Riconoscimento dell’assegno divorzile: presunzioni e onere probatorio
18 Settembre 2024
Massima Il riconoscimento dell'assegno divorzile può basarsi su presunzioni, purché tali presunzioni siano fondate su fatti storici chiari e non contestati, come il contributo prevalente del coniuge economicamente più debole alla gestione familiare e alla cura dei figli, in combinazione con una sensibile disparità economico-patrimoniale tra le parti. Il caso La vicenda analizzata dalla Cassazione trae origine all'interno di un ordinario giudizio di divorzio avanti al Tribunale, nel quale il marito chiedeva la pronuncia della cessazione degli effetti civili del matrimonio. La moglie si costituiva in giudizio aderendo alla domanda del ricorrente, richiedendo un aumento dell'assegno di mantenimento per il figlio, un assegno divorzile in misura superiore all'assegno di mantenimento che già riceveva e la conferma del contributo alle spese straordinarie. Il giudice di prime cure pronunciava sentenza non definitiva di scioglimento del matrimonio, rimettendo la causa in istruttoria per le restanti domande. Il Tribunale considerata la sensibile sproporzione delle condizioni economiche-patrimoniali tra le parti, presumendo che la resistente avesse rinunciato ad occasioni professionali concrete e realistiche e che l'impegno della stessa profuso nella gestione del figlio e della casa coniugale avesse consentito al marito di investire le proprie energie e le proprie attenzioni nel lavoro e di consolidare i propri affari, dando un contributo alla vita familiare per circa tredici anni, riconosceva alla moglie un assegno divorzile in funzione perequativa-compensativa. Avverso tale pronuncia proponeva appello il marito, chiedendo la revoca dell'assegno divorzile, la riduzione dell'assegno di mantenimento per il figlio e la modifica delle condizioni di affidamento. La Corte d'appello, condividendo la decisione del Tribunale, rigettava il gravame proposto dalla ricorrente, rilevando, tra l'altro, che sussisteva tra le parti una rilevantissima sperequazione economico-reddituale e che l'ex moglie, di 50 anni, difficilmente poteva crescere professionalmente considerando che nel periodo tra la separazione e il divorzio si era prevalentemente dedicata alla cura del figlio anche se coadiuvata da colf e baby-sitter, era presumibile che l'ex marito avesse potuto dedicare gran parte delle sue energie all'attività lavorativa, anche grazie al maggior contributo dell'altro genitore nella gestione familiare e nell'accudimento del figlio. La Corte confermava l'assegno divorzile. Avverso tale decisione, il marito proponeva ricorso per cassazione, denunciando la violazione degli artt. 5, comma 6, l. n.898/1970 , artt. 2697, 2729,2733, c.c., art.115 c.p.c., per aver la Corte d'Appello riconosciuto l'assegno divorzile all'ex moglie, in mancanza di adeguate prove. Il ricorrente assumeva di aver sempre esortato la moglie a coltivare la propria professione, avendo la stessa la possibilità di conciliare vita professionale e vita familiare disponendo di una colf e di una baby sitter per il figlio, di aver contestato che vi fosse un accordo tra i genitori per l'impegno della madre sulla gestione familiare, che vi fosse un nesso tra accudimento del figlio e accrescimento del patrimonio familiare e conseguente perdita di opportunità lavorative per l'ex moglie. Il secondo motivo denuncia la violazione degli art. 5, comma 6, l. n. 898/70, art. 2697 c.c., art.115 c.p.c. per aver la Corte d'appello omesso di applicare i principi dettati dalla S.U. (Cass. sez. un. n. 18287/2018) circa i presupposti della funzione perequativo-assistenziale dell'assegno divorzile, prescindendo del tutto dall'allegazione e dalla prova , da parte dell'ex moglie, delle verosimili e concrete prospettive professionali e delle potenzialità residuali frustrate dalla scelta di dedicarsi all'attività domestica. Secondo il ricorrente la Corte non aveva considerato il punto della sentenza di primo grado secondo la quale sebbene non fosse provato che per scelte condivise degli ex coniugi la resistente aveva rinunciato ad occasioni professionali concrete, si era ritenuto equo riconoscere l'assegno divorzile, correlato al contributo per la formazione del patrimonio familiare. Terzo motivo per l'omesso esame di fatti decisivi con riferimento alla sussistenza del nesso causale tra il contributo alla vita familiare, la formazione del patrimonio comune e la rinuncia ad occasioni lavorative. Quarto motivo denuncia la violazione degli art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c. per aver la Corte motivato in maniera apparente circa l'impossibilità dell'ex moglie di procurarsi redditi di sussistenza. Il quinto motivo per omesso esame di fatti decisivi e motivazione mancante o apparente in ordine ai presupposti dell'assegno di mantenimento del figlio, avendo la Corte fatto riferimento unicamente alle accresciute esigenze del minore, omettendo l'accertamento del principio di proporzionalità e del tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza tra i genitori. Con sentenza (Cass. 29 maggio 2024, n. 22942), la Suprema Corte di Cassazione adita, rigettava il primo motivo dando atto che non vi potesse essere alcun travisamento rispetto alla dichiarazione del marito di aver trascorso durante il matrimonio meno tempo con il figlio per dedicarsi al lavoro, rigettava il secondo motivo osservando che la Corte d'appello aveva argomentato sulla prova presuntiva del diritto all'assegno divorzile sulla base di fatti storici e che il motivo di gravame era un tentativo di un riesame dei fatti. il terzo e quarto motivi esaminati congiuntamente, venivano parimente rigettati, in quanto diretti ad un nuovo sindacato di merito. Il quinto motivo veniva ritenuto inammissibile avendo la Corte di merito determinato il contributo al mantenimento del figlio a carico del padre considerando i redditi e il patrimonio dei genitori e le esigenze dello stesso figlio in conformità all'orientamento vigente (Cass. n. 19299/2020, Cass. 2536/2023). La questione Può una dichiarazione resa dal marito, nella quale ammette di aver trascorso meno tempo con il figlio durante il matrimonio per dedicarsi al lavoro, essere sufficiente a superare l'onere della prova per il riconoscimento dell'assegno divorzile in favore della moglie? Le soluzioni giuridiche Alla questione, la Suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 22942 del 29.05.2024, risponde affermativamente, confermando la sentenza della Corte d'appello che aveva chiaramente argomentato sulla prova presuntiva del diritto all'assegno divorzile a favore della moglie sulla base di una serie di fatti storici, mai contestati, quali la dedizione alla famiglia della moglie, l'impegno temporale del marito quasi esclusivamente al lavoro, la durata del matrimonio. Attraverso un ragionamento presuntivo si può arrivare al convincimento che la madre si era prevalentemente dedicata alla crescita del figlio fatto non contestato dal marito anche se coadiuvata da colf e baby sitter e che il marito aveva potuto dedicare gran parte delle sue energie all'attività lavorativa anche grazie al contributo maggiore della moglie alla gestione familiare e nell'accudimento del figlio. la Corte di Cassazione ha ribadito che l'assegno divorzile assolve una funzione non solo assistenziale ma anche compensativo perequativa che dà attuazione al principio di solidarietà posto a base del diritto del coniuge debole ne consegue che detto assegno deve essere riconosciuto in presenza delle precondizioni di una rilevante disparità della situazione economico patrimoniale tra gli ex coniugi non solo quando la rinuncia a occasioni professionali da parte del coniuge economicamente più debole sia il frutto di un accordo intervenuto fra i coniugi ma anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare che salvo prova contraria esprime una scelta comune tacitamente compiuta dai coniugi a fronte del contributo esclusivo o prevalente fornito dal richiedente alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge anche sotto forma di risparmio. Osservazioni La sentenza evidenzia l'importanza delle presunzioni nel processo di riconoscimento dell'assegno divorzile. Le presunzioni, se fondate su elementi oggettivi (come il contributo del coniuge alla vita familiare o la dedizione alla cura dei figli), possono costituire prova sufficiente per giustificare l'assegno. Questo segna un’ulteriore evoluzione nella giurisprudenza italiana, allineandosi a un approccio che valorizza il ruolo domestico e non lavorativo nella formazione del patrimonio familiare evidenziando come il contributo della moglie alla cura del figlio, pur se supportato da assistenti domestici, sia stato determinante per permettere al marito di dedicarsi alla carriera. Questo elemento, unito alla durata del matrimonio, ha giustificato il riconoscimento dell’assegno. |