Il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, non assorbe l’interesse a ricorrere
03 Ottobre 2024
Massima La vicinitas inerisce alla legittimazione a ricorrere e, in quanto tale, non è idonea a radicare l'ulteriore condizione dell'azione costituita dall'interesse al ricorso, che richiede l'allegazione di pregiudizi causalmente riconducibili al provvedimento impugnato. Il caso Le pronunce in esame prendono le mosse dalla impugnazione, nell'un caso, di un permesso di costruire per la costruzione di un nuovo fabbricato ad uso logistica; nell'altro, di una delibera e di una convenzione attuativa riguardanti la gestione di impianti sportivi su area gravata da servitù di uso pubblico – da parte di società titolari di aree attigue a quella interessata dall'intervento. Richiamando l'insegnamento della sentenza dell'Ad. Plen. 09/12/2021, n. 22, il Collegio ribadisce la necessità di una autonoma valutazione dell'interesse a ricorrere, da effettuarsi sulla base degli elementi desumibili dal ricorso e alla luce delle eventuali eccezioni di controparte o dei rilievi ex officio. La questione La questione giuridica sottesa alle decisioni in commento riguarda il rapporto tra il concetto di vicinitas e gli oneri allegatori e probatori in capo al ricorrente in punto di condizioni dell'azione. Il Consiglio di Stato precisa i requisiti necessari a fondare l'interesse ad agire, che va inteso e provato in via autonoma come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato. Le soluzioni giuridiche Come noto, con la famosa “decisione del chiunque” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 523/1970), il Consiglio di Stato ha negato che l'art. 10, della l. n. 765/1967 avesse introdotto un'azione popolare avverso una licenza edilizia in contrasto con le disposizioni di leggi o dei regolamenti o con le prescrizioni di piano regolatore, richiedendo sempre la sussistenza di una posizione giuridica soggettiva qualificata. Nel dibattito che ne è seguito, l'Ad. Plen. n. 22/2021 ha sposato l'orientamento secondo cui la vicinitas da sé sola non è sufficiente a fondare anche l'interesse a ricorrere, che consiste nello specifico pregiudizio derivante dall'intervento edilizio che si assume illegittimo. Tale pregiudizio può comunque ricavarsi, in termini di prospettazione, dall'insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso, suscettibili di essere precisate nel caso di contestazioni o rilievi del giudicante. In entrambe le pronunce in commento, il Collegio conferma le sentenze di inammissibilità emesse dal Giudice di primo grado, in quanto facenti corretta applicazione delle coordinate poste dalla citata sentenza dell'Adunanza Plenaria. Ribadito, infatti, che la vicinitas inerisce alla legittimazione a ricorrere e, in quanto tale, non può assorbire la dimostrazione dell'interesse al ricorso, la verifica in ordine alla sussistenza di siffatto requisito va condotta sulla base degli elementi desumibili dal ricorso, delle eventuali eccezioni di controparte o dei rilievi officiosi. In attuazione di tale insegnamento, nella sentenza n. 7371 del 3 settembre 2024, il Consiglio di Stato premette che la mera allegazione della ricorrente di essere proprietaria di terreni ricadenti nel perimetro della unità attuativa interessata dall'intervento contestato “attiene esclusivamente alla condizione della legittimazione a ricorrere (c.d. vicinitas) e non dimostra, di per sé, l'esistenza anche dell'interesse concreto ad agire, da intendersi quale utilità concreta che la società potrebbe trarre dalla caducazione del titolo impugnato”. Quanto agli ulteriori rilievi concernenti le scelte costruttive relative agli invasi per la raccolta delle acque meteoriche, il Collegio conclude che l'articolazione di contestazioni in relazione all'edificio contestato, laddove non accompagnata da puntuali allegazioni di un pregiudizio concreto e causalmente riconducibile all'intervento edilizio contestato, non è sufficiente ai fini della dimostrazione dell'interesse al ricorso. Sulla medesima scia si pone l'articolata motivazione della sentenza n. 7146 del 16/08/2024, nella quale l'impugnazione di provvedimenti concernenti la realizzazione e la gestione di impianti sportivi su un'area destinata a verde pubblico determina un'indagine più ampia del criterio della vicinitas nelle sue diverse accezioni. Al riguardo, giova premettere che alla “vicinitas edilizia”, consistente nello “stabile collegamento” tra il fondo attinto dagli effetti del provvedimento e la sfera giuridica del ricorrente, si affianca, nel caso di impugnazione di atti relativi all'apertura di una nuova attività imprenditoriale, la cd. “vicinitas commerciale”, che postula la coincidenza, totale o quantomeno parziale, del bacino di clientela. In altri termini, nell'ipotesi di impugnazione di un'autorizzazione commerciale ovvero di un titolo abilitativo ampiamente inteso, rilasciata ad altro imprenditore in concorrenza, l'unicità o identità del bacino di utenza, in quanto idonea a determinare un apprezzabile calo del volume d'affari del ricorrente, consente di ritenere soddisfatta la condizione dell'azione costituita dall'interesse al ricorso (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5 settembre 2022, n. 7704). Anche la “vicinitas commerciale”, dunque, così come l'analogo concetto di “vicinitas edilizia”, è una semplice formula riassuntiva, cui deve seguire una concreta valutazione dell'interesse ad agire. L'interesse azionabile in siffatte ipotesi è, appunto, un interesse di tipo commerciale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 29 dicembre 2023, n. 11367) e la domanda è inammissibile se finalizzata a tutelare interessi emulativi, di mero fatto o contra ius, volti nella sostanza a contrastare la libera concorrenza e la libertà di stabilimento. Nella sentenza n. 7146 in commento, il Consiglio di Stato smentisce l'impostazione della società appellante, secondo la quale la Corte di Cassazione avrebbe accolto una nozione più ampia di vicinitas, da sé sola sufficiente a radicare, in uno alla legittimazione attiva, altresì l'interesse a ricorrere. L'analisi dei precedenti richiamati dalla difesa istante (Cass. civ., Sez. Unite, 18/01/2024, n. 2000; Cass. civ., Sez. Unite, 19 marzo 2024, n. 7326) consente, infatti, di riportare ad unità il sistema, conciliando l'orientamento della citata sentenza n. 22/2021 dell'Adunanza plenaria con l'indirizzo delle Sezioni Unite. In tal senso, il Collegio evidenzia come la Corte di Cassazione, pur escludendo che la prova del pregiudizio debba essere fornita in concreto, comunque richieda una specifica allegazione dello stesso – valorizzando la circostanza che gli interessati avessero allegato, nei precedenti gradi di merito, un pregiudizio riconnesso alle opere oggetto dei provvedimenti impugnati. Ne discende che, se certamente nella dinamica dei giudizi la riflessione sulla legittimazione procede non disgiunta da quella dell'interesse e sono entrambe fortemente condizionate dalla situazione concreta allegata dalle parti e ricavabile dagli atti di causa, ai fini della dimostrazione dell'interesse ad agire occorre, quantomeno, l'affermazione di pregiudizi causalmente riconducibili al provvedimento impugnato. Tali considerazioni consentono, dunque, di confermare la decisione del Giudice di prime cure, giacché gli effetti pregiudizievoli lamentati dalla società appellante non discendono dagli atti impugnati, mentre paiono, piuttosto, riconnettersi all'attività commerciale già svolta dalla società controinteressata e ai precedenti provvedimenti che hanno autorizzato la realizzazione degli impianti sportivi nell'area. In conclusione, la mancata dimostrazione e, prima ancora, allegazione, anche in astratto, degli effetti lesivi derivanti dagli atti impugnati non consente di ritenere dimostrato l'interesse a ricorrere della società. Osservazioni Pur affermando che la Corte di Cassazione e l'Adunanza Plenaria concordano nel ritenere sufficiente una allegazione specifica del pregiudizio sofferto, nella seconda decisione in commento il Consiglio di Stato ribadisce come “la prova del pregiudizio derivante dall'insediamento della nuova impresa che si vuol contestare debba esser data in modo rigoroso, senza che esso si possa presumere, e che si debba trattare di un pregiudizio significativo”. Tale rigore nella valutazione dell'interesse a ricorrere in controversie concernenti l'apertura di una nuova attività imprenditoriale appare coerente con la posizione già assunta in Cons. Stato, Sez. IV, 29/12/2023, n. 11367 – secondo cui dall'art. 31 d.l. n. 201/2011 si deve ricavare un limite agli interessi che si possono far valere sulla base della vicinitas commerciale, e limitare quindi il ricorso alla tutela di interessi concernenti "la necessità di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali", ovvero gli unici interessi per i quali la pubblica autorità può limitare o escludere l'insediamento di esercizi commerciali. Ciò in ragione del fatto che la concorrenza è principio del sistema, sicché la prova del pregiudizio derivante dall'insediamento della nuova impresa che si vuol contestare deve esser data in modo rigoroso, non potendo consistere in un interesse di mero fatto a salvaguardia di una propria posizione già acquisita. |