No alla sostituzione del mantenimento stabilito dal giudice con altri beni
06 Settembre 2024
L'art 570 c.p. prevede che chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque tenendo una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 1032 euro. Queste pene si applicano congiuntamente a chi malversa o dilapida i beni del figlio minore, o del coniuge, ovvero fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa. Tale delitto è, generalmente, punibile a querela della persona offesa. Ai fini della configurabilità del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il genitore obbligato in sede di separazione legale non ha la facoltà di sostituire con altro, secondo una sua personale valutazione, la somma di denaro stabilita dal giudice civile a titolo di contributo per il mantenimento, e ciò anche alla luce del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità. Integra, dunque, il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare la condotta del genitore che, obbligato con provvedimento del giudice a versare una certa somma di denaro a titolo di contributo per il mantenimento di un figlio minore, gli conferisce altro bene, quando tale prestazione sia inidonea ad assicurare una concreta e rapida disponibilità economica a un soggetto privo di capacità reddituale (ad esempio, sostituzione dell'erogazione dell'assegno di mantenimento dei figli minori con il conferimento del diritto di nuda proprietà su un bene immobile, ovvero con altri oggetti o beni che, appunto, non soddisfano il soddisfacimento delle esigenze primarie). In un caso specifico, il Tribunale condanna l'imputato per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare nei confronti del figlio minore. L'imputato si difende affermando che aveva richiesto al suo datore di lavoro di corrispondere direttamente il pagamento degli straordinari lavorativi a lui dovuti alla madre del figlio minore, cedendo, così, di fatto, il suo credito alla moglie. La sesta sezione penale della Corte di cassazione, con sentenza Cass. pen. n. 14025/2024, contesta tale ricostruzione, ribadendo il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità che vede il soggetto obbligato in sede di separazione dei coniugi non poter sostituire di sua iniziativa la somma stabilita dal giudice per il mantenimento dei figli con altri beni, a maggior ragione se tali sono inidonei a soddisfare le necessità primarie e quotidiane del figlio minore. Si può, pertanto, dichiarare con fermezza che l'obbligo di mantenimento pendente in capo a un genitore non può essere assolto dallo stesso attraverso la cessione di un credito vantato verso un terzo, attesa la sua incerta escussione e realizzazione. L'obbligo di mantenimento nei confronti del figlio minore non può essere soddisfatto se vengono offerti beni che non siano in grado di soddisfare le sue reali necessità quotidiane, considerato che il minore non ha la capacità reddituale. |