Il partner di una coppia same sex e il figlio minore nato da maternità surrogata hanno diritto a percepire la pensione di reversibilità del partner/genitore deceduto?

09 Ottobre 2024

La Corte di cassazione si domanda se le disposizioni in materia di unioni civili e divieto della maternità surrogata tutelino in modo egualitario gli interessi di tutti i soggetti coinvolti, al fine di scongiurare, il più possibile, l’insorgere di situazioni discriminatorie.In altri termini, il giudice di legittimità, mediante un’ordinanza interlocutoria per la possibile rimessione della questione alle Sezioni Unite, persegue l’obiettivo di contemperare doveri talora contrapposti, ossia rispettare le leggi senza incorrere in situazioni che potrebbero qualificarsi come discriminatorie.

Massima

Necessita di composizione rispetto al dettato normativo e alle indicazioni assiologiche della Costituzione e delle Carte internazionali, al fine di garantire una tutela sistemica e non frazionata degli interessi coinvolti, la questione per cui il partner di una coppia same sex - registrata come unita civilmente in un momento successivo al decesso di uno dei due soggetti della coppia - nonché il figlio minore, nato da maternità surrogata, godano o meno del diritto a beneficiare della pensione indiretta del - rispettivamente - partner e genitore deceduto.

Il caso

La Corte d'Appello di Milano, riformando l'ordinanza impugnata, ha accertato il diritto di Tizio e del figlio minore Sempronio a percepire la pensione indiretta del defunto Caio, rispettivamente compagno unito civilmente a Tizio e padre di Sempronio.

Conseguentemente, i giudici di secondo grado hanno condannato l'Istituto preposto all'erogazione della pensione a corrispondere a Tizio e Sempronio i ratei della prestazione dovuti, a partire dal mese successivo a quello del decesso di Caio.

La Corte d'Appello ha ritenuto ammissibile la domanda di Tizio - avanzata in proprio e in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul figlio minore - di accertamento del diritto a ricevere la pensione indiretta del defunto Caio, in quanto tale decisione avrebbe, in ogni caso, assicurato la definizione del giudizio, anche senza entrare nel merito della questione discriminatoria sollevata dal ricorrente stesso.

Tizio, infatti, aveva proposto ricorso ai sensi del d.lgs. n. 216/2003 e dell'art. 28 d.lgs. n. 150/2011, al fine di ottenere l'accertamento della condotta discriminatoria in danno proprio e del figlio minore, in relazione al diniego di erogazione della pensione indiretta derivante dal decesso di Caio, nonché la conseguente attribuzione del trattamento previdenziale in questione.

La Corte d'Appello ha motivato l'accoglimento della richiesta del ricorrente avendo riguardo a un'interpretazione costituzionalmente orientata, che riconosce ai componenti di una coppia same sex gli stessi diritti e gli stessi doveri di cui godono due coniugi.

Secondo i giudici d'Appello, tra i diritti di cui deve essere destinataria una coppia omosessuale vi è anche quello del trattamento pensionistico di reversibilità, da ricondurre a quei diritti/doveri di assistenza e solidarietà propri del rapporto coniugale.

Nel caso in esame, i giudici di secondo grado hanno rilevato la stabilità della relazione affettiva tra Tizio e il defunto Caio, stabilità attestata dal matrimonio contratto negli USA il 2 novembre 2013 e, successivamente, in data 4 ottobre 2016, trascritto in Italia come unione civile.

La Corte d'Appello è giunta alle stesse conclusioni anche per il figlio minore Sempronio, riconosciuto anche dai giudici di secondo grado quale figlio anche del defunto Caio, come attestato dalla sentenza statunitense del 5 luglio 2016, trascritta in Italia l'8 maggio 2017 unitamente all'atto di nascita straniero, contenente anche il riconoscimento di paternità del defunto.

Alla luce dell'accoglimento della richiesta di Tizio, l'Istituto preposto all'erogazione del trattamento pensionistico ha presentato ricorso per Cassazione.

Con il primo motivo, l'Istituto evidenzia l'errore in cui sarebbe incorsa la Corte d'Appello laddove ha riconosciuto al partner superstite di una coppia affettiva stabile same sex il diritto alla pensione di reversibilità, nonostante il decesso fosse avvenuto prima dell'entrata in vigore della legge n. 76/2016, la quale non dispiegherebbe effetti per le relazioni precedenti alla sua entrata in vigore.

Con il secondo motivo, il ricorrente ha eccepito la contrarietà all'ordine pubblico della trascrizione della sentenza statunitense della paternità del genitore intenzionale.

Stante tale contrarietà, la Corte d'Appello, sempre secondo l'Istituto pensionistico, non avrebbe dovuto riconoscere al minore nato da maternità surrogata il diritto alla pensione indiretta del genitore intenzionale.

Il ricorrente, sul punto, ha citato una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. sez. un., 8 maggio 2019, n. 12193) con cui era stata negata la possibilità di trascrivere un provvedimento giudiziale straniero che riconosceva lo status di genitore a favore del membro di una coppia omossessuale privo di legame biologico con i minori nati da maternità surrogata.

Tizio ha replicato con controricorso, sostenendo l'inammissibilità e, in ogni caso, l'infondatezza delle doglianze avversarie e ha presentato ricorso incidentale, articolato in tre motivi.

Il primo di questi fa riferimento all'omessa pronuncia dei giudici di secondo grado sulla domanda di accertamento della discriminazione subita dal controricorrente e dal figlio minore Sempronio.

Il secondo motivo è dedicato alle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, spese che, sempre secondo Tizio, la Corte territoriale avrebbe erroneamente compensato, nonostante la totale soccombenza dell'Istituto pensionistico.

Infine, con il terzo motivo di ricorso incidentale, Tizio chiede un rinvio pregiudiziale avanti alla Corte di Giustizia dell'UE, in merito all'interpretazione della disciplina italiana sulla compensazione delle spese di lite “in caso di soccombenza totale in un giudizio che costituisce la tutela di diritti soggettivi derivati dal diritto dell'Unione”.

Secondo il controricorrente, il diritto a un processo giusto ed equo verrebbe pregiudicato dalla prassi italiana che sarebbe volta a compensare le spese di lite.

In ragione delle questioni di primaria importanza illustrate con il ricorso principale, con il controricorso, nonché con il ricorso incidentale, la Corte di cassazione ha emesso l'ordinanza interlocutoria in esame e ha rimesso gli atti alla Prima Presidente della Corte per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

La questione

La questione controversa tocca due temi molto delicati e sui quali, nel nostro paese (e non solo), si dibatte da lungo tempo, ovvero quello delle unioni civili, introdotte in Italia con la legge n. 76/2016, e quello della maternità surrogata, pratica medica vietata (e sanzionata penalmente) dall’ordinamento italiano.

La Corte di cassazione, chiede, pertanto, se sia possibile procedere a una esegesi normativa compatibile con i principi di cui agli articoli 2 e 3 della Costituzione.

Se da un lato, infatti, vi è la necessità di garantire l’osservanza delle leggi in vigore, a cui tutti i consociati e le amministrazioni si devono attenere, dall’altro lato, è necessario avere riguardo a che talune condotte, seppur in linea con le vigenti normative, non vengano qualificate come discriminatorie. 

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione evidenzia fin da subito come il ricorso principale, le argomentazioni del controricorso e il primo motivo del ricorso incidentale sfiorino - anzi, entrino “a gamba tesa” su - questioni di primaria importanza, tanto da indurla a rimettere gli atti alla Prima Presidente della Corte stessa per l'eventuale assegnazione del ricorso alla Sezioni Unite.

Il Collegio giunge a tale conclusione partendo dall'analisi del primo motivo del ricorso principale, in forza del quale, secondo l'Istituto pensionistico, i giudici di secondo grado avrebbero errato nel riconoscere al partner superstite di una coppia same sex il diritto alla pensione di reversibilità, essendo il decesso dell'altro partner avvenuto prima dell'entrata in vigore della legge n. 76/2016.

La Corte di cassazione, nell'analizzare tale motivo, richiama fin da subito il proprio precedente orientamento, basato sul principio di irretroattività ex art. 11 delle preleggi, secondo cui “La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo”.

Alla luce di tale principio, il partner superstite, legato da stabile relazione affettiva e convivenza al partner same sex deceduto prima dell'entrata in vigore della legge sulle unioni civili (5 giugno 2016), non può beneficare della pensione di reversibilità.

In tal caso, infatti, la Corte aveva cassato la decisione della Corte d'Appello di Milano, che aveva, invece, riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità al partner same sex superstite, facendo leva sull'art. 2 della Costituzione e sulla sentenza della Corte costituzionale n. 138/2010.

L'art. 2 della Costituzione dispone che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

La Corte Costituzionale, nella pronuncia citata, ha affermato che nella nozione di formazione sociale, intesa come “ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico”, deve includersi anche l'unione omosessuale, ritenuta quale “stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone - nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”.

Tuttavia, la Corte di cassazione, ribaltando l'orientamento della Corte d'Appello meneghina, ha rilevato che una simile lettura non avrebbe potuto essere applicata al caso di specie, in quanto la convivenza tra i due partner si era svolta interamente in data antecedente all'entrata in vigore della legge n. 76/2016, compreso il decesso del partner e che, per tale motivo, il partner superstite non aveva diritto a ricevere la pensione indiretta.

Sempre la stessa citata pronuncia tenta di mettere a tacere il dubbio sulla possibile incostituzionalità della mancata applicazione retroattiva della legge n. 76/2016: sempre secondo la Corte, infatti, non si può presumere che una stabile e lunga convivenza di fatto sarebbe sicuramente sfociata in un'unione civile se uno dei due partner non fosse deceduto. Per un'unione civile requisito indispensabile di legge è la formale dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile e a due testimoni (art. 1, comma 2, l. 76/2016).

Alle medesime conclusioni è nuovamente giunta la Suprema Corte con sentenza n. 8241/2022 con cui, oltre a ribadire quanto già espresso nella precedente pronuncia, esplicita come l'impossibilità di riconoscere il diritto alla pensione di reversibilità al partner same sex superstite a causa del decesso dell'altro prima dell'entrata in vigore della legge n. 76/2016non presenti profili discriminatori e non entri, dunque, in contrasto con la normativa antidiscriminatoria del diritto dell'UE.

Il Collegio giunge poi a esaminare il secondo motivo del ricorso, relativo al riconoscimento della tutela previdenziale a favore dei figli nati da maternità surrogata.

Il ricorrente chiede la riforma della sentenza della Corte d'Appello anche nel punto in cui ha riconosciuto il diritto alla pensione indiretta al minore nato da maternità surrogata.

Tale previsione, sempre secondo il ricorrente, contrasterebbe con la contrarietà all'ordine pubblico della trascrizione della sentenza straniera del riconoscimento della paternità del genitore intenzionale.

La Corte di cassazione, nell'analizzare tale motivo di ricorso, concorda con l'Istituto pensionistico, ritenendo di “innegabile rilevanza” la contrarietà all'ordine pubblico del riconoscimento della tutela previdenziale a favore dei figli nati da maternità surrogata.

In tale frangente, il Collegio, a supporto della propria affermazione, richiama la sentenza delle Sezioni Unite n. 38162/2022, in forza della quale era stata negata la possibilità di delibazione di un provvedimento straniero attestante il rapporto di filiazione con il genitore d'intenzione di un minore nato da maternità surrogata.

Secondo la Suprema Corte, il riconoscimento della co-genitorialità nei casi di coppie same sex trova un impedimento intrinseco nel divieto di surrogazione di maternità vigente nell'ordinamento italiano: il legislatore italiano, nel disapprovare ogni forma di maternità surrogata e punendo tale pratica anche penalmente, “ha inteso tutelare la dignità della persona umana nella sua dimensione oggettiva […] la riduzione del corpo della donna ad incubatrice meccanica, a contenitore di una vita destinata ad altri, ne offende la dignità, anche in assenza di una condizione di bisogno della stessa e a prescindere dal concreto accertamento dell'autonoma e incondizionata formazione del suo processo decisionale”.

È in un simile contesto che la Corte di cassazione introduce il tema della discriminazione, soffermandosi sul primo motivo del ricorso incidentale, motivo anch'esso rimesso dal Collegio alla valutazione della Prima Presidente della Suprema Corte.

Secondo il ricorrente incidentale, infatti, i giudici di secondo grado avrebbero omesso di pronunciarsi sulle domande di accertamento della discriminazione, quest'ultima derivante sia dal rifiuto opposto dall'Ente pensionistico all'erogazione della pensione indiretta sia dalla vigente normativa nazionale.

Al fine di esaminare tale delicata tematica, nonché al fine di fornire precisi spunti di riflessione, la Suprema Corte richiama una recentissima sentenza con cui la Corte costituzionale (Corte cost., 12 febbraio 2024, n. 15) ha chiarito che il giudizio antidiscriminatorio di cui all'art. 28 d.lgs. n. 150/2011è stato introdotto per tutelare il diritto a non subire discriminazioni derivanti da condotte poste in essere dai privati o dalla Pubblica Amministrazione.

Il comportamento discriminatorio, tuttavia, deve essere direttamente originato dal privato o dalla PA e non da una condotta tenuta da questi ultimi in quanto imposta dalla legge, senza, dunque, che il soggetto agente abbia la possibilità di scegliere come comportarsi.

In quest'ultimo caso, ovvero laddove sia la legge a imporre una determinata condotta che assuma, anche in via potenziale, una connotazione discriminatoria, dovrà essere sollevata apposita questione di legittimità costituzionale sulla norma di legge che il giudice ordinario adito ritenga essere la causa della natura discriminatoria della condotta tenuta o dell'atto adottato.

Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte di cassazione ha rimesso gli atti alla Prima Presidente, per far sì che l'ordinamento italiano garantisca una tutela “sistemica e non frazionata” dei plurimi interessi coinvolti (ovvero osservanza delle norme, tutela antidiscriminatoria, diritti costituzionalmente tutelati, nel caso di specie con particolare riferimento all'art. 2 Cost.).

Osservazioni

Con l'ordinanza in esame, la Corte di cassazione torna a pronunciarsi su un tema estremamente “caldo” e sentito nel nostro ordinamento, ovvero quello dei diritti delle coppie same sex.

Dopo vividi dibattiti e plurime vicissitudini, il 5 giugno 2016 è entrata in vigore la legge n. 76 che, oltre a disciplinare la materia delle convivenze, regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso, unioni che vengono, pertanto, riconosciute come specifica formazione sociale ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione.

L'unione civile può essere paragonata - seppur impropriamente - al matrimonio, ma tra due persone dello stesso sesso.

Infatti, nel momento stesso in cui ci si approccia alla lettura della legge in questione, “balzano” immediatamente all'occhio i plurimi rimandi alle norme del codice civile relative all'unione coniugale.

In particolare, tra le altre previsioni, si evidenziano:

- l'art. 1, comma 2, della suddetta legge, secondo cui “con la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall'unione civile deriva l'obbligo reciproco all'assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni”;

- il medesimo art. 1, al comma 20, contiene una clausola cosiddetta “di equivalenza”.

Tale previsione normativa enuncia che alle unioni civili tra persone dello stesso sesso si applicano le disposizioni normative e regolamentari (leggi, atti aventi forza di legge, regolamenti, atti amministrativi e contratti collettivi) che si riferiscano al matrimonio e che contengano le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti.

Come di prassi accade per temi socialmente ancora oggi giorno divisivi, all'indomani dell'entrata in vigore di una nuova normativa, anche la legge in questione non è andata esente da critiche e dubbi interpretativi, quegli stessi dubbi che hanno dato origine all'ordinanza interlocutoria, emessa dalla Suprema Corte, oggetto della presente disamina.

Tra i temi maggiormente oggetto di pareri contrastanti non può non annoverarsi l'applicazione della legge in via retroattiva per tutte quelle coppie legate da una stabile convivenza prima dell'entrata in vigore della legge n. 76/2016.

La retroattività o meno della normativa appare un punto nodale per numerose tematiche, tra cui quella del riconoscimento (o meno) del diritto a percepire la pensione di reversibilità da parte del partner superstite.

Se il partner, convivente di fatto, è deceduto in data anteriore all'entrata in vigore della normativa sulle unioni civili, il superstite ha diritto a ottenere la pensione indiretta?

La Corte d'Appello di Milano, in riforma del provvedimento di primo grado, con la sentenza n. 1005/2018, ha risposto affermativamente a tale quesito, riconoscendo il diritto del partner superstite al percepimento della pensione, sulla base dell'art. 2 della Costituzione.

Al contrario, l'adita Corte di cassazione, con sentenza n. 24694/2021, ha cassato il provvedimento della Corte d'Appello, stabilendo che la legge in esame non spiega efficacia retroattiva e, dunque, ove il decesso del partner sia intervenuto anteriormente all'entrata in vigore della normativa sulle unioni civili, il superstite non ha diritto alla pensione indiretta. 

Da ricollegare al tema dei diritti delle coppie same sex unite civilmente, vi è anche l'annoso dibattito riguardante i minori nati da maternità surrogata, nonché il loro diritto a vedere registrato sull'atto di nascita italiano il nominativo non solo del genitore biologico, ma anche del genitore intenzionale e, di conseguenza, il loro diritto a percepire la pensione indiretta del genitore d'intenzione deceduto.

La nascita di minori avvenuta all'estero con la pratica della maternità surrogata (vietata in Italia) ci pone di fronte a una profonda riflessione: fino a che punto può prevalere il dovere di salvaguardare i principi ispiratori dell'ordinamento giuridico italiano - in una materia di rilevante sensibilità sul piano etico, che mette in gioco il valore fondamentale della dignità umana – sull'essenziale diritto del minore a preservare il proprio rapporto affettivo con entrambi i soggetti che hanno condiviso la decisione di farlo venire al mondo, senza che vi osti la modalità procreativa?

In merito, è interessante ricordare la pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte n. 38162/2022, secondo cui l'atto di nascita estero dei minori nati da maternità surrogata non è automaticamente trascrivibile presso l'anagrafe italiana e, pertanto, i minori nati attraverso tale pratica possono essere riconosciuti esclusivamente ricorrendo all'istituto dell'adozione in casi particolari.

Tuttavia, tale siffatta pronuncia è da ricondursi a un caso peculiare e dirimente: la maternità surrogata.

Tale condizione, infatti, differisce dalle ordinarie procedure di fecondazione artificiale, omologa o eterologa, in quanto necessita della “collaborazione di una donna estranea alla coppia, che presta il proprio corpo per condurre a termine una gravidanza e partorire un bambino non per sé ma per un'altra persona”.

Secondo le Sezioni Unite, la sanzione penale per la pratica della maternità surrogata esprimerebbe l'elevato grado di disvalore che il nostro ordinamento attribuirebbe alla surrogazione di maternità.

Nella maternità surrogata “il bene tutelato è la dignità di ogni essere umano, con evidente preclusione di qualsiasi possibilità di rinuncia da parte della persona coinvolta”.

Per tali motivi (non unici, come sopra detto), la Corte di Cassazione, con la pronuncia appena ricordata, esclude la trascrivibilità dell'atto di nascita straniero che indichi quale genitore del minore il padre intenzionale: “L'ineludibile esigenza di garantire al bambino nato da maternità surrogata gli stessi diritti degli altri bambini nati in condizioni diverse è assicurata attraverso l'adozione in casi particolari, ai sensi della l. n. 184/1983, art. 44, comma 1, lett. d), che consente di dare riconoscimento giuridico, con il conseguimento dello status di figlio, al legame con il partner del genitore biologico che ha condiviso il progetto genitoriale e ha di fatto concorso nel prendersi cura del bambino sin dal momento della nascita”.

Tali argomentazioni, nonché le pronunce appena ricordate vanno, però, a scontrarsi con la tutela antidiscriminatoria.

Per tale motivo, la Corte di cassazione, con la pronuncia in commento, ha ritenuto fondamentale soffermarsi, ancora una volta, su tali delicate tematiche, rimettendo gli atti alla Prima Presidente, onde giungere a una pronuncia che, da un lato, garantisca l'esatta osservanza della legge e, dall'altro, non sia discriminatoria per tutti gli interessi in gioco, in primis, quello del best interest of the child (miglior interesse del bambino).

Vi lascio con un'ultima riflessione, che ognuno di noi potrà interpretare nel modo che riterrà più opportuno: non sono i minori a decidere da chi e come venire al mondo e, di conseguenza, i loro diritti non possono essere lesi da scelte di cui gli stessi non sono i protagonisti. Qualcuno, un po' prima di noi, ha detto “le colpe dei padri non ricadano sui figli”.

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