L’operatore di Poste Italiane spa addetto alla raccolta del risparmio è un incaricato di pubblico servizio?

16 Settembre 2024

È configurabile il delitto di peculato a carico del dipendente di Poste Italiane spa che si appropri del denaro depositato o investito dai clienti nell’ambito dell’attività di raccolta del risparmio gestita da quella società?

Questione controversa

La questione controversa attiene alla qualifica soggettiva da attribuirsi al dipendente di Poste Italiane Spa che svolga attività di raccolta e gestione del risparmio: si tratta di attività che, nonostante la trasformazione dell'ente in una società per azioni, ha conservato connotazioni pubblicistiche, o essa ha oramai natura privatistica, del tutto identica a quella svolta dalle banche?

Possibili soluzioni
Prima soluzione Seconda soluzione

Secondo un primo e maggioritario orientamento, il dipendente di Poste Italiane spa rivestirebbe la qualità di incaricato di pubblico servizio in relazione all'attività di raccolta del risparmio postale, specificamente prevista dall'art. 2, comma 1, lett. b), d.P.R. 14 marzo 2001, n. 144, in quanto tale attività, per legge direttamente ed univocamente finalizzata al perseguimento di primari interessi pubblici, ha una peculiare connotazione pubblicistica.

Ad avviso dei sostenitori di questo orientamento, la trasformazione dell'assetto giuridico e organizzativo dell'Amministrazione postale, divenuta dapprima ente pubblico economico e successivamente società per azioni, non ha influito sulla natura pubblicistica dei servizi erogati, tra i quali la raccolta del risparmio attraverso i libretti di risparmio postale e i buoni fruttiferi postali, strumenti di investimento "prudenziali", assistiti dalla garanzia dello Stato e suscettibili di immediata liquidabilità, senza perdite in conto capitale o penalizzazioni, oggetto di monopolio legale.

Viene, inoltre, valorizzato il testo tuttora vigente dell'art. 12 d.P.R. n. 156/1973 (codice postale e delle telecomunicazioni), secondo cui «Le persone addette ai servizi postali e di bancoposta, anche se dati in concessione ad uso pubblico, sono considerate pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, secondo la natura delle funzioni loro affidate, in conformità degli articoli 357 e 358 del codice penale»: il fatto che, dopo la trasformazione di Ente Poste in società per azioni, il d.lgs. n. 259/2003 abbia modificato l'art. 12 cit. limitandosi a sopprimere, sia nella rubrica che nel testo dell'articolo, il solo riferimento ai servizi di telecomunicazione dimostrerebbe la perdurante operatività della norma attributiva della qualifica di pubblico agente all'esercente i servizi di bancoposta.

Le più recenti pronunce di legittimità a sostegno di questo orientamento hanno, altresì, sottolineato che l'attività in concreto svolta dagli operatori di bancoposta, laddove riguardi la raccolta e la gestione del risparmio attraverso libretti di risparmio postale e buoni postali fruttiferi, attiene a bisogni di pubblico interesse, il cui soddisfacimento è perseguito istituzionalmente con capitali pubblici e secondo modalità e forme determinate da regolamentazione di natura pubblicistica, così da rientrare nell'alveo della prestazione di pubblico servizio, quale definita dall'art. 358 c.p. (1).

Secondo l'opposto orientamento, l'attività di raccolta e gestione del risparmio svolta da Poste Italiane Spa avrebbe natura privatistica, non diversamente da quella svolta dalle banche, non potendo avere rilievo la circostanza che l'ente operi per conto di Cassa Depositi e Prestiti, essendo quest'ultima equiparabile ad un comune azionista che non interviene personalmente nei rapporti con la clientela, la quale intrattiene rapporti, regolati esclusivamente dal diritto civile, con Poste Italiane Spa: riservare ai dipendenti di quest'ultima che svolgano servizi di bancoposta un trattamento penale più rigoroso di quello applicabile ai dipendenti degli istituti di credito, malgrado l'identica natura dall'attività svolta, integrerebbe una palese violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost.

Ad avviso dei sostenitori di questo orientamento, non può avere rilievo il testo dell'art. 12 d.P.R. n. 156/1973, emesso nel contesto della disciplina antecedente alle riforme dei settori postale e bancario, e, dunque, incentrato su una serie di disposizioni che afferiscono al nucleo originario dei compiti istituzionali dell'ente, relativi essenzialmente alla gestione della corrispondenza: le attività di bancoposta trovano compiuta regolamentazione in una distinta normativa di settore, occorrendo fare riferimento principalmente al d.P.R. n. 144/2001 e al d.lgs. n. 261/1999, dai quali si evince l'assimilazione tra l'attività di raccolta del risparmio svolta da Poste Italiane spa e quella svolta da un qualsiasi istituto di credito privato, non potendo rinvenirsi alcuna norma che preveda o lasci intendere che Poste Italiane spa, nello svolgimento di attività di tipo bancario, abbia condizioni di esercizio diverse da quelle ordinarie delle banche (2).

(1Cass. pen., sez. VI, 7 marzo 2024, n. 22280; Cass. pen., sez. VI, 22 giugno 2023, n. 44146; Cass. pen., sez. VI, 22 giugno 2022, n. 28630; Cass. pen., sez. VI, 20 novembre 2018, dep. 2019, n. 993; Cass. pen., sez. VI, 13 gennaio 2017, n. 14227; Cass. pen., sez. VI, 23 novembre 2016, dep. 2017, n. 10875; Cass. pen., sez. VI, 23 novembre 2016, dep. 2017, n. 10875; Cass. pen., sez. V, 13 febbraio 201, n. 31660.

    

(2Cass. pen., sez. VI, 31 maggio 2018, n. 42657; Cass. pen., sez. VI, 21 ottobre 2014, dep. 2015, n. 10124; Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2014, dep. 2015, n. 18457.

Rimessione alle Sezioni Unite

Cass. pen., sez. VI, 29 maggio 2024, n. 31605

I giudici rimettenti erano chiamati a scrutinare il ricorso per cassazione del dipendente di Poste italiane spa condannato per il delitto di peculato per essersi appropriato delle somme di denaro rivenienti dal riscatto di buoni fruttiferi postali di un cliente, destinate ad essere investite in altri strumenti finanziari.

Il ricorrente deduceva, tra l'altro, l'erronea qualificazione giuridica dei fatti, evidenziando che la stessa Suprema Corte, nell'annullare l'ordinanza coercitiva emessa nei suoi confronti durante le indagini preliminari, aveva rilevato l'insussistenza della qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio, venendo in rilievo attività ed operazioni riconducibili alla ordinaria attività bancaria, che ha natura privatistica (Cass. pen., sez. VI, 11 dicembre 2015, dep. 2016, n. 3940).

La Sesta Sezione, dopo aver illustrato il descritto contrasto interpretativo, ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, sottolineando la sua adesione al secondo orientamento, ritenendo «incontroverso che l'attività bancaria abbia natura privatistica, seppure non priva di aspetti di pubblico interesse».

Si evidenzia, in particolare, che «l'affermazione per cui la raccolta del risparmio postale attraverso buoni postali e libretti di risparmio emessi per conto di CDP si distingue dalle altre attività di bancoposta perché oggetto di una specifica disciplina pubblicistica risente .. di una indebita confusione di piani. Non è dubbio che costituisca esercizio di potestà pubbliche la decisione adottata dallo Stato ... e da altri enti pubblici di acquisire risorse dal mercato facendo debito mediante la emissione di titoli del debito pubblico .. Altra cosa è, invece, la fase successiva, di negoziazione e gestione degli indicati strumenti finanziari, che, nel caso dei prodotti finanziari del risparmio postale, risulta demandata a Poste Italiane Spa, società ad ampia partecipazione pubblica (il 65% del capitale è posseduto da MEF e CDP) che agisce per conto di Cassa, ma pur sempre secondo le regole del diritto civile»: ed infatti  «i rapporti che scaturiscono dal collocamento dei titoli di risparmio postale sono regolati da norme privatistiche».

Dunque, argomenta la Corte, «se i rapporti con i risparmiatori hanno natura privatistica, non si comprende la ragione per la quale la negoziazione dei titoli, finalizzata ad immettere liquidità sul mercato, ancorché avvenga per il perseguimento di interessi generali, e la successiva loro gestione, fuoriescano da tale dimensione privatistica».

Inoltre, osserva la Corte, «La tesi maggioritaria, una volta ritenuto che la raccolta del risparmio postale costituisca un servizio pubblico, non dubita che soggetti posti in ruoli quale quello del ricorrente, rivestano qualifica pubblicistica svolgendo attività inquadrabile nell'ambito degli artt. 358 o 357 c.p. Anche sotto tale profilo si ritiene di dissentire. A voler aderire alla tesi del servizio pubblico non è dato comprendere - e la giurisprudenza non lo chiarisce - in che modo l'operatore di Poste Italiane Spa, addetto ai rapporti con il cliente per la vendita e gestione di detti titoli, ponga in essere attività tipiche dell'incaricato di pubblico servizio o del pubblico ufficiale»; si sottolinea, in proposito, che «al di là della attività di consulenza, quella della liquidazione dei titoli o della effettuazione dei pagamenti, in una gestione ampiamente dematerializzata, resa possibile dalla generale diffusione degli strumenti telematici, ha connotazioni essenzialmente esecutive, non richiede specifiche competenze e sembra essere priva del carattere di autonomia», né risulta che il dipendente di Poste Italiane spa sia munito di poteri certificativi, dovendosi in proposito rammentare che «l'art. 2699 c.c. prevede che sia atto pubblico (con funzione certificativa secondo il concetto che ci interessa) quello emanato da un soggetto "autorizzato ad attribuirgli fede", autorizzazione che deve derivare da una norma di legge».

La Sesta Sezione ha, dunque, rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, formulando il seguente quesito: «Se, nell'ambito delle attività di “bancoposta” svolte da Poste Italiane spa, la “raccolta del risparmio postale”, ossia la raccolta di fondi attraverso libretti di risparmio postale e buoni postali fruttiferi effettuata per conto della Cassa depositi e prestiti, abbia natura pubblicistica e, in caso positivo, se l'operatore di Poste Italiane spa addetto alla vendita e gestione di tali prodotti rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio».

Le Sezioni Unite tratteranno il ricorso nell'udienza del 12 dicembre 2024.

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