"Le immagini del rapporto obbligatorio": sintesi del seminario di studio tenutosi a Roma il 25 settembre 2024
Patrizia Gervasoni
30 Settembre 2024
Il 25 settembre 2024 si è tenuto a Roma, nell'aula Giallombardo della Corte di Cassazione, un seminario di studio dal titolo "Le immagini del rapporto obbligatorio", promosso dal Presidente dell'Associazione Civilisti Italiani Pasquale D'Ascola. Per il portale IUS/Contratti e obbligazioni lo ha seguito la Dottoressa Patrizia Gervasoni, sintetizzandone le principali tematiche affrontate.
Pubblichiamo il primo focus, cui ne seguirà un altro a completamento degli argomenti trattati durante il convegno.
Premessa
Nel seminario di studio tenutosi il 25 settembre 2024 a Roma, presso l'Aula Giallombardo della Corte di Cassazione (si veda, a tal proposito, la notizia qui pubblicata lo scorso 24 settembre), si è riflettuto sulla tematica delle “immagini” del rapporto obbligatorio, cui l'evento deve la sua rubrica, anche alla luce delle considerazioni riportate da Francesco Gambino nelle sue opere.
Di seguito si darà conto delle questioni trattate in apertura del convegno, quali l'attuale problema del metodo giuridico e dello stile politico dei vari indirizzi di pensiero, nonché del futuro del rapporto obbligatorio in generale e dell'obbligazione pecuniaria in particolare.
1. Immagini
Nel condurre una profonda e dinamica analisi sul tema, si è giunti a definire il rapporto obbligatorio “in bilico” tra categorie del passato ed incessanti novità legislative.
Poiché il diritto in generale, e quello privato in particolare, non può essere pensato senza una realtà economico-sociale, in un'epoca come quella attuale - in cui tutto è mutevole, instabile ed in costante evoluzione - esso non fa che scomporsi e ricomporsi in molteplici “immagini” normative, per l'appunto.
L'indole per così dire “irrequieta” della contemporaneità induce, dunque, a ripensare i rapporti di cooperazione nelle obbligazioni, che devono la loro nascita a concetti normativi di cui è possibile tratteggiare una storia.
È sul piano delle relazioni sociali, infatti, che il rapporto obbligatorio si staglia, per il bisogno dell'uomo di contribuire attivamente al conseguimento dei propri interessi. Del resto, come anche si legge nel trattato di Francesco Gambino, «si potrebbe affermare, con un'immagine, che non c'è frammento nel flusso della realtà che non possa essere attirato sotto le lenti dell'articolo 1173 del codice civile».
Verrebbe da distinguere, allora, tra “immagini di ieri” ed “immagini di domani”del rapporto obbligatorio, che sono rispettivamente ancora e già presenti nel nostro oggi, nel diritto della contemporaneità.
2. Le "immagini di ieri" e il problema del metodo giuridico
Per “immagini di ieri” s'intendono quelle che dall'entrata in vigore del codice civile sino ad ora hanno assunto le più diverse forme ed acceso in vario modo la sensibilità degli interpreti, manifestando nel tempo e negli innumerevoli casi linee di continuità e di discontinuità: basti pensare alle tre norme di riferimento in apertura del Libro Quarto del medesimo testo legislativo (articoli 1173-1175 c.c.), che - disciplinando le fonti delle obbligazioni, i relativi soggetti, la prestazione, la relazione tra debitore e creditore ed il comportamento secondo correttezza - designano le ragioni, la struttura ed il contenuto del vincolo nel nostro ordinamento giuridico.
Ebbene, in questo quadro fornito dalle “immagini di ieri”, le variazioni di senso che le parole hanno subìto, gli slittamenti semantici, la pluralità delle interpretazioni e la perenne dialettica nelle aule di giustizia, la complessità ed il disordine delle fonti, l'avvento del diritto civil-costituzionale, l'ipertrofica produzione normativa, sempre più settoriale e frammentata, il moltiplicarsi di regole, portanti più obiettivi che fattispecie, e l'ambiguità dei testi legislativi avvengono sulla linea di uno stesso orizzonte di senso, costruito nell'ottica di una dimensione relazionale e temporale dell'obbligazione sulle discipline offerte dal nostro ordinamento, ed hanno prodotto, quale conseguenza, una serie di ricadute (si pensi alla crisi del principio di legalità, al potenziamento del ruolo attivo della giurisprudenza, all'erosione della disciplina generale del concetto stesso di “obbligazione”), ma soprattutto forti ripercussioni metodologiche, favorendo lo sviluppo di nuovi metodi di indagine e conoscenza del diritto per decidere, più flessibili e sempre più pervasi da criteri extra-giuridici (ad esempio, principi e clausole generali, equità, lex mercatoria et similia).
D'altra parte, l'approccio positivista e dogmatico ha potuto regnare fino a che il gruppo di fonti è rimasto limitato, mentre oggi, invece, nuovi elementi sociologici, economici e tecnologici hanno dissolto il concetto di “obbligazione” e messo in crisi la teoria generale del diritto, con inevitabile perdita di centralità della scienza giuridica nella costruzione delle sue stesse categorie.
In gioco, peraltro, ci sono anche il ruolo e la responsabilità del giurista, che, costretto dall'accelerazione del progresso tecnologico ad adottare regole diverse dal passato, spesso finisce per maneggiare tali nuovi strumenti senza l'adeguata competenza.
In questo contesto, dunque, la chiave risiede nel trovare un punto d'incontro tra la necessitàdi ordine, certezza e sistematicità del metodo, da un lato, e la dinamica esigenza di rinnovamento imposta dall'evoluzione dei rapporti economico-sociali, dall'altro lato.
Al giorno d'oggi, del resto, non può esistere una sola via metodologica, essendovi piuttosto una pluralità di metodi giuridici, ciascuno dei quali frutto di una diversa concezione del diritto. Si pensi al dibattito in ordine alle fonti atipiche delle obbligazioni: in tal caso, l'interrogativo risiede (a monte) nel comprendere che cosa sia effettivamente, nel nostro ordinamento, una fonte per il diritto. Concetto che - come rileva l'Autore - si identifica, appunto, con il risultato dell'attività dell'interprete.
Il metodo giuridico, infatti, sta riducendosi, ormai, a mere tecniche di persuasione per giustificare una decisione piuttosto che l'altra e la teoria dell'argomentazione sta progressivamente prevalendo rispetto alla teoria generale del diritto.
Il che suscita non poche preoccupazioni, visto che affinare la retorica giuridica non risolve il problema di fondo della necessità di strutture costanti, razionali e ripetibili in grado di garantire la fondamentale funzione di controllo sulle decisioni, nonché, più in generale, la prevedibilità, la razionalità e la coerenza del sistema giuridico.
Il problema, in questo quadro, è l'eccessivo arbitrio dell'interprete: essendo il metodo qualcosa di normalmente implicito, che non si teorizza ma si applica per scelta valoriale, viene conseguentemente ad innestarsi uno spazio di libertà, che è dunque necessario gestire, contenere, strutturare.
Tende, poi, a svanire il rapporto tra norme e fatti: è il fatto, oggi, che governa la norma, «perché il fine viene prima della regola e la rende possibile», come spiega la Prof.ssa Elena Bellisario.
2.1 LE SOLUZIONI
Stante lo scenario delineato, possono proporsi le seguenti soluzioni metodologiche.
La prima di queste è che il giurista sia uno “storico” del diritto. A ben pensarci, in effetti, le categorie non nascono dal nulla, e per progredire è necessario anche guardarsi indietro.
Del resto, una separazione tra conoscenza giuridica e conoscenza storica porterebbe, altrimenti, il diritto «in un mare di scogli».
In secondo luogo, rispetto al passato il giurista deve avere cura di preservare un “continuum”, senza strappi né lacerazione alcuna.
Si tratta di capire, in altri termini, quel che della tradizione si possa conservare e quel che, per converso, possa lasciarsi andare, e in questo contesto di adattamento ai nuovi fenomeni normativi, la struttura concettuale dell'obbligazione rimane un punto di riferimento imprescindibile, la premessa ineludibile, nella ricerca di qualsiasi soluzione, non potendo essere relegata - come, invece, spesso accade - ad un ruolo marginale.
In terzo luogo, l'odierno giurista deve oltrepassare gli “steccati disciplinari” del diritto muovendosi trasversalmente, nonché dialogare, pur mantenendosi, nel contempo, ben ancorato alla sua disciplina.
Costui, infatti, come emerge dal pensiero di Francesco Gambino, deve prima di tutto essere consapevole dei limiti del proprio lavoro, che deve dunque costituire oggetto di controllo, verifica e dialogo.
Infine, è assolutamente necessario un confronto tra i diversi approcci metodologici.
Il pluralismo, infatti, da questo punto di vista, non è e non deve essere concepito in negativo, ma la scelta di un metodo deve essere rispettata, pur senza pretese di assolutezza rispetto agli altri.
Quando, però, un metodo può considerarsi valido, plausibile e corretto? È chiaro che l'interprete dovrà garantire piena e trasparente verificabilità, nonché rendere esplicito il percorso delle sue scelte, i relativi presupposti, le applicazioni e il fine rispetto al quale lo stesso si rivela funzionale, il tutto manifestando coerenza logica, lineare e continua.
Coerenza, che non può riguardare soltanto premesse e conclusioni del ragionamento, bensì deve valere rispetto a tutto il sistema giuridico e, appunto, alla tradizione.
3. Le "immagini di domani"
Con l'espressione “immagini di domani”, s'intende riferirsi, invece, a quelle disegnate dal diritto dell'Unione Europea, deformate dall'avvento della tecnologia digitale.
Nel rapporto obbligatorio, infatti, subentrano oggi realtà diverse ed innovative, e tra queste nuovi regimi organizzativi privati che ignorano del tutto la logica del vincolo medesimo.
In tale scenario, per la difficoltà di riattualizzare il significato delle parole - mosse da nuove fonti normative o private dell'originario contesto operativo in cui erano state concepite - i vecchi schemi si rivelano, dunque, sin da subito inevitabilmente inadeguati.
Francesco Gambino si sofferma, in particolare, sui concetti di “programma”, “debitore” e “creditore” e “moneta contante”.
Quanto al primo, si rileva che con esso - se riferito ai contratti intelligenti, in cui gli effetti si automatizzano - non risulta più possibile, ormai, alludere a quello che l'illustre giurista Angelo Falzea, nella classificazione degli atti giuridici, definiva “atto di volontà”, in cui le parti descrivono, configurano e prevedono ciò che accadrà nei loro rapporti. Nell'odierno contesto degli “smart contract”, infatti, la nozione di “programma”, pur salda nella tradizione dei nostri studi, perde il suo significato originario e si riempie di un senso inedito intriso piuttosto di algoritmi ed automatismi informatici.
Analoghi rilievi, peraltro, possono condursi intorno al concetto di “consenso”, che - colto oggi nell'azione stessa del collegarsi ad una piattaforma o ad un sito web - si risolve non più in un atto di volontà, quanto piuttosto in una mera condizione di accesso per fruire di taluni servizi nell'ambito di un sistema di assunzione del rischio, venendo ad identificarsi, pertanto, più che altro in una questione di responsabilità.
3.1 LA PROPOSTA DI REGOLAMENTO COMUNITARIO E LE NUOVE “IMMAGINI” DELLA REALTÀ
Quanto al diritto dell'Unione Europea, in particolare, l'attenzione cade sulla recente proposta di Regolamento comunitariocontenente un progetto istitutivo dell'euro digitale, forma digitale di moneta emessa dalla Banca Centrale Europea per essere utilizzata nei pagamenti al dettaglio in un'epoca di accresciuta digitalizzazione degli stessi. Progetto, a metà della sua fase preparatoria alla data dello scorso giugno 2023.
Ebbene, gli effetti automatizzati di un tale sistema finiranno inevitabilmente per mortificare ed annullare quella dialettica tra le parti al momento di attuazione del rapporto obbligatorio che è invece presupposta in svariate norme del nostro codice civile (si pensi all'eccezione di inadempimento di cui all'articolo 1460).
Detta proposta, se attuata, sarà peraltro destinata ad escludere l'iniziativa legislativa dei singoli Stati membri e senza dubbio condizionerà gli indirizzi interpretativi delle corti italiane in tema di estinzione del debito pecuniario ed in ordine ai criteri valutativi offerti dal concetto di buona fede, i quali ultimi nella proposta di regolamento sono richiamati in senso restrittivo e in relazione a circostanze del tutto eccezionali (si pensi agli indirizzi aperti alla possibilità del pagamento, a determinate condizioni, a mezzo di assegno circolare o bancario: i casi di obbligo di accettazione e di diritto di rifiuto dovranno essere giudicati con esclusivo riguardo a quanto previsto dai regolamenti europei).
Nell'immagine futura dell'obbligazione pecuniaria, inoltre, le posizioni di creditore e debitore usciranno di scena in quanto destinate ad essere sostitute dalle nuove figure del “beneficiario del pagamento” e del “pagatore”, per quest'ultimo intendendosi, tra l'altro, non più colui che “deve” pagare, bensì colui che di fatto paga.
In altri termini, il comportamento di debitore e creditore finirà per essere privato di uno spazio di rilevanza giuridica, per assumere rilievo, piuttosto, sul piano economico, in quanto tracciabile dai sistemi tecnologici di pagamento.
Si allude, insomma, ad un atto epurato dei tipici elementi rappresentati da tempo, attesa, aspettativa e logica del dover essere.
4. Conclusioni
Nello scandagliare l'inesauribile tema del rapporto obbligatorio, della sua attualità e delle prospettive future, si avvertono, insomma, tutti i pericoli che - portati con sé dall'attuale epoca - di fatto finiscono per minacciare il metodo giuridico: l'avvento della tirannia dei valori mascherata dall'interpretazione costituzionalmente orientata, la progressiva tendenza ad applicare i principi generali contro le norme di diritto vigente, il pericolo di un diritto imprevedibile nelle conseguenze, in cui il rapporto norme-fatti tende a rovesciarsi, e l'imporsi di una concezione sociologica dell'ordinamento giuridico, nella quale il caso da decidere ed il bisogno di effettività della tutela fanno da padroni, talora anche contro un'evidente formulazione letterale delle norme stesse.
A fronte di un simile scenario, per affrontare le scelte che ci attendono con maggiore consapevolezza si rende necessario tracciare un continuum tra passato e presente, rispetto al quale ultimo l'impianto sistematico della tradizione deve essere concepito non quale “gabbia”, bensì quale un «punto di innesco», come riporta il Prof. Scognamiglio.
In un contesto in cui il rapporto obbligatorio è condizionato e in balia di nuove immagini della realtà, occorrerà, peraltro, che lo studioso torni a riflettere sui rapporti di forza tra gli ordinamenti, ad interrogare le lacune della realtà tecnologica con gli strumenti della nostra cultura giuridica ed a fornire soluzioni normative.
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Sommario
2. Le "immagini di ieri" e il problema del metodo giuridico