Privacy e social network: le piattaforme non possono utilizzare in modo indiscriminato i dati personali ottenuti a fini di pubblicità mirata
09 Ottobre 2024
Il ricorrente contesta dinanzi ai giudici austriaci il trattamento, a suo avviso illecito, dei suoi dati personali da parte di una nota azienda specializzata in servizi di social network online . Si tratta, tra l'altro, di dati relativi al suo orientamento sessuale. L'azienda in questione raccoglie dati personali degli utenti di un noto social network, relativi alle attività di questi utenti tanto su tale social che al di fuori di esso. Si tratta, in particolare, di dati relativi alla consultazione della piattaforma online nonché di pagine internet e di applicazioni di terzi. A tal fine, l'azienda utilizza "cookie", "social plugin" e "pixel” inseriti sulle pagine Internet interessate. Visti i dati a sua disposizione, la M. P. può anche individuare l'interesse che il ricorrente manifesta relativamente a temi sensibili, come l'orientamento sessuale, e ciò le consente di rivolgergli della pubblicità mirata al riguardo. Si pone pertanto la questione se il ricorrente abbia manifestamente reso pubblici dati personali sensibili che lo riguardano, avendo comunicato in occasione di una tavola rotonda pubblica il fatto di essere omosessuale, e ne abbia quindi autorizzato il trattamento, in forza del regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). In tale contesto, la Corte suprema austriaca ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare il GDPR. In primo luogo, la Corte risponde che il principio della «minimizzazione dei dati», stabilito dal GDPR, osta a che l'insieme dei dati personali che un responsabile del trattamento, come il gestore di una piattaforma di social network online, abbia ottenuto dall'interessato o da terzi e che siano stati raccolti sia su tale piattaforma che al di fuori di essa, siano aggregati, analizzati ed elaborati ai fini di pubblicità mirata, senza limitazione temporale e senza distinzione basata sulla natura di tali dati. In secondo luogo, secondo la Corte, non è escluso che, con la sua dichiarazione in occasione della tavola rotonda in questione, il ricorrente abbia manifestamente reso pubblico il suo orientamento sessuale. Spetta alla Corte suprema austriaca verificarlo. Il fatto che una persona abbia reso manifestamente pubblico un dato riguardante il suo orientamento sessuale comporta che tale dato possa essere oggetto di trattamento, nel rispetto delle disposizioni del GDPR. Tuttavia, tale circostanza non autorizza, di per sé, il trattamento di altri dati personali relativi all'orientamento sessuale di tale persona. Pertanto, la circostanza che una persona si sia espressa sul suo orientamento sessuale in occasione di una tavola rotonda pubblica non autorizza il gestore di una piattaforma di social network online a trattare altri dati relativi all'orientamento sessuale di tale persona ottenuti, se del caso, al di fuori di tale piattaforma a partire da applicazioni e siti Internet di partner terzi, ai fini di aggregarli e analizzarli per proporre a tale persona della pubblicità personalizzata. |