Risarcimento del danno e provvedimento illegittimo: il ricorrente deve provare che il bene della vita sarebbe stato di sua spettanza in assenza del provvedimento lesivo
20 Settembre 2024
Nel quadro della responsabilità aquiliana della p.a. ai sensi dell'art. 2043 c.c. l' illegittimità di un atto non è sufficiente per dimostrare la fondatezza di una domanda di risarcimento del danno , dovendo invece ricorrere tutti i presupposti di cui all'art. 2043 c.c. È necessario, oltre alla prova del comportamento doloso o colposo dell'amministrazione, un quid pluris, ossia la prova del nesso di causalità immediata e diretta tra l'illegittimità dell'atto ed il pregiudizio subito consistente nella dimostrazione che in assenza di tale provvedimento illegittimo il ricorrente avrebbe senz'altro ottenuto (o conservato) il bene della vita agognato (o posseduto), secondo un giudizio prognostico fondato su criteri di ragionevolezza. Ai sensi degli artt. 1227 c.c. e 30, comma 3, c.p.a., per la valutazione della sussistenza del nesso di causalità e per la (eventuale) quantificazione dei danni , occorre tenere conto dell'onere di cooperazione del privato, che si declina in un obbligo positivo, cioè nelle condotte, richiedibili alla stregua dei principi di solidarietà, buona fede e correttezza, finalizzate ad evitare o a mitigare il danno. In sede risarcitoria deve essere valutato complessivamente il rapporto giuridico sviluppatosi tra le parti, non potendosi fare riferimento esclusivo alla sentenza che conclude il giudizio di legittimità, dal momento che in tale sede rileva il vizio della funzione, mentre in sede risarcitoria viene in considerazione, anzitutto ai fini del riscontro della colpa, l' intero rapporto sviluppatosi tra le parti ed il complessivo comportamento delle stesse, alla luce del quadro giuridico e fattuale di riferimento. |