Quali conseguenze per la querela sottoscritta analogicamente, scannerizzata e inviata telematicamente dal difensore “delegato al deposito”?

30 Agosto 2024

È ammissibile il deposito di querela sottoscritta analogicamente dalla persona offesa, scannerizzata e trasmessa a mezzo PEC dal difensore quale delegato al mero deposito e non anche quale procuratore speciale?

[Il presente contributo fa riferimento al contesto antecedente la pubblicazione delle specifiche tecniche del 7 agosto 2024 – n.d.r.]

Prendendo spunto da un recente arresto di legittimità, per non cadere nell'inesistenza dell'atto, si ricorda che la querela inoltrata a mezzo PEC deve essere munita di autenticazione della sottoscrizione proveniente da un soggetto a ciò legittimato a norma dell'art. 337 c.p.p., con la conseguenza che in mancanza di firma autenticata, l'istanza punitiva deve ritenersi inesistente. Ciò si verifica allorquando l'atto querelatorio venga sottoscritto in via analogica dalla persona offesa venga depositata via PEC dal difensore quale mero delegato al deposito e non quale procuratore speciale.

A monte, occorre interrogarsi se, dopo il d.m. n. 217/2023 sul deposito telematico degli atti penali, la querela (e la denuncia) vadano depositati dal difensore esclusivamente in Procura tramite il portale o con le modalità cartaceo o via PEC.

Attenzione quindi a non incappare in tale error che, negli ormai numerosi reati procedibili a querela di parte (il cui ombrello è stato allargato dalla Riforma Cartabia), porterebbe ad aprire le porte dell'inesistenza della volontà punitiva. Così come accaduto in un recente caso portato dinanzi alla Suprema Corte in cui il Giudice di Pace di Palermo dichiarava di non doversi procedere nei confronti dell'imputato per difetto di querela, in quanto la persona offesa aveva depositato la stessa a mezzo di incaricato, cioè del proprio difensore, ma senza autenticazione della sottoscrizione, in violazione dell'art. 337 c.p.p.

Avverso tale sentenza il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo la violazione degli artt. 336 e 337 c.p.p. e degli artt. 23, 24 e 25 d.lgs. n. 82/2005, sostenendo che l'atto di querela, corredato dal documento di identità, è stato sottoscritto digitalmente dall'avvocato delegato attraverso le credenziali attribuite per l'accesso al portale del Ministero della Giustizia. Tanto basterebbe a certificare l'autenticità della sottoscrizione, non essendo necessario che la sottoscrizione sia contestualmente autenticata dal difensore.

Il nodo interpretativo che la Suprema Corte doveva sciogliere era, dunque, il seguente: l'autenticazione della sottoscrizione del querelante, nel caso di deposito della querela via PEC, può essere apposto dal difensore solo “incaricato” al deposito?

La Suprema Corte, sez. V, con sentenza n. 8920/2024, risponde negativamente, rigettando il ricorso del pubblico Ministero in quanto infondato.

Riaffermando il principio secondo cui la querela può essere proposta con le forme previste dall'art. 333, comma 2, c.p.p. può essere anche spedita a mezzo posta in piego raccomandato o recapitata da un incaricato a condizione però che l'atto rechi la “sottoscrizione autentica” del querelante.

Quest'ultima è da intendersi come sottoscrizione autenticata da parte di un pubblico ufficiale, ivi compreso il difensore della persona offesa.

Il pubblico Ministero incorre nell'errore di ritenere tale l'avvocato che si è occupato del deposito della querela a mezzo PEC in data 20 aprile 2022 ma che, in realtà, al momento della data di trasmissione dell'atto non era stato ancora nominato difensore della persona offesa, nomina fiduciaria avvenuta solo in data 28 aprile 2022. Consequentur, il legale non era investito in quel momento della funzione di pubblico ufficiale e di conseguenza del potere di autenticare la firma del querelante.

In sostanza, è lo stesso ragionamento del Pubblico ministero ricorrente si ritaglia esclusivamente al caso di apposizione di firma digitale da parte del pubblico ufficiale, al quale, è equiparato al difensore. Ma si tratta del difensore “nominato” della persona offesa e non di quello meramente “incaricato” o “delegato” per il deposito.

In definitiva, la Suprema Corte riafferma il principio in forza del quale la querela spedita a mezzo posta (o tramite mezzo PEC) deve essere munita di autenticazione della sottoscrizione proveniente da un soggetto a ciò legittimato a norme dell'art. 337 c.p.p., con la conseguenza che in mancanza di ciò la querela deve ritenersi inesistente.

Ma il deposito della querela via PEC del difensore è ammesso dopo il d.m. n. 215/2023?

La tematica in argomento – querela depositata con forme telematiche, in cui potrebbe rientrare anche la PEC – richiama alla mente tutta la recente evoluzione normativa che ha visto la riforma Cartabia, nella fase di transizione verso il processo penale telematico, inserire nelle disposizioni transitorie del d.lgs. n. 150/2022, all'art. 87 comma 6-bis, che il deposito della denuncia di cui all'art. 333 c.p.p., della querela di cui all'art. 336 c.p.p. e della relativa procura speciale avvenisse già esclusivamente mediante deposito nel portale del processo penale telematico. Deposito esclusivo confermato nel d.m. Giustizia 4 luglio 2023, salvo essere introdotto il doppio (o triplo binario se consideriamo la PEC) dal successivo d.m. 18 luglio 2023. Quindi:

  • dal 30 dicembre 2022 al 18 luglio 2023, i depositi delle querele avvenuti via PEC dagli avvocati non hanno prodotto alcun effetto di legge (ai sensi del comma 6-quinquies dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022) e devono considerarsi inesistenti;
  • dal 19 luglio 2023 al 14 gennaio 2024, le querele potevano essere depositate dai legali sia tramite portale, che con modalità cartacea ed anche via PEC;
  • Dal 15 gennaio 2024, visto che il d.m. 29 dicembre 2023 non fa più riferimento alla denuncia, alla querela e men che meno alla “relativa” procura speciale e, introducendo il criterio che fa riferimento alla “fase” e non al singolo “atto”, sorge il problema di stabilire se la querela vada depositata dal difensore esclusivamente tramite il portale; è noto, infatti, che l'art. 3, comma 8, d.m. n. 217/2023 dice che nella fase delle indagini preliminari il difensore, il deposito degli atti, tranne alcune eccezioni (tra le quali non rientrano la denuncia e la querela), avviene esclusivamente tramite il portale.

A stretto rigore procedimentale, la denuncia e la querela precedono l'avvio della “fase” delle indagini preliminari e quindi il deposito è ad essa estraneo. Se è corretta questa interpretazione, seguendo la regola generale, tali atti non rientrano tra quelli che devono essere obbligatoriamente depositati al portale, ma solo facoltativamente, e quindi in alternativa alla modalità cartacea, in quanto destinati alla Procura della Repubblica.

Considerando invece che la denuncia e la querela sono comunque collocati nel Libro V del codice di rito, relativo appunto alla fase delle “indagini preliminari”, e che certamente ne rappresentano l'atto di impulso, diventandone parte integrante, dovrebbe essere più corretta l'interpretazione per la quale, al di là della svista terminologica in cui è incorso il decreto, essi sono “atti della fase” e quindi rientrano tra quelli che obbligatoriamente devono essere depositati al portale (Serpotta).

D'altra parte, il codice di rito conosce anche atti delle indagini preliminari che precedono la stessa proposizione della querela, quali quelli indicati dall'art. 346 c.p.p. 

Quale che sia la strada interpretativa che si ritiene di seguire (vedremo come si attesterà il giudice nomofilattico, consigliandosi, al momento di depositare solo col portale), il deposito della denuncia e della querela è in ogni caso sempre ammissibile al portale e ciò sia nell'ipotesi in cui il difensore sia nominato procuratore speciale, di cui agli artt. 122 e 336 c.p.p., sia nel caso in cui sia meramente incaricato al deposito ex art. 337 c.p.p.: l'art. 3 del d.m. n. 217/2023 parla infatti di “deposito da parte dei difensori”, senza distinguere dunque l'ipotesi in cui l'atto sia compiuto personalmente dall'avvocato da quella in cui egli sia un mero delegato dell'assistito.

Rimane invece ferma la possibilità di deposito cartaceo in procura, ex art. 111-bis comma 3 c.p.p., quando lo richiede la natura dell'atto, che non può essere acquisito in formato informatico: es. un'aerofotogrammetria, un audio che supera il numero di MB consentiti.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.