Diritto a partecipare in udienza tramite videoconferenza: la pronuncia della CGUE

La Redazione
07 Agosto 2024

L'art. 8, par. 1, della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un imputato possa, su sua espressa richiesta, partecipare alle udienze del proprio processo mediante videoconferenza, purché sia garantito il diritto a un equo processo.

In materia di partecipazione a udienza in videoconferenza, assume particolare rilievo la recente pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione europea, sez. I, 4 luglio 2024, C-760/22 che ha individuato i principi fondamentali cui fare riferimento, in particolare in rapporto al diritto a un equo processo.

La questione viene sollevata dalla richiesta di un cittadino bulgaro di partecipare online al procedimento che lo riguardava perché al momento viveva e lavorava nel Regno Unito. Il suo avvocato, fisicamente presente in udienza, aveva indicato come la parte fosse a conoscenza di tutti i documenti di causa, come qualsiasi domanda potesse essergli trasmessa tempestivamente per via telematica e come le consultazioni tra parte e avvocato avrebbero potuto ben avvenire tramite una connessione separata in modo tale da garantirne la riservatezza.

Lo petsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato bulgaro) sulla base dell'art. 6a, par. 2 della legge sui provvedimenti e sulle azioni durante lo stato di emergenza dichiarato con decisione dell'Assemblea nazionale del 13 marzo 2020 e sulla gestione dei suoi effetti (applicabile fino al 31 maggio 2022) inizialmente autorizzava l'imputato a partecipare all'udienza tramite videoconferenza, tuttavia, all'udienza del 13 giugno 2022, esprimeva dei dubbi sulla persistenza di tale diritto nell'ordinamento bulgaro, considerando che la disciplina prevista dal summenzionato art. 6a  era applicabile fino a marzo 2022. Lo stesso giudice rilevava, tuttavia, come non vi sia un espresso divieto all'uso della videoconferenza nel diritto nazionale.

La questione veniva sottoposta alla Corte di Giustizia, tramite il seguente quesito: «Se il diritto dell'imputato di presenziare al processo, ai sensi dell'art. 8, [par.] 1 [della direttiva 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali], in combinato disposto con i considerando 33 e 44 della direttiva 2016/343, risulti violato, qualora l'imputato stesso partecipi alle udienze relative al procedimento penale, su sua espressa richiesta, tramite una connessione on-line, laddove sia difeso da un avvocato cui abbia conferito mandato e presente in aula e laddove la connessione gli consenta di seguire lo svolgimento del procedimento, di indicare mezzi di prova e di prendere conoscenza delle prove, di poter essere sentito senza ostacoli tecnici e gli sia garantita una comunicazione efficace e riservata con l'avvocato».

La Corte ricorda innanzitutto i diritti riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali UE, dalla CEDU e dalla direttiva 2016/343 e, in particolare, il diritto a un equo processo, la presunzione di innocenza e i diritti della difesa. Come enunciato dai considerando 9 e 10, finalità della direttiva è proprio il rafforzamento del diritto a un equo processo nei procedimenti penali e su esso si basa il diritto di indagati e imputati a presenziare alle udienze che li riguardano (considerando 33 della direttiva; art. 6 CEDU e artt. 47, commi 2 e 3 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea).

La Corte deve garantire che l'interpretazione fatta dal diritto nazionale a queste disposizioni non limiti quanto stabilito dall'art. 6 della CEDU.

D'altra parte, dall'art. 1 della direttiva discende la necessità che vi siano norme minime comuni, ma non un'armonizzazione esaustiva del procedimento penale. Stante la portata limitata di quanto stabilito dalla direttiva, la possibilità per l'imputato di partecipare al processo tramite videoconferenza è questione che deve essere rimessa alla disciplina nazionale (sentenza del 15 settembre 2022, C‑420/20) e l'art. 8, par. 1 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un imputato possa, su sua espressa richiesta, partecipare alle udienze che lo riguardano mediante videoconferenza, purché sia garantito il suo diritto a un equo processo, ad esempio tramite un corretto uso degli strumenti informatici e una comunicazione riservata con il proprio avvocato.

Pertanto, unico limite alla disciplina nazionale è il rispetto dei diritti fondamentali di difesa.

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