Nessun assegno divorzile se il sacrificio delle aspettative professionali è già stato compensato da eventuali attribuzioni patrimoniali pregresse negoziate tra i coniugi

24 Settembre 2024

Gli accordi economici conclusi dai coniugi durante il matrimonio o dopo la separazione prevedenti attribuzioni patrimoniali possono influire sul riconoscimento dell’assegno divorzile?

Massima

In tema di definizione giudiziale della crisi coniugale, per l’attribuzione dell’assegno divorzile richiesto in funzione perequativo-compensativa, il giudice deve valutare se nel corso della vita matrimoniale siano stati negoziati accordi coniugali recanti attribuzioni patrimoniali o elargizioni in denaro, così da aver operato un riequilibrio tra le rispettive condizioni economiche, oppure se, al momento del divorzio, permanga ancora un significativo divario patrimoniale e reddituale riconducibile al sacrificio, o meno, di uno di essi durante la vita coniugale, potendosi, infatti, giustificare - solo nel secondo caso - l’attribuzione giudiziale dell’assegno divorzile.

Il caso

Il Tribunale di Pordenone ha riconosciuto a Tizia l'assegno divorzile di € 1.000,00 mensili in ragione della sua comprovata partecipazione in costanza di matrimonio alle attività professionale del marito Caio e del contributo offerto al suo successo economico.

Il Tribunale richiamava altresì, quale prova di detto contributo l'accordo transattivo firmato dai coniugi dopo la separazione mediante il quale hanno definito tutti i loro rapporti economici, senza che potessero essere avanzate ulteriori pretese in relazione alla vita trascorsa insieme, prevedendo a favore della moglie un conguaglio di €106.000,00.

La Corte d'Appello ha respinto l'impugnativa presentata dal marito Caio e confermato la decisione del Tribunale ritenendo provato che la moglie avesse collaborato con il marito in una lunga vicenda familiare e lavorativa nonché evidenziando che il suo contributo era stato riconosciuto anche con la divisione delle società e la dazione di una cospicua somma di denaro previste dall'accordo transattivo firmato a seguito della separazione.

Il marito ha presentato ricorso per Cassazione eccependo la violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 6, l. 898/1970 avendo i Giudici di merito errato l'indagine sulla sussistenza dei presupposti previsti dalla legge per il riconoscimento dell'assegno divorzile riguardo la sussistenza di un divario reddituale tra le parti e alla mancanza di mezzi adeguati della ex moglie

La Suprema Corte di cassazione, con ordinanza (Cass. civ. 29 luglio 2024 n. 21111) ha accolto il motivo di gravame e cassato con rinvio la sentenza impugnata rilevando che i Giudici di merito non avevano fatta corretta applicazione dei principi in materia di assegno divorzile riconoscendolo sul presupposto che la moglie non godesse di redditi adeguati e avesse fornito un contributo all'attività lavorativa del marito senza tuttavia senza considerare correttamente i loro accordi sottoscritti nel 2011.

La questione

Gli accordi economici conclusi dai coniugi durante il matrimonio o dopo la separazione prevedenti attribuzioni patrimoniali possono influire sul riconoscimento dell’assegno divorzile?

Le soluzioni giuridiche

1. I presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile

L'ordinanza in commento si sofferma preliminarmente sui presupposti per l'attribuzione ad un coniuge dell'assegno divorzile con funzione perequativo-compensativa richiamando i consolidati orientamenti in materia.

L'assegno divorzile trova il suo fondamento nell'art. 5, l. n. 898/1970 ed assolve alla funzione di riequilibrare la posizione economico patrimoniale dell'ex coniuge - che non disponga di mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni oggettive - attraverso una attribuzione a carattere patrimoniale che lo compensi dello squilibrio reddituale e patrimoniale determinatosi in ragione delle scelte di vita matrimoniale operate concordemente dai coniugi durante la vita matrimoniale ovvero del sacrificio delle aspettative professionali effettuate nell'interesse della famiglia.

Nell'attribuzione dell'assegno divorzile è necessario, quindi, procedere al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge alla formazione del patrimonio familiare e personale degli ex coniugi, tenendo conto anche delle aspettative professionali sacrificate.

L'assegno di divorzio svolge infatti una funzione assistenziale, compensativa e perequativa, per cui richiede l'accertamento dell'impossibilità di procurarsi idonei mezzi di sussistenza o la loro inadeguatezza per ragioni oggettive, considerando le attuali condizioni economico-patrimoniali delle parti e il contributo dato dalle stesse alla formazione del patrimonio comune e personale degli ex coniugi, nonché il sacrificio delle proprie aspirazioni personali.

La funzione compensativa dell'assegno di divorzio non è volta a retribuire ex post il coniuge per l'attività endofamiliare svolta durante la vita coniugale, ma a compensarlo in presenza di una significativa sproporzione economica rispetto all'altro coniuge, manifestatasi dopo lo scioglimento del vincolo, che non si sarebbe verificata se il richiedente non avesse, per una scelta condivisa, sacrificato concrete aspettative professionali e reddituali per dedicarsi prevalentemente all'attività domestica (Cfr Cass. civ., sez. I, ord. 6 aprile 2023, n. 9512).

La Corte di Cassazione con l'ordinanza in commento richiama preliminarmente i suddetti principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. sez. un. n. 18287/2018; Cass. civ. sent. n. 32398/2019; Cass. civ. sent. n. 35434/2023) evidenziando che «ai fini dell'attribuzione dell'assegno divorzile con funzione perequativo-compensativa, il giudice deve prima di tutto accertare se vi sia una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del vincolo e, poi, verificare se tale disparità sia dipendente dalle scelte relative alla vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio».

Si ricorda sul punto l''accertamento della sussistenza del diritto all'assegno prescinde da ogni riferimento al tenore di vita e si ancora al seguente percorso logico giuridico:

  • In primo luogo il giudice deve rilevare l'esistenza di un'eventuale disparità tra le posizioni economiche complessive di entrambi i coniugi avuto riguardo ai redditi e al patrimonio tenendo conto altresì «di ogni altra utilità» di cui entrambi dispongano (Cass. civ., sez. VI, n. 13026/2014 e Cass. civ., VI, n. 11797/2014).
  • Successivamente deve verificare se l'eventuale e rilevante squilibrio tra le posizioni sia o meno causalmente ricollegato alle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell'assunzione di uno ruolo trainante endofamiliare.

La preminente funzione riequilibratice-perequativa dell'assegno comporta, infatti, la necessità di appurare che lo squilibrio dipenda eziologicamente dalle scelte matrimoniali o dai ruoli familiari in relazione alla durata del matrimonio e all'età del richiedente.

La differenza reddituale tra gli ex coniugi non legittima di per sé sola il riconoscimento dell'assegno divorzile dovendo il Giudice di merito accertare se quella sperequazione sia conseguenza di scelte maturate durante la vita matrimoniale dalla coppia nella distribuzione dei ruoli, in esito alla quale il coniuge richiedente, economicamente più debole, rinunciando anche a proprie aspettative di crescita professionale, abbia contribuito alla formazione del patrimonio familiare e di quello dell'altro coniuge, avuto riguardo alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto.

Il raffronto tra i redditi degli ex coniugi nella riscontrata loro sperequazione è, pertanto, solo il prerequisito perché l'accertamento del giudice si apra alla verifica degli ulteriori parametri sui cui va calibrata debenza e consistenza dell'assegno divorzile.

La Corte di cassazione nell'ordinanza in commento richiama questo aspetto (Cfr. anche Cass., n. 7596/2022) rilevando la necessità di accertare (e quindi giudizialmente dimostrare) che lo squilibrio riscontrato “sia l'effetto del sacrificio da parte del coniuge più debole a favore di esigenze familiari

Ed, infatti, la mera diversa consistenza della retribuzione goduta dagli ex coniugi è irrilevante ai fini della determinazione dell'assegno divorzile perché non è l'entità del reddito dell'altro ex coniuge a giustificare, di per sé, la corresponsione di un assegno in proporzione delle sue sostanze dovendo, piuttosto, la sua maggiore entità e la derivata sperequazione essere esito di scelte condivise di ruoli e rinunce maturate nel corso del matrimonio quanto al coniuge che alla cessazione del vincolo matrimoniale risulti economicamente più debole (cfr. Cass. civ., 9 agosto 2019, n. 21234).

  • Una volta accertato che lo squilibrio economico rilevante è causalmente connesso alle scelte e ai sacrifici fatti in costanza di convivenza nell'interesse della famiglia, occorre verificare se il divario possa essere superato dal richiedente l'assegno, mediante il recupero o il consolidamento della propria attività professionale (giudizio prognostico anche in considerazione dell'età del richiedente in relazione alla concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro).
  • Da ultimo si dovrà procedere alla quantificazione dell'assegno tenendo conto dei sacrifici delle aspettative professionali ed economiche fatte in ragione della realizzazione del supremo e comune interesse familiare.

La più recente giurisprudenza ha chiarito altresì che non debba essere operata una rigida bipartizione bifasica diretta a distinguere tra criteri attributivi (relativi alla fase dell'an) e criteri determinativi (relativi alla fase del quantum) dell'assegno. I parametri di cui all'art. 5, comma 6, l. n. 898/1970 costituiscono parametri equiordinati necessari per la valutazione dell'inadeguatezza dei mezzi o dell'incapacità di procurarli per ragioni oggettive in quanto rilevatori della declinazione del principio di solidarietà su cui il matrimonio si fonda.

2. La valutazione di eventuali accordi pregressi che abbiano già riequilibrare la posizione economica dei coniugi e soddisfatto l'esigenza compensativa

L'ordinanza della Suprema Corte evidenzia altresì la necessità che il Giudice, oltre a verificare l'esistenza di un nesso causale tra lo squilibrio economico accertato e il ruolo endofamiliare assunto dall'ex coniuge economicamente più debole durante la vita matrimoniale, si accerti anche se detto squilibrio sia o meno già stato compensato da eventuali attribuzioni patrimoniali di cui abbia beneficiato il coniuge economicamente più debole in costanza di matrimonio e comunque prima del divorzio.

La Corte di cassazione chiarisce infatti che sebbene l'accertamento del contributo dato dal coniuge economicamente più debole deve essere effettuato “guardando alla vita della coppia durante tutto il tempo della convivenza matrimoniale” il Giudice “non può prescindere dalla considerazione di eventuali attribuzioni o introiti che abbiano compensato il sacrificio delle aspettative professionali del richiedente l'assegno e realizzato l'esigenza perequativa sopra evidenziata”.

L'ordinanza precisa che “quando nel corso della vita matrimoniale risultino negoziati accordi tra i coniugi, che hanno comportato attribuzioni patrimoniali o elargizioni in denaro, destinate ad operare un riequilibrio tra le rispettive condizioni economiche, occorre, quindi, tenere conto delle stesse e accertare se, al momento del divorzio, vi sia ancora un significativo squilibrio patrimoniale e reddituale riconducibile al sacrificio di uno dei due, oppure no, potendosi giustificare l'attribuzione dell'assegno solo ne primo caso”

In altre parole, occorre accertare se alla luce di dette attribuzioni sussista ancora al momento del divorzio un'esigenza compensativa o se la stessa possa ritenersi già soddisfatta.

Nel caso di specie la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata per aver omesso i Giudici di merito di verificare se, quanto ottenuto in sede di accordo transattivo, avesse o meno già svolto quella funzione riequilibratrice, che altrimenti avrebbe dovuto essere demandata alla previsione dell'assegno divorzile.

Osservazioni

La pronuncia in commento è particolarmente significativa perché evidenzia l’approccio estremamente rigoroso che deve assumere il Giudice nella valutazione dei presupposti per l’attribuzione dell’assegno divorzile in funzione perequativa-compensativa dovendo lo stesso indagare anche si vi siano già state eventuali attribuzioni o introiti in favore del coniuge richiedente durante la vita matrimoniale che lo abbiano già compensato del sacrificio alle sue aspettative professionali e pertanto valutare se possa essere già stata soddisfatta l’esigenza perequativa compensativa alla cui soddisfazione mira detto assegno.

Laddove il divario economico esistente tra le parti sia già stato riequilibrato da eventuali accordi patrimoniali prevedenti raggiunti dai coniugi prima del divorzio il Giudice dovrà inevitabilmente tenerne conto e ritenerla anche condizione preclusiva al riconoscimento del diritto all’assegno divorzile eventualmente rivendicato dal coniuge richiedente.

La mancanza del significativo divario patrimoniale e reddituale potrebbe infatti dipendere da un riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi frutto di accordi negoziali pregressi che, come nel caso affrontato dalla Suprema Corte, hanno previsto attribuzioni patrimoniali o monetarie.

L’assegno di divorzio si giustifica, quindi, solo se dovesse permanere ancora uno squilibrio che non sia già stato adeguatamente compensato dalle elargizioni pattuite durante il matrimonio o comunque prima del divorzio.

In altre parole, il Giudice deve valutare, caso per caso, se, nonostante le attribuzioni patrimoniali eseguite in virtù di tali accordi, al momento del divorzio permanga ancora un significativo squilibrio economico tra i coniugi riconducibile ai sacrifici fatti da uno dei due in favore dell’altro o della famiglia.

La pronuncia della Corte è altresì importante perché riconosce e conferma la validità degli accordi finalizzati alla divisione dei beni e alla sistemazione dei reciproci rapporti economici.

L’ordinanza chiarisce infatti che il patto deve essere equo, sia al momento della redazione sia al momento della sua esecuzione. Pertanto, i patti negoziali devono provvedere adeguatamente alla tutela di entrambe le parti, considerando tutto ciò che è stato fatto dai coniugi durante il matrimonio.

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