi ed emendare il proprio errore, non determinando mai effetti preclusivi immediati, come nell'ipotesi dell'inammissibilità dell'appello per inesistenza della tempestiva notificazione. |