PCT: l’efficacia del deposito telematico delle prove
11 Ottobre 2024
Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte ha ribadito il principio di «non dispersione (o di acquisizione della prova)», già recentemente chiarito nel suo più Alto consesso. In particolare, la controversia nasceva dall'opposizione da parte di un'ASL ad un decreto ingiuntivo emesso da una società di cura, relativo al pagamento di una somma dovuta per servizi medici prestati nel dicembre 2008. L'Azienda sanitaria sosteneva che la Casa di Cura aveva superato il limite di spesa concordato con un precedente contratto tra le parti nell'ottobre 2008 e, pertanto, contestava parzialmente la somma ingiunta. La Corte d'Appello riformava integralmente la sentenza di primo grado e revocava integralmente il decreto ingiuntivo, ritenendo sfornita di prova l'esistenza di un valido ed efficace rapporto tra le parti, dal momento che il suddetto contratto non era stato depositato agli atti del giudizio di secondo grado. Inoltre, secondo la Corte, non era stata fornita la prova dell'accreditamento della struttura, presupposto per l'instaurazione del rapporto contrattuale. Avverso tale pronuncia, la Casa di Cura proponeva, allora, ricorso per cassazione. La Suprema Corte, contrariamente a quanto statuito in Appello, in materia di prova documentale nel processo civile, ha ricordato il principio di «non dispersione (o di acquisizione) della prova» - che opera anche per i documenti, prodotti con modalità telematiche (come il contratto nel caso di specie) o in formato cartaceo – per cui «il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un'efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio e non può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in comunicazione». Quanto alla citata questione rilevata d'ufficio in secondo grado sull'accreditamento, per i Giudici, essa non era neppure stata messa in discussione dall'ASL, la quale con l'atto di appello provava non solo la sua sussistenza ma anche il fatto che il protocollo di intesa gli era pienamente opponibile, nella sua qualità di centro provvisoriamente accreditato. In aggiunta, l'azienda sanitaria aveva dato atto dell'esistenza tra le parti di un contratto recante la disciplina del rapporto per l'anno 2008 che tra i presupposti prevedeva proprio l'accreditamento della struttura contraente. La Cassazione ha, pertanto, cassato la sentenza rinviandola alla Corte d'Appello, la quale dovrà nuovamente giudicare coerentemente ai descritti principi. (tratto da: dirittoegiustizia.it) |