La nuova disciplina dei contratti preliminari nel codice della crisi post-correttivo

04 Ottobre 2024

L’Autore illustra brevemente la disciplina dei contratti preliminari, soffermandosi, in particolare, sulle novità introdotte dal c.d. terzo correttivo, che hanno cercato di trovare una sintesi dei contrapposti interessi del promissario acquirente e dei creditori ipotecari, riconoscendo una piena tutela delle ragioni di credito del primo e introducendo un nuovo mezzo d’impugnazione a favore dei secondi.

Premessa

I primi due commi dell'art. 173 c.c.i.i. non sono stati modificati dal c.d. terzo correttivo. Benché la norma sia declinata al plurale, in realtà, si occupa solo del preliminare di compravendita immobiliare ma, per analogia, si ritiene debba essere applicabile a tutti i contrattati preliminari di ogni altro negozio giuridico traslativo di beni immobili.

Il legislatore ha regolamentato, con una norma specifica, i contratti preliminari di vendita immobiliare pendenti, vale a dire quelli ineseguiti da entrambe le parti, per i quali non sia stato concluso il contratto definitivo prima dell'apertura della liquidazione giudiziale, oppure non sia passata in giudicato la sentenza costitutiva prevista dall'art. 2932 c.c. (esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto). In tal modo è stata data attuazione all'art. 7 della legge-delega n. 155/2017, in base al quale il legislatore delegato avrebbe dovuto dettare un'autonoma regolamentazione del contratto preliminare, anche in relazione alla disciplina degli immobili da costruire, chiarendo, allo stesso tempo, l'ambito dei poteri del giudice delegato previsti dall'art. 108, comma 2, della legge fallimentare, in ipotesi di subentro del curatore nel contratto preliminare di vendita. Si deve ritenere che ai contratti preliminari sia applicabile la disciplina prevista dall'art. 172 c.c.i.i. in tema di contratti pendenti, relativa alla sospensione del contratto in attesa delle decisioni del curatore circa la possibilità di sciogliersi o di subentrare nel contratto, ma, come vedremo, con alcune vistose eccezioni e con alcune precisazioni suggerite dalla giurisprudenza che si era occupata specificamente dell'opponibilità della domanda di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c., trascritta prima dell'apertura della procedura di liquidazione giudiziale.

Lo scioglimento del contratto preliminare

Rimane confermato il potere del curatore di sciogliersi dal contratto preliminare anche nel caso in cui il promissario acquirente abbia non solo trascritto il contratto preliminare ai sensi dell'art. 2645-ter c.c., ma abbia anche proposto e trascritto, prima dell'apertura della liquidazione giudiziale, la domanda di esecuzione in forma specifica prevista dall'art. 2932 c.c. Tuttavia, chiarisce l'ultima parte del comma 1 dell'articolo in esame, lo scioglimento non è opponibile al promissario acquirente che risulti vittorioso nel procedimento incardinato ex art. 2932 c.c., accogliendo, in tal modo, quanto precedentemente espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, appunto, «il curatore fallimentare del promittente venditore di un immobile non può sciogliersi dal contratto preliminare ai sensi dell'art. 72 l. fall. con effetto verso il promissario acquirente ove questi abbia trascritto prima del fallimento la domanda ex art. 2932 c.c. e la domanda stessa sia stata accolta con sentenza trascritta, in quanto, a norma dell'art. 2652, n. 2, c.c., la trascrizione della sentenza di accoglimento prevale sull'iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese» (Cass. SS.UU., 16 settembre 2015, n. 18131, in Foro it., 11, I, 3488, con nota di Fabiani).

È agevole notare che il comma 2 dell'art. 173 si affretta a precisare che il curatore, benché il contratto preliminare sia stato trascritto ai sensi dell'art. 2645-bis c.c. (ovviamente prima dell'apertura della liquidazione giudiziale perché, diversamente, tale formalità sarebbe, in ogni caso, inopponibile alla massa dei creditori), ha la facoltà di sciogliersi comunque dal contratto preliminare, a nulla valendo l'efficacia prenotativa della trascrizione del contratto preliminare. Viene riconosciuto al promissario acquirente il solo diritto di far valere il proprio credito nel passivo fallimentare, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno (si tratta della vecchia questione per la quale gli atti legalmente compiuti dal curatore sono considerati atti leciti, che non possono mai dar corso ad alcun risarcimento dei danni), godendo del privilegio speciale di cui all'art. 2775-bis c.c., a condizione che gli effetti della trascrizione del preliminare non siano cessati anteriormente alla data dell'apertura della liquidazione giudiziale. Da notare che il privilegio ex art. 2775-bis c.c. è non solo l'ultimo dei privilegi sugli immobili, ai sensi dell'art. 2780, comma 1, n. 5-bis c.c., ma anche che non è opponibile ai creditori garantiti da ipoteca per i mutui concessi al promissario acquirente per l'acquisto dell'immobile in parola né ai creditori garantiti da ipoteca ai sensi dell'art. 2825-bis c.c.

La fattispecie negativa: il divieto di scioglimento

Nel comma 3 dell'art. 173 sono state introdotte alcune precisazioni più che altro di carattere formale, confermando, nella sostanza, i limiti del curatore di sciogliersi dal contratto preliminare regolarmente trascritto, tutte le volte in cui:

  1. si tratti di un immobile (recte: il contratto abbia ad oggetto un immobile) ad uso abitativo destinato a costituire l'abitazione principale del promissario acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa del promissario acquirente;
  2. perdurino gli effetti della trascrizione anteriormente alla data dell'apertura della liquidazione giudiziale;
  3. il promissario acquirente ne chieda l'esecuzione nei termini e secondo le modalità stabilite per la presentazione delle domande di accertamento dei diritti dei terzi sui beni compresi nella procedura (con evidente riferimento alla «rivendica», regolata dall'art. 210 c.c.i.i.).

Innanzitutto, va precisato che la sostituzione dell'espressione «nel termine» con il plurale «nei termini» esplicita (come risulta dalla Relazione d'accompagnamento del c.d. terzo correttivo) che la domanda del promissario acquirente volta ad ottenere l'esecuzione del contratto può essere formulata anche in via tardiva, eliminando il dubbio che essa potesse proporsi solo entro il termine previsto dalla sentenza di apertura della liquidazione giudiziale per il deposito delle domande tempestive. La possibilità di chiedere l'esecuzione del contratto preliminare nei termini più ampi riservati alla presentazione delle domande tardive non può che essere accolta con favore, consolidando, in tal modo, l'atteggiamento di maggior favore nei confronti del promissario acquirente.

Alla fine del terzo comma è stato aggiunto un secondo periodo per chiarire che il subentro del curatore avviene con l'accoglimento della domanda di ammissione al passivo.

Le novità in tema di tutela del creditore ipotecario

Il c.d. terzo correttivo ha inserito ex novo il comma 3-bis applicabile ai casi nei quali il curatore subentri nel contratto preliminare regolarmente trascritto ai sensi dell'art. 2645-bis c.c., prevedendo che il creditore ipotecario possa contestare la congruità del prezzo, dimostrando che, al momento della stipula del contratto, il valore di mercato del bene era superiore a quello pattuito di almeno un quarto (riprendendo lo stesso parametro utilizzato, in tema di revocatoria, per gli atti anormali dall'art. 166 c.c.i.i.). Se il creditore ipotecario riesce a dimostrare la sproporzione del prezzo, il contratto si scioglie e si procede alla liquidazione del bene. Il promissario acquirente può evitare lo scioglimento del contratto eseguendo il pagamento della differenza tra il prezzo contrattualmente stabilito e quello accertato giudizialmente, prima che il collegio provveda sull'impugnazione, ai sensi dell'art. 207, comma 13, c.c.i.i.

La Relazione al c.d. terzo correttivo precisa che il meccanismo appena descritto è stato previsto per evitare che il meccanismo disciplinato dal precedente comma 3 possa prestarsi ad abusi ai danni dei creditori, in particolare quelli ipotecari, che, a seguito del subentro del curatore, possono realizzare la propria garanzia limitatamente alla parte di prezzo non versata, se ancora dovuta.

 Lo strumento per proporre tale contestazione è quello dell'impugnazione di cui all'art. 206 c.c.i.i., posto che l'accertamento richiesto dal creditore ipotecario esige un'attività istruttoria non compatibile con la fase di verifica dei crediti innanzi al giudice delegato.

V'è solo da osservare che, benché il nuovo comma 3-bis si riferisca ai soli casi di subentro nel contratto da parte del curatore, determinato dall'oggetto del trasferimento (abitazione principale del promissario acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa del promissario acquirente), sembrerebbe che la tutela dei creditori ipotecari debba ricomprendere tutti i casi nei quali il curatore, per le più svariate ragioni, decida di subentrare nel contratto preliminare, apparendo, diversamente, la norma irragionevole e iniqua, proprio in ragione dei motivi illustrati dalla stessa Relazione governativa.

Il subentro del curatore e la tutela piena del promissario acquirente

Il comma 4 dell'articolo in esame è stato completamente riscritto, valorizzando, in particolare, la tutela del promissario acquirente che abbia tenuto un comportamento virtuoso. Le modifiche, come chiarito dalla stessa Relazione di accompagnamento, sono innanzitutto di mera tecnica redazionale, come per la modifica dell'incipit del comma e la riscrittura della parte finale del secondo periodo, relativa alla cancellazione delle iscrizioni gravanti sul bene trasferito al contraente.

La nuova norma, probabilmente recependo i dubbi di costituzionalità che da più parti erano stati sollevati, considera ora opponibili ai creditori tutte le somme versate al debitore prima dell'apertura della procedura (e non solo nella misura della metà dell'importo come finora), a condizione che i pagamenti siano stati fatti con mezzi pienamente tracciabili (assegni, bonifici, ecc.) ma, nello stesso tempo, conferma che l'immobile è trasferito e consegnato al promissario acquirente nello stato di fatto in cui si trova, impedendo sul nascere ogni contestazione relativa ad eventuali difformità tra quanto promesso e quanto ricevuto.

Infine, è stato espressamente confermato che il giudice delegato, una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, ordina con decreto la cancellazione dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo nonché delle ipoteche iscritte sull'immobile. Sul punto specifico, la Relazione di accompagnamento ritiene superata la dibattuta questione sulla natura della vendita, equiparando la vendita effettuata a seguito del subentro del curatore ad una vendita coattiva a tutti gli effetti, con conseguente applicazione dei poteri di cancellazione delle trascrizioni pregiudizievoli, riconosciuti dal giudice delegato dall'art. 217, comma 2, c.c.i.i.

La riscrittura del comma 4 in esame, tuttavia, non sembra aver definitivamente risolto i dubbi legati alla natura coattiva della vendita effettuata a seguito del subentro del curatore nel contratto preliminare, che sembra più connotata da principi privatistici che non pubblicisti né, tanto meno, giudiziari. È stato fatto giustamente notare che l'ipotesi della vendita a seguito del subentro del curatore è tipologicamente e strutturalmente diversa da quella che avviene a seguito di vendite competitive, che, a tutti gli effetti, sono vendite coattive, sotto il controllo dell'autorità giudiziaria, alle quali, dunque, si applica senza dubbio il potere purgativo riconosciuto al giudice delegato, ai sensi del già richiamato art. 217 c.c.i.i. Il c.d. terzo correttivo, forse, avrebbe potuto chiarire una volta per tutte la natura della vendita che avviene a seguito del subentro del curatore, senza limitarsi a una mera riscrittura dell'articolo 173, in esame.

Purtuttavia, pare di poter affermare che l'introduzione del nuovo comma 3-bis che riconosce al creditore ipotecario il potere di contestare la non congruità del prezzo a suo tempo contrattualmente previsto dal debitore ancora in bonis e dal promissario acquirente, se, da una parte, non risolve ex professo il problema legato alla natura della vendita in parola, dall'altra parte, fornisce al creditore ipotecario la possibilità di non accettare passivamente e supinamente lo status quo legato al prezzo di vendita, reagendo assertivamente, ove possibile, alla decisione del curatore, reintroducendo, in qualche misura, il controllo giudiziario sul prezzo di vendita.

In conclusione

La nuova disciplina dei contratti preliminari, seppur sostanzialmente nel solco di quella finora tracciata, tutela pienamente le ragioni dei promissari acquirenti ai quali è garantito il riconoscimento, nella loro interezza, degli acconti versati a favore del promittente venditore, all’unica, giustissima, condizione che siano stati effettuati con mezzi tracciabili. I creditori ipotecari non sono più obbligati ad accettare passivamente le decisioni assunte dal curatore subentrato nel contratto preliminare, riconoscendo loro un diritto d’impugnazione circa la non congruità del prezzo previsto nell’atto preliminare di vendita, così restituendo al giudice delegato un controllo sull’operazione di vendita. Al netto del fatto che la natura di quest’ultima non sia stata chiarita, l’intervento correttivo merita senz’altro piena condivisione.

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