Stress lavoro-correlato: è risarcibile il danno da forzata inattività pur in assenza di intento persecutorio?

Teresa Zappia
20 Settembre 2024

Il datore di lavoro che lasci in condizione di forzata inattività un proprio dipendente, pur in assenza dell’intento persecutorio, deve valutare anche i rischi da stress lavoro-correlato. Infatti, anche in tal caso può determinarsi un danno che il datore di lavoro è tenuto a risarcire.

È risarcibile il danno lamentato dal lavoratore per “forzata inattività” ove ciò non sia sorretto anche da un intento persecutorio?

In termini generali, l'art. 2087 c.c. pone in capo al datore dei doveri nei confronti dei lavoratori dipendenti che vanno oltre il mero rispetto delle norme di sicurezza prescritte esplicitamente, dovendo essere tutelata la salute psico-fisica anche rispetto a ogni possibile conseguenza negativa della mancanza di equilibrio tra organizzazione di lavoro e personale impiegato.

Nel caso di specie, il comportamento del datore che lasci in condizione di forzata inattività un proprio dipendente, pur se non caratterizzato da uno specifico intento persecutorio (e anche in mancanza di conseguenze sulla retribuzione), può determinare un pregiudizio sulla vita professionale e personale del lavoratore, suscettibile di risarcimento e di valutazione anche in via equitativa. Secondo quanto precisato dalla giurisprudenza di legittimità, è compito del datore valutare tutti i rischi, anche quelli da stress lavoro-correlato, in una prospettiva di progressiva rilevanza della dimensione organizzativa quale fattore di rischio per la salute dei lavoratori, con conseguente estensione dell'obbligo di sicurezza gravante sul datore ai sensi dell'art. 2087 c.c.

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