Indebito arricchimento: rapporto tra azione di risarcimento del danno e azione risarcitoria nelle procedure di gara
05 Settembre 2024
Il caso in esame origina da una complessa vicenda controversa in cui a seguito del ricorso promosso avverso il Comune dall'impresa seconda classificata nell'ambito di una procedura di gara, il TAR Sicilia annullava l'originaria aggiudicazione ; nonostante l'impresa appellante avesse preannunciato l'intenzione di appellare la sentenza, il Comune procedeva con la nuova aggiudicazione; tuttavia, il C.G.A.R.S. parzialmente riformando la sentenza del T.a.r., riteneva la legittimità della prima aggiudicazione, in favore della appellante, che, pertanto chiedeva il risarcimento dei danni per la mancata aggiudicazione dell'appalto. Rileva il Collegio che sulla base del principio di diritto affermato dall'Adunanza Plenaria 23 aprile 2021, n. 7 la responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi ha natura di responsabilità da fatto illecito aquiliano di cui all'art.2043 c.c., mentre per la quantificazione del danno risarcibile si applica l'art. 2056 c.c. nonché i criteri limitativi della consequenzialità immediata e diretta e dell'evitabilità con l'ordinaria diligenza del danneggiato , di cui agli artt. 1223 e 1227 c.c. e non il criterio della prevedibilità del danno di cui all'art. 1225 c.c. Ne consegue che è esclusivo onere del danneggiato fornire in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria, anche oggettivi, elencati nell'art. 2043 c.c., ed eventualmente, anche le prove presuntive. Ad avviso del Collegio, l'esecuzione della sentenza del TAR da parte del Comune, prima della sua riforma, è sufficiente per escludere, oltre al nesso di causalità, anche qualsiasi profilo di colpa in capo all'appellata, nonché l'elemento oggettivo della fattispecie aquiliana costituito dalla c.d. ingiustizia del danno. Ciò in quanto avendo ri-aggiudicato la gara secondo quanto vincolativamente espresso dalla sentenza di primo grado, il Comune ha agito “iure”, che è di per sé sufficiente a impedire il perfezionamento della fattispecie aquiliana e il sorgere dell' obbligazione risarcitoria . Dunque, il danno asseritamente subìto dall'appellante, da mancata aggiudicazione, non discende da una condotta illecita o da un provvedimento illegittimo della stazione appaltante, bensì risulta conseguenza immediata e diretta dell'avvenuta esecuzione di una decisione giurisdizionale di primo grado, la cui efficacia non è stata interinalmente sospesa, in ragione della scelta processuale dell'appellante di rinunciare all'istanza cautelare. Successivamente il Collegio ha affrontato il tema dei rimedi previsti dall'ordinamento a fronte di spostamenti patrimoniali non connotati da illiceità, nel caso specifico dell'impresa che, sulla base di un affidamento efficace, abbia eseguito il contratto “sine titulo”, perché, all'esito di uno specifico contenzioso giurisdizionale , sia stato accertato che l'affidamento spettava ad altra impresa, quale unica legittimata a stipulare ed eseguire il contratto . Si tratta del principio generale sulla restituzione dell'indebito (art. 2033 c.c.) e sull'arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.), applicabili anche al caso di un'impresa che, sulla base di un affidamento contrattuale , all'epoca dell'esecuzione pienamente efficace, abbia eseguito il contratto percependo il relativo corrispettivo, e poi sia accertato, all'esito di uno specifico contenzioso giurisdizionale, che l'affidamento sarebbe spettato ad altra impresa, la quale risulti essere l'unica legittimata a stipulare e eseguire il medesimo contratto. In proposito il Collegio, in continuità con la propria sentenza n. 600/2008, ha ribadito che per il principio generale di ogni spostamento patrimoniale , ai sensi dell'artt. 2033 e ss. e 2041 e ss. c.c., per qualsiasi pagamento effettuato è necessaria una iusta causa, in difetto sorge un'obbligazione restitutoria dell'accipiens per tutto ciò che ha indebitamente ricevuto. Quindi, chi ha svolto l'appalto sine titulo non può conservare il guadagno conseguito, perché l'aggiudicazione è ex se inidonea a giustificare sul piano causale, l'attribuzione patrimoniale integrale al contraente “sbagliato”. Dunque, il Collegio evidenzia che, fermo restando il diritto dell'esecutore del contratto alla copertura dei costi effettivamente sostenuti, quale attribuzione patrimoniale che trova la propria iusta causa nello svolgimento stesso dei lavori da parte dell'accipiens, l'utilità eccedente tale costo, all'esito del giudizio sulla illegittimità dell'affidamento , se non trova alcuna giustificazione causale, consente l'attivazione dei rimedi previsti dall'ordinamento per rimuovere arricchimenti ingiustificati nei rapporti tra affidatario originario del contratto e avente diritto all'affidamento, anche con l'eventuale intermediazione della pubblica amministrazione appaltante, ove quest'ultima avesse in concreto ottenuto la restituzione dell'utile di impresa dall' esecutore materiale della commessa . Di conseguenza, il Collegio indagando i rapporti tra l'azione di arricchimento senza causa e quella risarcitoria ha chiarito che l' azione risarcitoria non esaurisce lo strumentario giuridico approntato dall'ordinamento per reintegrare la sfera patrimoniale incisa dall'atto illegittimo; il concorrente pretermesso, che avrebbe avuto titolo all'affidamento e all' esecuzione del contratto , può agire in giudizio per ottenere, nei limiti dell'azione residuale di cui all'art. 2041 c.c. o artt. 2033 e ss. c.c., che il vantaggio economico conseguito dall' affidatario del contratto , e nei fatti tradottosi in uno spostamento di ricchezza senza idonea causa, venga riverso a chi ha subìto un impoverimento, a causa dell'illegittimo operato della stazione appaltante, o, come nella specie, dell'interinale efficacia di una pronuncia giurisdizionale , riformata in appello, almeno nella misura in cui non è riuscita a ottenere le utilità a cui avrebbe avuto titolo, in virtù della definitiva decisione del giudice amministrativo . Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, ha respinto l'appello. |