Indipendenza dei giudici: esclusiva competenza del collegio giudicante sull’esito della causa e divieto di “ingerenza” di soggetti estranei
07 Agosto 2024
L'ordinamento giudiziario e il regolamento processuale croato prevedono che la decisione adottata da un collegio giudicante, negli organi giurisdizionali di secondo grado, per essere formalmente definitiva ed essere notificata alle parti deve essere inviata al giudice della registrazione dell'organo giurisdizionale. Tale giudice può di fatto bloccare la registrazione della decisione giudiziaria adottata e, quindi, la conclusione del processo e la notifica alle parti, rinviando il procedimento al collegio giudicante per riesaminare la decisione adottata sulla base delle sue istruzioni. Nel caso di perdurante dissenso, il giudice della registrazione può invitare il presidente del dipartimento dell'organo giurisdizionale a convocare una riunione di dipartimento per adottare una “posizione giuridica” vincolante per il collegio giudicante; a tale riunione possono partecipano altri giudici dell'organo giurisdizionale che non appartengono al collegio, e pure, studiosi di chiara fama ed esperti del diritto, che sono soggetti estranei all'organo giurisdizionale in questione e al processo giurisdizionale. Quindi, il giudice del rinvio croato ha sollevato la questione pregiudiziale avanti la Corte di Giustizia UE per stabilire se l'articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a “interventi” nei procedimenti principali, nell'attività giurisdizionale di un collegio giudicante, da parte di chi non è membro del collegio giudicante che ha adottato tale decisione. In via preliminare, la Corte ha ricordato che, sebbene l'organizzazione della giustizia negli Stati membri, e segnatamente l'istituzione, la composizione, le competenze e il funzionamento degli organi giurisdizionali nazionali, rientri nella competenza di tali Stati, questi ultimi, nell'esercizio di tale competenza, sono tenuti a rispettare gli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione, ovvero dall'art. 19 TUE. In particolare, il principio della tutela giurisdizionale effettiva, cui fa riferimento l'articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, costituisce un principio generale del diritto dell'Unione che è stato sancito, in particolare, dall'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, al quale corrisponde l'art. 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali. Ciò precisato, la Corte ha rammentato, altresì', che ogni Stato membro deve, a norma dell'art. 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, assicurare una tutela giurisdizionale effettiva e, quindi, l'indipendenza dei “giudici”, che ai sensi del diritto dell'Unione, sono chiamati a statuire sull'applicazione o l'interpretazione del diritto, e rientrano quindi nel sistema nazionale dei rimedi giurisdizionali. Infatti, il requisito di indipendenza degli organi giurisdizionali, intrinsecamente connesso al compito di giudicare, costituisce un aspetto essenziale del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e del diritto fondamentale a un equo processo, quale valore cardine ai sensi dell'art. 2 TUE, e segnatamente quale valore dello Stato di diritto. Ad avviso della Corte, secondo giurisprudenza costante, detto requisito di indipendenza implica due aspetti. Il primo, di carattere esterno, richiede che l'organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte; quindi, il giudice deve essere tutelato dagli interventi o dalle pressioni esterni che compromettono l'indipendenza di giudizio e ne influenzano le decisioni. Il secondo aspetto, di carattere interno, si collega all'imparzialità e concerne l'equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi, e impone l'obiettività e l'assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione della controversia. Di conseguenza, è necessario che le regole applicabili allo statuto dei giudici e all'esercizio della funzione di giudice devono escludere non solo qualsiasi influenza diretta, sotto forma di istruzioni, ma anche le forme di influenza più indiretta che possano orientare le decisioni dei giudici interessati, A tal proposito, la Corte ha osservato che l'aspetto “esterno” dell'indipendenza mira essenzialmente a salvaguardare l'indipendenza dei giudici dai poteri legislativo ed esecutivo conformemente al principio della separazione dei poteri, quale caratteristica dello Stato di diritto, e deve essere inteso anche in funzione della tutela dei giudici avverso indebite influenze dall'interno dell'organo giurisdizionale. Poi, la Corte ha precisato che, considerate le connessioni inscindibili fra le garanzie di indipendenza e di imparzialità dei giudici, l'art. 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE richiede la presenza di un giudice “precostituito per legge”, che implica che l'organo giudicante prenda da solo la decisione che conclude il procedimento di cui è investito. L'espressione “precostituito per legge” ha lo scopo di evitare che l'organizzazione dell'ordinamento giudiziario sia lasciata alla discrezione del potere esecutivo, ma sia disciplinato da una legge. Ciò significa, l'esistenza di norme trasparenti e note ai singoli sulla composizione dei collegi giudicanti, tali da escludere qualsiasi ingerenza indebita, nel processo decisionale, di soggetti estranei al collegio giudicante e dinanzi ai quali le parti non hanno potuto esporre i loro argomenti. Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, la Corte (Grande Sezione) ha dichiarato che: l'articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che il diritto nazionale preveda un meccanismo interno a un organo giurisdizionale nazionale in virtù del quale: « – la decisione giudiziaria adottata dal collegio giudicante investito di un procedimento può essere spedita alle parti ai fini della conclusione di quest'ultimo solo se il suo contenuto è stato approvato da un giudice della registrazione non appartenente a tale collegio giudicante; – una riunione di dipartimento di tale organo giurisdizionale ha il potere di obbligare, con l'emissione di una «posizione giuridica», il collegio giudicante investito di un procedimento a modificare il contenuto della decisione giudiziaria che esso ha precedentemente adottato, ancorché tale riunione di dipartimento comprenda anche giudici diversi da quelli appartenenti a tale collegio giudicante e, se del caso, soggetti estranei all'organo giurisdizionale in questione, dinanzi ai quali le parti non hanno la possibilità di presentare i loro argomenti». |