Sospensione del processo per pregiudizialità: se la causa pregiudicante pende in grado di appello si applica la sospensione ex art. 337, comma 2, c.p.c.

Redazione Scientifica Processo amministrativo
28 Agosto 2024

Se tra due giudizi esiste un rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante è definito con sentenza, anche non passata in giudicato, non è applicabile la sospensione necessaria di cui all'art. 295 c.p.c., se la causa pregiudicante penda in grado di appello, ma solo l'art. 337, comma 2, c.p.c., per cui il giudice può disporre la sospensione del processo se una delle parti invochi l'autorità di una sentenza in altro processo a sé favorevole, che non sia ancora definitiva.

Il Consiglio di Stato con la sentenza riportata ha esaminato vari istituti ed in particolare si è espresso anche in materia di sospensione del processo.

Il giudizio origina dall'appello proposto dalla società in house della regione Lazio per la riforma della sentenza del TAR per il Lazio che annullava il proprio atto di recesso per grave inadempimento dalle convenzioni stipulate con una società - alla quale era subentrata la curatela del Fallimento - destinataria delle sovvenzioni per realizzare un piano di investimenti industriale. Dato tale annullamento la società regionale appellante revocava i benefici e chiedeva la ripetizione delle somme erogate. La curatela del Fallimento con motivi aggiunti impugnava il provvedimento di revoca e di recupero delle agevolazioni.  Il TAR del Lazio respingeva il ricorso principale e per motivi aggiunti; tale sentenza non veniva appellata e passava in giudicato; avverso la predetta la sentenza venivano proposti i ricorsi in opposizione di terzo pendenti dinanzi al TAR del Lazio. La società appellante ne ha dedotto la pregiudizialità rispetto all'appello e chiedeva la sospensione del giudizio, ai sensi degli artt. 79 c.p.a. e 295 c.p.c. o, in subordine, ai sensi degli artt. 79 c.p.c. e 337 c.p.c., in attesa della definizione delle opposizioni di terzo pendenti; in caso di rigetto delle opposizioni, l'appellante chiedeva di dichiarare l'improcedibilità del ricorso di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse, vista la revoca delle sovvenzioni e il provvedimento di restituzione delle somme già erogate, come confermato con la sentenza del TAR non impugnata, ma oggetto delle dette opposizioni di terzo.

Il Collegio ha respinto la richiesta di sospensione del giudizio, perché ha escluso l'esistenza di un rapporto di pregiudizialità ai sensi degli artt. 79 c.p.a. e 295 c.p.c., che impone la sospensione.

Al riguardo, nel ribadire il consolidato indirizzo delle Sezioni Unite (di recente Cass. Sez.Un. 21 luglio 2021, n. 21763), seguito dalle sezioni semplici della Corte di cassazione, il Collegio ha affermato che fuori dai casi in cui sia espressamente disposto che un giudizio debba rimanere sospeso sino alla decisione passata in giudicato dalla cui definizione dipende la decisione della causa,  se  tra due giudizi esiste un rapporto di pregiudizialità e il giudizio pregiudicante sia stato definito con sentenza, anche non passata in giudicato, se la causa pregiudicante penda in grado di appello, non si applica la sospensione necessaria ai sensi dell'art. 295 c.p.c.

In tale ipotesi trova applicazione solo l'art. 337, comma 2, c.p.c., in forza del quale il giudice di merito, nell'esercizio del suo potere discrezionale, può disporre la sospensione del processo se davanti a lui una delle parti invochi l'“autorità” di una sentenza in un diverso processo, a sé favorevole che non sia ancora definitiva.

In particolare, il Collegio ha chiarito che sulla sospensione facoltativa, l'art. 337, comma 2, c.p.c. va interpretato nel senso che esso pone al giudice l'alternativa di tenere conto dell'“autorità” della sentenza invocata o di sospendere il processo nell'esercizio del suo potere discrezionale, senza alcun impedimento per la sua impugnazione o impugnabilità, fino alla definizione del giudizio pregiudicante.

Pertanto, il Collegio precisa che in caso di impugnazione ordinaria la cosiddetta "autorità della sentenza tuttora soggetta ad impugnazione" , che consente la sospensione del diverso processo in cui sia invocata, ai sensi dell'art. 337 cpv. c.p.c., non equivale all'efficacia vincolante del giudicato, quindi il giudice del secondo processo che non ritenga di disporne la sospensione, dovrà limitarsi a riconoscere alla predetta sentenza una autorità di mero fatto ai fini della propria autonoma valutazione degli accertamenti in essa contenuti. Questa alternativa non opera quando la decisione “pregiudicante” è impugnata con i rimedi straordinari della opposizione di terzo e della revocazione ai sensi dell'art. 395 nn. 1, 2, 3, 6 c.p.c., che non escludono la formazione del giudicato in senso tecnico.

Di conseguenza, ad avviso del Collegio, nel caso di specie ove la sentenza pregiudicante era oggetto di opposizione di terzo, si potrà tenere conto del giudicato formatosi a seguito della sentenza del TAR del Lazio nei rapporti tra le parti senza che rilevino i ricorsi per opposizioni di terzi pendenti.

Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello e ha affermato la legittimità del provvedimento di recesso.

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