Se la strada è videosorvegliata meglio formalizzare subito la richiesta delle immagini

01 Ottobre 2024

L’automobilista che resta coinvolto in un sinistro in prossimità delle telecamere comunali deve essere tempestivo nell’esercitare la sua richiesta di accesso ai filmati per non perdere le registrazioni che normalmente vengono conservate per pochi giorni.

Lo ha evidenziato il TAR Lombardia, sez. Brescia (II), con la sentenza n. 671 del 29 luglio 2024. L'acquisizione delle immagini pubbliche di videosorveglianza è regolata dalle disposizioni sul diritto d'accesso e deve essere sempre bilanciata con la disciplina sul corretto trattamento dei dati personali che tra l'altro impone una conservazione limitata nel tempo dei filmati. E non importa se il regolamento comunale fissa ulteriori limiti come il rilascio a determinate condizioni. L'unica limitazione al diritto d'accesso che può introdurre un Comune è infatti solo quella sui tempi di conservazione delle immagini.

Vediamo i fatti. Un utente stradale coinvolto in un sinistro senza feriti si è rivolto tempestivamente al comando della polizia locale di Bergamo richiedendo agli agenti di accertare la responsabilità del sinistro attraverso la visione delle telecamere di videosorveglianza. Solo a distanza di mesi dall'incidente l'automobilista ha poi proposto, senza successo, una formale istanza di accesso ai filmati. Contro il diniego del Comune l'interessato ha proposto censure al collegio il quale, pur evidenziando una serie di irregolarità procedurali, ha concluso per il rigetto del ricorso.

Certamente le immagini catturate da un sistema di videosorveglianza rientrano nella nozione di documento amministrativo, ai sensi dell'art. 22 della legge 241/1990. In riferimento alla fattispecie concreta, specifica la sentenza, «va innanzitutto ribadito che questo tribunale ritiene che la richiesta rivolta dalla ricorrente alla polizia locale, il giorno successivo al sinistro, non possa essere qualificata istanza di accesso, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 22 e ss. l. 241/1990. Difatti, nella relazione incidente stradale così si legge: mi sono quindi rivolta alla polizia locale affinché acceda alle immagini della videosorveglianza al fine di accertare la responsabilità della controparte che negava di essere transitata sull'intersezione di (…) malgrado il semaforo gli vietasse il passaggio. La richiesta non risulta formalizzata ed esorta, perlopiù, un intervento della polizia locale per ottenere l'accertamento della responsabilità del sinistro, previa ricostruzione dello stesso attraverso le videoregistrazioni. Rispetto ad un'istanza ostensiva mancherebbero i requisiti formali idonei a porre la pubblica amministrazione nella formale condizione di valutare la sussistenza dei presupposti di legge, con conseguente accertamento del relativo obbligo di provvedere».

Solo qualche mese dopo il sinistro l'automobilista ha formalizzato la sua richiesta di accesso, ma ormai era troppo tardiIl regolamento comunale prevede infatti la conservazione delle immagini solo per cinque giorni. Una tale previsione, prosegue il collegio, «appare manifestamente diretta ad evitare che i dati personali siano conservati per un tempo eccessivamente lungo. Ciò attraverso l'adozione di sistemi di minimizzazione, cioè di conservazione non oltre il tempo necessario per il raggiungimento del risultato per cui il trattamento è stato predisposto ed atti a consentire la identificazione del dato non oltre quanto necessario per il raggiungimento della finalità stessa. Difatti, dalle registrazioni tramite il sistema di videosorveglianza potrebbero venire in rilievo anche dati sensibili e comunque dati di soggetti terzi, estranei alla vicenda di volta in volta oggetto di contesa. La fattispecie, pertanto, va disciplinata alla luce del principio di temporaneità della conservazione dei dati sensibili, come desumibile dall'art. 5 del Regolamento Unione Europea 27 aprile 2016 n. 679/2016. Pertanto, la pretesa all'acquisizione delle immagini pubbliche di video sorveglianza è senz'altro legittima e possibile quando essa avviene coordinando le esigenze difensive, poste a base di chi ne invochi l'ostensione, con la necessità di salvaguardare il vincolo di temporaneità che indefettibilmente dovrà connotare la conservazione dei dati personali. In tal senso, assumerà un valore fondamentale la tempestività dell'istanza formalmente diretta ad acquisire i filmati. Nella fattispecie all'esame di questo Tribunale, l'istanza ostensiva risulta ritualmente proposta a più di quattro mesi di distanza dal sinistro, nonostante le divergenti ricostruzioni in merito alla dinamica quest'ultimo fossero evidenti già nell'immediatezza dell'evento. L'eccessivo lasso temporale intercorrente tra il sinistro e la richiesta di accesso, pertanto, rende legittima la cancellazione delle immagini».

Ma attenzione alle clausole capestro inserite nel regolamento per limitare l'esercizio del diritto d'accesso. La circostanza conclude la sentenza, «che il regolamento del Comune di Bergamo sul sistema di videosorveglianza per la sicurezza cittadina e per la disciplina dei dati personali, all'art. 4, non annoveri tra le finalità, alle quali rispondono le telecamere installate, quella di ricostruire gli incidenti stradali e le relative responsabilità non risulta dirimente. Come già correttamente rilevato da precedenti statuizioni giurisprudenziali la fonte del diritto di accesso è, infatti, la legge dello Stato da ritenersi prevalente sulla disciplina del regolamento locale. Il diritto di accesso agli atti costituisce, invero, principio generale dell'attività amministrativa ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (…). La normativa locale, pertanto, non può costituire circostanza impeditiva alla piena operatività di previsioni normative primarie».

Fonte: (Diritto e Giustizia)

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