Antitrust: sentenza USA condanna Google per concorrenza sleale, avendo ottenuto un monopolio illecito con accordi economici e pratiche di abuso di posizione dominante

La Redazione
07 Agosto 2024

Con una sentenza dell’Antitrust USA del 5 agosto 2024 (Case No. 20-cv-3010 (APM) United States v. Google LLC) un giudice della Corte distrettuale della Columbia ha ritenuto che Google, noto motore di ricerca online leader nel mercato, abbia agito in regime di monopolio illecito al fine di preservare la sua posizione dominante nelle ricerche online, mettendo in atto pratiche di concorrenza sleale e accordi di distribuzione esclusivi che hanno reso il suo motore di ricerca l’impostazione predefinita.

Con sentenza US del 5 agosto 2024 (Case No. 20-cv-3010 APM, United States v. Google LLC) un giudice della Corte distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto di Columbia ha statuito su una controversia che il Dipartimento di Giustizia americano aveva intentato nel 2020, dove accusava Google di posizione dominante nelle ricerche online.

Secondo la sentenza, Google ha violato la seconda sezione dello Sherman Act, una legge antitrust americana del 1890 che stabilisce che «Chiunque monopolizzerà, o tenterà di monopolizzare, o si combinerà o cospirerà con qualsiasi altra persona o persone per monopolizzare qualsiasi parte del commercio tra i vari Stati o con le nazioni straniere, sarà considerato colpevole di illecito».

Dopo una dettagliata analisi delle testimonianze e delle prove, la Corte ha concluso che Google ha agito in regime di monopolio illecito sfruttando la sua posizione di motore di ricerca leader del mercato al fine di danneggiare i concorrenti più piccoli, sfruttando le sue dimensioni per garantirsi accordi di distribuzione esclusivi che hanno reso il suo motore di ricerca l’impostazione predefinita.

Nella decisione, che è suddivisa in sezioni che trattano la definizione del mercato, il potere di monopolio, gli effetti anticoncorrenziali degli accordi e le giustificazioni procompetitive di Google, la Corte americana evidenzia che la posizione nel mercato delle ricerche online che Google occupa (più del 90 per cento) non è dovuta dal fatto che offre un servizio migliore, ma dall’impiego di pratiche di concorrenza sleale e da accordi economici esclusivi per mantenere un monopolio. Secondo la sentenza, nel 2021 Google ha infatti investito 26 miliardi di dollari per assicurarsi tali accordi tramite patti di condivisione dei ricavi con produttori di smartphone, vari operatori wireless e sviluppatori di browser, colossi del settore che accettano pagamenti esorbitanti per integrare sui loro dispositivi il motore di ricerca di Google come opzione predefinita. 

Google ha annunciato la volontà di ricorrere in appello, sostenendo di vincere per la qualità del suo servizio.