Obblighi retributivi: la messa in mora del datore di lavoro effettivo può essere contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio?

Teresa Zappia
01 Ottobre 2024

Non vi sono ragioni giuridiche o sistematiche per ritenere che il lavoratore debba mettere in mora il datore di lavoro effettivo (i.e. offrire la prestazione lavorativa) solo dopo, o anche dopo, la sentenza che accerta l’interposizione fittizia di manodopera.

In ipotesi di interposizione fittizia di manodopera, affinché il lavoratore possa ottenere le retribuzioni spettanti, deve mettere in mora il committente solo dopo la pronuncia della sentenza che dichiara esistente un rapporto di lavoro subordinato tra la lavoratrice e l'utilizzatore - e ordinato a quest'ultimo il ripristino del rapporto - oppure può essere già contenuta nel ricorso?

Premesso che la sentenza dichiarativa della interposizione fittizia e della esistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze dell'effettivo utilizzatore ha effetto ex tunc, ossia dall'inizio della interposizione, la messa in mora, rectius l'intimazione a ricevere la prestazione, ove contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio (ma anche in un atto separato successivo), risulta eseguita nei confronti di chi, ex post e in conseguenza della pronuncia giudiziale, deve essere considerato de iure datore di lavoro.

Pertanto, non vi sarebbe alcuna ragione di ordine giuridico e sistematico che possa fondare la necessità di operare la messa in mora solo successivamente alla sentenza suddetta, né potrebbe affermarsi l'esigenza di un'ulteriore messa in mora a fronte del persistere della condotta inadempiente (i.e. rifiuto di ricevere la prestazione), anche dopo e nonostante la sentenza. Non potrebbe, altresì, rilevare la diversa natura dell'obbligazione che viene a gravare sulla parte datoriale nei due distinti segmenti temporali: natura risarcitoria per il periodo precedente la pronunzia di illegittimità della vicenda interpositiva; natura retributiva per il periodo successivo a tale pronuncia giudiziale. Deve, quindi, ritenersi che, sebbene la sentenza e la messa in mora rappresentino gli elementi costitutivi dell'obbligo retributivo del datore effettivo, tali elementi non sono richiesti secondo una rigida e predeterminata sequenza temporale, ma unicamente come requisiti che devono concorrere al fine di fondare la pretesa del dipendente.

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