Terzo correttivo al c.c.i.i.: le novità in tema di concordato minoreFonte: Dlgs_136_2024.pdf
04 Settembre 2024
La domanda di concordato minore in bianco o prenotativa (art. 65, comma 2, c.c.i.i.) Ai sensi dell'art. 18, comma 1, lett. a), della bozza di decreto correttivo – «dopo le parole “titolo III,” sono inserite le seguenti: “ad eccezione dell'articolo 44,”» – resta preclusa per il debitore la possibilità di accedere alla procedura di concordato minore mediante il deposito di una domanda prenotativa o in bianco ex art. 44 c.c.i.i., ovvero con riserva di depositare successivamente, entro il termine concesso dal Tribunale, la proposta e il piano, con la connessa possibilità di richiedere l'applicazione immediata delle misure protettive del patrimonio del debitore, riparandolo, così, dalle azioni esecutive individuali da parte dei creditori (così come avviene nel concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione e nei piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione). Nel silenzio del codice della crisi, vi era già stato qualche tentativo di riconoscimento di tale possibilità anche nelle procedure di sovraindebitamento, in virtù del richiamo, da parte dell'art. 65, comma 2, c.c.i.i. alle disposizioni del titolo III, tra cui l'art. 44 c.c.i.i., per quanto non specificamente previsto. Tuttavia, la prima giurisprudenza investita sul punto si è pronunciata in senso negativo (Trib. Milano 5 ottobre 2022), ritenendo inammissibile, nel concordato minore, il deposito di una domanda prenotativa, e ciò per tre principali ragioni: la prima, secondo la quale la domanda prenotativa ex art. 44 c.c.i.i. riguarda esclusivamente il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione ed i piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione (art. 44, comma 1, lett. a, c.c.i.i.); la seconda, secondo la quale il concordato minore sarebbe una procedura autonoma, e quindi speciale, rispetto al concordato preventivo; la terza, secondo la quale l'art. 271, comma 1, c.c.i.i., che consente al debitore una (sorta di) domanda prenotativa, ha come presupposto indefettibile la presenza di una istanza di liquidazione già depositata da un creditore (cfr. F. Rasile, G. Zanotti, Inammissibile la domanda di concordato con riserva nel concordato minore, in IUS Crisi d'impresa, 20 marzo 2023). Con il terzo decreto correttivo, il legislatore fuga ogni dubbio interpretativo: il legislatore ha espressamente escluso che l'art. 65, comma 2, c.c.i.i. – nel richiamare il titolo III per quanto non previsto – possa includere l'applicazione dell'art. 44 c.c.i.i., dedicato esclusivamente alla domanda prenotativa nel concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione e nei piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione. Le misure protettive (art. 78, comma 2, lett. d, c.c.i.i.) Connesso al tema precedente, è quello delle misure protettive. Con la definitiva esclusione della possibilità di depositare una domanda prenotativa nell'ambito del concordato minore, spira anche la conseguente possibilità di accesso alle misure protettive, nelle more del deposito della proposta e del piano. Sicché, non viene sanata, nemmeno con il correttivo, la disparità di trattamento tra debitori sotto-soglia e debitori assoggettabili alla liquidazione giudiziale. Il debitore in stato di sovraindebitamento può infatti beneficiare delle misure protettive sul patrimonio solo dopo il deposito della proposta e del piano (e non già in via anticipata), con espressa richiesta delle stesse, che vengono concesse con il decreto di ammissibilità ai sensi dell'art. 78, comma 2, lett. d), c.c.i.i. Tuttavia, con il decreto correttivo si apre un parziale spiraglio. Difatti, l'art. 271 c.c.i.i. (che consente al debitore una domanda prenotativa, a seguito di istanza di liquidazione depositata da un creditore), stabilisce, al comma 2, che nella pendenza del termine concesso dal tribunale per il deposito della proposta e del piano – al fine di scongiurare l'apertura della liquidazione controllata richiesta dal creditore – il debitore possa chiedere la concessione delle misure protettive previste dall'art. 78, comma 2, lett. d), c.c.i.i., in via anticipata, dunque, rispetto al deposito della proposta e del piano. A quanto sopra, va aggiunto che lo stesso art. 78, comma 2, lett. d), c.c.i.i. viene modificato dall'art. 20, comma 4, lett. d), del decreto correttivo: con il decreto di ammissibilità, se il debitore ne ha fatto istanza, il giudice dispone che – fino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventi definitivo – non possono essere iniziate o proseguite non solo azioni esecutive, ma anche cautelari, sul patrimonio del debitore o sui beni e diritti con i quali viene esercitata l'attività di impresa e che, per lo stesso periodo, non possono essere acquisiti diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. Si tratta di una disposizione che regola in maniera più puntuale il contenuto e la portata delle misure protettive che il giudice può concedere su istanza del debitore, precisando che il relativo divieto riguarda anche le azioni cautelari dei creditori. Si elimina, inoltre, il riferimento alla nullità delle azioni esercitate nonostante il divieto, in quanto non strettamente aderente alle conseguenze che si determinano in tali ipotesi: l'inammissibilità per le azioni esercitate dopo la concessione della protezione e l'improcedibilità delle iniziative già pendenti. È inoltre inserito, in coerenza e coordinamento con quanto previsto negli altri strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, l'espresso richiamo alle ulteriori conseguenze normalmente connesse alla protezione del patrimonio del debitore: la sospensione delle prescrizioni, la sorte delle decadenze, che non possono verificarsi e l'impossibilità di apertura della liquidazione controllata. Le misure protettive nel concordato minore riflettono, così, le stesse previste all'art. 54 c.c.i.i. per il concordato preventivo, fermo restando che, per quest'ultimo, è previsto (all'art. 55 c.c.i.i.) un procedimento ad hoc per la conferma, la revoca o la modifica delle misure protettive; diversamente, nel concordato minore, il giudice le dispone in prima istanza, dopo il deposito della domanda, in sede di decreto di apertura della procedura (e vengono revocate in caso di non omologazione). Il concordato minore liquidatorio (art. 74, comma 2, c.c.i.i.) Come noto, l'art. 74 c.c.i.i. disciplina, al comma 1, il concordato minore in continuità, ed al comma 2, il concordato minore liquidatorio. Con riguardo a quest'ultimo, con il terzo decreto correttivo il legislatore ha inteso meglio specificare la funzione dell'apporto di finanza esterna nel concordato minore liquidatorio: non più, allora, un generico aumento della soddisfazione dei creditori, ma un incremento apprezzabile dell'attivo disponibile al momento della presentazione della domanda. È apparso, infatti, più aderente alla ratio della disposizione, oltre che più facilmente accertabile dal tribunale – con conseguente riduzione/semplificazione del procedimento di ammissione –, fare riferimento all'incremento dell'attivo disponibile al momento della domanda piuttosto che all'aumento della soddisfazione dei creditori. Parimenti, al comma 3, il legislatore sostituisce la locuzione del “contenuto libero” della proposta di concordato minore con la più ampia previsione del soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma, nonché la eventuale suddivisione dei creditori in classi con indicazione dei criteri adottati, indicando, in modo specifico, modalità e tempi di adempimento. Il concordato minore, dunque, viene allineato alla disciplina dettata per gli altri strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, anche al fine di migliorare l'applicazione dell'istituto. L'inserimento di concetti esistenti, e quindi noti agli operatori e agli interpreti, agevola l'applicazione dell'istituto e riduce il rischio di inefficienza normalmente collegato ad incertezze applicative. Viene inoltre ulteriormente precisato, per far fronte a dubbi emersi in sede di prima applicazione, che l'obbligatoria formazione delle classi riguarda solo i creditori titolari di garanzie prestate da terzi. La tutela dell’abitazione principale (art. 75, comma 2-bis, c.c.i.i.) Con il terzo decreto correttivo il legislatore ha colmato la bizzarra lacuna secondo la quale esclusivamente al debitore consumatore è concessa la tutela dell’abitazione principale in seno alla procedura ristrutturazione dei debiti del consumatore (di cui all’art. 67, comma 5, c.c.i.i.), mentre al debitore non consumatore (che accede al concordato minore) tale tutela è preclusa. Con il comma 2-bis dell’art. 75 c.c.i.i., se il debitore persona fisica, non consumatore, alla data della presentazione della domanda di concordato minore, è in corrente con il pagamento delle rate di mutuo con garanzia reale gravante sull’abitazione principale (ossia ha adempiuto le proprie obbligazioni) oppure se il giudice lo autorizza al pagamento delle rate già scadute per capitale ed interessi, è possibile prevedere, nella proposta, il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo. Si noti, però, che, per il medesimo istituto, permane un certo favor per il debitore consumatore: difatti – in parallelismo con il successivo comma 3 che riguarda il concordato minore in continuità aziendale o professionale – l’OCC deve attestare anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori. Diversamente, nella ristrutturazione dei debiti del consumatore, l’attestazione dell’OCC non è prevista (art. 67, comma 5, c.c.i.i.). Lo stesso legislatore, nella Relazione illustrativa al c.c.i.i., ha precisato che, nel caso del consumatore, vi è un’espressa eccezione al principio della par condicio creditorum. Il concordato minore in continuità professionale (art. 75, comma 3, c.c.i.i.) Nell’ambito delle novelle apportate all’art. 75 c.c.i.i., il comma 3 vede l’ingresso (rectius, il riconoscimento) della continuità dell’attività professionale (e non più la sola continuità aziendale). Tale riconoscimento concerne l’istituto della previsione, nella proposta, del rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale sui beni strumentali all’esercizio dell’attività professionale (oltre che dell’attività di impresa). Gli atti in frode (art. 76, comma 2, lett. d, c.c.i.i.) Viene novellato incisivamente anche il contenuto della relazione particolareggiata dell’OCC, che deve essere depositata unitamente alla domanda di omologa di concordato minore. Anzitutto, vengono espunte le lettere f) e g) dell’art. 76, comma 2, c.c.i.i., ovvero la necessità di indicare la percentuale, le modalità e i tempi di soddisfacimento dei creditori, nonché i criteri adottati nella formazione delle classi, ove previste nella proposta: il legislatore ha ritenuto che tali dati attengano più propriamente al contenuto della proposta (art. 74, comma 3, c.c.i.i.) e non alla relazione dell’OCC. In contrappeso, viene introdotto l’obbligo, per l’OCC, di esprimere una valutazione sulla fattibilità del piano (lett. d), valutazione che rientra tra le competenze dello stesso organismo e che risulta necessaria nell’ottica di una più efficace valutazione della percorribilità della ristrutturazione delineata nel piano e, quindi, di una maggiore efficienza delle procedure aperte. Inoltre, in parallelismo con l’art. 77 c.c.i.i., che prescrive l’inammissibilità della domanda di concordato minore, inter alia, ove risultino commessi atti in frode ai creditori, l’OCC deve indicare, nella relazione particolareggiata, l’eventuale esistenza di atti in frode (lett. c), che possano essere ostativi all’omologa. Sempre in tema di atti in frode, con il terzo decreto correttivo il legislatore ha espunto l’obbligo, da parte dell’OCC, della segnalazione al giudice di ogni fatto rilevante ai fini della revoca dell’omologazione (art. 82, comma 4, c.c.i.i.). Per contro, l’OCC diventa attivamente legittimato a depositare istanza di revoca della sentenza di omologazione quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero quando è stata sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo ovvero quando sono state dolosamente simulate attività inesistenti o quando risultano commessi altri atti diretti a frodare le ragioni dei creditori (art. 82, comma 1, c.c.i.i.). Integrazioni al piano (art. 78, comma 1, c.c.i.i.) A scongiurare una dichiarazione di inammissibilità, sic et simplicier, della domanda di omologa del concordato minore, vi è la novella di cui all'art. 78, comma 1, c.c.i.i.: dopo il deposito della domanda, il giudice può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti (in parallelo con l'art. 47, comma 4, c.c.i.i. per il concordato preventivo). Già in giurisprudenza questa necessità era stata avvertita (Trib. Massa 21 marzo 2024) in virtù del richiamo di cui all'art. 65, comma 2, c.c.i.i., pur nel silenzio delle norme dedicate al concordato minore. La moratoria (art. 75, comma 2, c.c.i.i.) Diversamente dall'art. 67, comma 4, c.c.i.i. – dove, nella ristrutturazione dei debiti del consumatore, viene introdotta una moratoria fino a due anni per il pagamento dei crediti prelatizi – all'art. 75, comma 2, c.c.i.i. sul concordato minore non vi è una novella in tal senso. Conseguentemente, la disciplina della moratoria nel concordato minore andrebbe a richiamare la stessa prevista nel concordato preventivo, in virtù dell'aggancio normativo con l'art. 86 c.c.i.i., stante la clausola di rinvio di cui all'art. 74, comma 4, c.c.i.i., tale per cui non sarebbe più prevista la moratoria di due anni. In guisa che la disciplina della moratoria verrebbe ad essere diversificata, a seconda che la procedura sia volta alla ristrutturazione dei debiti del consumatore (moratoria di due anni) oppure all'omologa di concordato minore (moratoria senza limite temporale). La giustificazione di tale diversificazione potrebbe essere ravvisata nella disciplina della ristrutturazione dei debiti del consumatore, laddove – diversamente dal concordato minore – non è prevista l'espressione di voto da parte dei creditori, ma solamente la contestazione sulla convenienza della proposta ai sensi dell'art. 70, comma 9, c.c.i.i.. E pertanto, con la previsione del termine massimo di due anni per la moratoria nella sola ristrutturazione dei debiti del consumatore, l'esigenza di agevolare i processi di ristrutturazione viene contemperata con la necessità di approntare idonea tutela delle ragioni dei creditori che, nel piano del consumatore, non sono chiamati a votare il piano. Reclamo al decreto di inammissibilità (art. 78, comma 1, c.c.i.i.) Con il terzo decreto correttivo il legislatore ha colmato una lacuna di natura procedimentale, inserendo, all'art. 78, comma 1, c.c.i.i. la disciplina relativa al reclamo, in caso di non ammissione alla procedura di concordato minore. Pertanto, se non ricorrono le condizioni di ammissibilità, il giudice provvede con decreto motivato reclamabile, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, dinanzi al tribunale, il quale provvede in camera di consiglio con decreto motivato. L'individuazione del tribunale quale giudice di secondo grado si giustifica con il fatto che, nel caso di specie, si tratta di un'inammissibilità dichiarata sulla base di evidenti carenze del piano, della proposta o della documentazione depositata a supporto. Nel giudizio di reclamo la proposta e il piano non possono essere modificati e si applicano le disposizioni di cui agli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile. In caso di accoglimento del reclamo il tribunale rimette gli atti al giudice per l'adozione dei provvedimenti conseguenti. La previsione del meccanismo di rimessione degli atti al giudice in caso di accoglimento del reclamo, per l'adozione dei provvedimenti conseguenti, chiarisce la competenza del giudice monocratico sull'apertura della procedura e si evitano interpretazioni che onerano il giudice del reclamo dell'adozione di misure e di decisioni che non sono sue proprie, in contrasto con i criteri di efficienza che devono ispirare le procedure in esame. Revoca della sentenza di omologazione (art. 82, comma 1, c.c.i.i.) Con il terzo decreto correttivo viene abrogata la facoltà del giudice di revocare d'ufficio la sentenza di omologazione del concordato minore, consentendo la possibilità di depositare un'istanza di revoca esclusivamente da parte di un creditore, dell'OCC, del pubblico ministero o di qualsiasi altro interessato, a fronte della sussistenza di determinate condizioni (art. 82, comma 1, c.c.i.i.). L'introduzione della facoltà prevista per l'OCC di chiedere la revoca della sentenza di omologazione costituirebbe, per il legislatore, un bilanciamento con la soppressione della revoca d'ufficio. Occorre fare attenzione all'espunzione della locuzione «in contraddittorio con il debitore» dal procedimento di revoca della sentenza di omologazione, in quanto potrebbe ingenerare il dubbio che il debitore possa essere escluso dal procedimento di revoca. Nella Relazione illustrativa, il legislatore precisa che l'instaurazione del contraddittorio ai fini del procedimento di revoca dell'omologazione rientra nei principi generali del processo, in attuazione dell'art. 24 della Costituzione. L'espunzione di cui all'art. 82, comma 1, c.c.i.i. si è invece ritenuta opportuna per evitare che, laddove non presente in altre disposizioni, si possa ritenere che il contraddittorio non debba essere instaurato. Diversamente, il contraddittorio con il debitore nel procedimento di revoca della sentenza di omologazione del concordato minore è garantito e confermato dal successivo comma 5 dell'art. 82 c.c.i.i., che prevede l'obbligo, per il giudice, di sentire le parti. Apertura della liquidazione controllata (art. 83 c.c.i.i.) Infine, in caso di revoca della sentenza di omologazione del concordato minore, il tribunale può disporre l'apertura della liquidazione controllata non soltanto su istanza del debitore, ma anche su istanza dei creditori (posto che, con l'avvento del c.c.i.i., la liquidazione controllata può anche essere richiesta da un creditore ai sensi dell'art. 268, comma 2, c.c.i.i.). Il pubblico ministero, invece, può richiedere l'apertura della liquidazione controllata solamente quando la revoca è conseguita ad atti in frode o ad inadempimento. È esclusa, dunque, in coerenza con gli altri strumenti disciplinati dal c.c.i.i., la facoltà del giudice di dichiarare aperta la liquidazione controllata come conseguenza della revoca della sentenza di omologa del concordato minore (art. 83 c.c.i.i.). Si noti appena che, mentre per il provvedimento di revoca è competente il giudice, per l'apertura della liquidazione controllata è competente il tribunale, con netta distinzione tra il procedimento di revoca ed il procedimento di apertura della liquidazione controllata. |