Ignoto procedimentale: grava sulla P.A. l’onere della prova della regolarità della procedura amministrativa in virtù del criterio di “vicinanza della prova”
19 Settembre 2024
Un'organizzazione sindacale ricorreva per l'annullamento dei provvedimenti della Regione Siciliana e della Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Messina di rinnovo del Consiglio della CCIAA. L'organizzazione ricorrente aveva trasmesso alla CCIAA un'istanza di accesso agli atti ai sensi degli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 1990, per l'acquisizione degli elenchi delle imprese associate trasmessi dalle organizzazioni sindacali concorrenti per dimostrare la rappresentatività, che l'amministrazione ha riscontrato parzialmente. Pertanto, la ricorrente si riservava di articolare meglio le censure sollevate all'esito del ricorso incidentale proposto per l'accesso ai documenti ai sensi dell'art. 116 c.p.a. Infatti, con successivo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente contestava che, a seguito dell' accesso agli atti eseguito, mediante il commissario ad acta, era emerso che la CCIAA, violando i principi del soccorso istruttorio, aveva autorizzato un deposito “ex novo” dei suddetti elenchi, senza verificare la coincidenza tra gli elenchi depositati in giudizio e gli elenchi iniziali tempestivamente prodotti. Inoltre, si contestava che la CCIA non aveva svolto i controlli a campione sulle dichiarazioni sostitutive prodotte. Il Collegio ha, tra l'altro, fornito chiarimenti in particolare sull'istituto del soccorso istruttorio, previsto dall'articolo 6, comma 1, lettera b), della legge 7 agosto 1990, n. 241. Sul punto ha richiamato la propria giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2022, n. 10696) secondo la quale nel processo amministrativo la prospettazione di una censura “al buio” è ammissibile se la ricorrente non ha potuto accedere alla documentazione in possesso dell'Amministrazione e si sia riservata di articolare meglio le proprie difese al momento in cui spontaneamente, o come nella specie iussu judicis, tali documenti siano depositati in giudizio. Ciò, a condizione che dopo tale deposito, l'interessato abbia proposto rituali motivi aggiunti “propri”, rendendo concrete le questioni prospettate con l'atto introduttivo del giudizio, con l'effetto di rendere ammissibili le pertinenti censure. Nel caso di specie, la ricorrente ha depositato “al buio” il ricorso introduttivo e il primo ricorso per motivi aggiunti “impropri”, riservandosi la proposizione di successivi motivi aggiunti “propri”, per cui il predetto ricorso introduttivo e i motivi aggiunti “impropri” sono ammissibili, sebbene l'esame del Collegio abbia riguardato i motivi “aggiunti propri” che hanno assorbito le doglianze articolate “al buio”. Il Collegio ha evidenziato che il soccorso istruttorio per essere legittimamente esercitato presuppone che la carenza documentale abbia ad oggetto circostanze la cui preesistenza rispetto al termine di presentazione della documentazione sia inequivocabile o facilmente comprovabile, divenendo, in caso contrario, una forma di illegittima integrazione di qualità e requisiti partecipativi. La finalità di regolarizzare o comunque di integrare una documentazione carente propria del soccorso istruttorio trova un limite insuperabile nell'esigenza di garantire la par condicio tra i concorrenti, per cui, come nella specie, eventuali integrazioni ex post non possono essere consentite perché possono alterare il risultato elettorale, riflettendosi sull'imparzialità e la trasparenza dell'attività amministrativa, di guisa che forme di successiva integrazione. In particolare, il Collegio ha messo in evidenza che l'amministrazione ha ammesso di non aver svolto la verifica della identità degli elenchi depositati a seguito di soccorso istruttorio e quelli precedentemente inviati, in ragione dell'applicativo software in uso alla CCIA che non ne ha consentito la lettura; quindi ne è conseguita la materiale impossibilità di controllare ex post l'attendibilità e la genuinità dei dati acquisiti per un fatto imputabile alla stessa P.A. Pertanto, il Collegio ha ritenuto che, ove la legittimità di un passaggio procedimentale non sia più verificabile ex post, rimanendo sostanzialmente ignota la corretta sequenza procedimentale, in ossequio al principio di vicinanza, l'esistenza di un principio di prova addotto dalla ricorrente consente di superare la presunzione di legittimità dell'atto impugnato , riversandosi sulla P.A. il relativo onere probatorio. In definitiva il Collegio ha affermato che “nel caso in cui la ricorrente fornisca precisi argomenti e principi di prova a sostegno del motivo di ricorso volto a contestare la regolarità del procedimento amministrativo e, in particolare del soccorso istruttorio, in applicazione del principio di vicinanza dell'onere della prova spetta all'amministrazione dimostrare la legittimità dell'attività amministrativa svolta gravando su quest'ultima il rischio dell'“ignoto procedimentale”, peraltro, nel caso di specie, parzialmente imputabile alla stessa P.A .”. Da ultimo, riguardo all' assenza dei controlli sulle dichiarazioni sostitutive , il Collegio ha ritenuto irricevibile la censura con i motivi aggiunti per tardività, perché il vizio procedurale lamentato era già percepibile al tempo della proposizione del ricorso e meramente confermato in esito all'accesso. L'onere di articolare i motivi aggiunti “propri” si esercita entro il termine di 60 giorni dal momento in cui il vizio è percepibile, ai sensi dell'art. 29 c.p.a., richiamato dall'art. 43, comma 1, c.p.a.; l'eventuale ulteriore documentazione non può differire tale termine potendo costituire solo una prova del vizio dedotto. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia ha accolto il ricorso , integrato con motivi aggiunti, e, per l'effetto, ha annullato i provvedimenti impugnati. |