Digitalizzazione delle procedure di garaFonte: D.Lgs. 31 marzo 2023 n. 36
21 Ottobre 2024
Digitalizzazione e contratti pubblici: il quadro generale Negli ultimi anni il tema della digitalizzazione dei contratti pubblici è stato al centro del dibattito e di numerosi interventi legislativi. L'argomento è ancora di stringente attualità, anche in ragione del fatto che tra gli obiettivi più rilevanti del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (PNRR) ve ne sono due di particolare importanza per il settore. Il primo è quello di «semplificare e digitalizzare le procedure delle centrali di committenza» e di «definire le modalità per digitalizzare le procedure per tutti gli appalti pubblici e concessioni» (M1C1-70). Il secondo è quello di realizzare entro il 31 dicembre 2023 un sistema nazionale di e-procurement che contribuisca alla «digitalizzazione completa delle procedure di acquisto fino all'esecuzione del contratto (smart procurement)» (M1C1-75); tale sistema deve essere interoperabile con i sistemi gestionali delle pubbliche amministrazioni e prevedere l'abilitazione digitale degli operatori economici, le sessioni d'asta digitali e il machine learning per l'osservazione e l'analisi delle tendenze. Per realizzare (anche) questi obiettivi, nonostante non siano intervenute nuove direttive europee in materia (il riferimento rimane dunque alle direttive UE 2014/23-24-25) e a distanza di pochi anni dal precedente complessivo riassetto normativo (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, il codice dei contratti pubblici adottato in attuazione delle direttive europee del 2014), il legislatore italiano ha optato per l'adozione di un nuovo codice dei contratti pubblici. Uno dei principi e criteri direttivi della legge con la quale è stato delegato il Governo ad adottare il nuovo testo (l. 21 giugno 2022 n. 78) è quello della riduzione e certezza dei tempi relativi alle procedure di gara, alla stipula dei contratti e alla loro esecuzione, anche attraverso la digitalizzazione e l'informatizzazione delle procedure, la piena attuazione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici e del fascicolo virtuale dell'operatore economico (art. 1, comma 2 lett. m), l. n. 78/2022). Il nuovo codice dei contratti pubblici è stato adottato con il d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (d'ora in avanti c.c.p.) e dedica l'intera Parte II del Libro I (artt. 19-36) alla «digitalizzazione del ciclo di vita del contratti», inteso come l'insieme di tutte le attività che si susseguono dalla programmazione fino all'esecuzione del contratto (di regola si distinguono le fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, cfr. anche l'art. 21 c.c.p.; sulle fasi delle procedure di affidamento v. la BUSSOLA, Fasi della procedura di affidamento). In effetti alcune delle disposizioni più innovative del codice dei contratti del 2023 sono proprio quelle sulla digitalizzazione. In via preliminare va osservato che con “digitalizzazione”, anche nell'ambito della disciplina dei contratti pubblici, il riferimento è a due profili differenti, per quanto connessi. Il primo è quello della digitalizzazione documentale (c.d. digitalizzazione debole), per tale intendendosi la dematerializzazione del documento amministrativo (nella sua accezione più ampia, cfr. l'art. 22 l. 7 agosto 1990 n. 241), cioè la sua formazione, conservazione, trasmissione mediante l'utilizzo delle risorse informatiche, in questo modo consentendo anche una rapida circolazione di dati e informazioni sia tra le pubbliche amministrazioni sia tra il cittadino e la pubblica amministrazione. Rispetto alla disciplina dei contratti pubblici, non si tratta, è bene specificare, della informatizzazione (e/o dematerializzazione) di singoli atti della procedura, ma di una vera e propria trasformazione dell'intero procedimento a evidenza pubblica (digitalizzazione end-to-end) fino alla completa esecuzione del contratto (smart procurement). Ciò genera (o dovrebbe generare) evidenti risultati in termini di semplificazione procedurale e di efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa. Si tratta di un obiettivo sottolineato anche dalla Relazione illustrativa al Codice a cura della Commissione speciale del Consiglio di Stato, che ha messo in risalto come la digitalizzazione end-to-end del processo di acquisto delle amministrazioni dovrebbe consentire «di ridurre notevolmente i tempi e i costi delle attività, oltre a favorire, di riflesso, la partecipazione di eventuali nuovi operatori economici alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici» (sulla digitalizzazione delle procedure per l'aggiudicazione dei contratti pubblici come preordinata alla garanzia della piena concorrenzialità e massima partecipazione alle gare, cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2024, n. 334; 9 gennaio 2024, n. 295). Il secondo profilo è quello della digitalizzazione algoritmica (c.d. digitalizzazione forte) che attiene alla automatizzazione delle decisioni amministrative, quindi in definitiva alla sostituzione della decisione umana assunta dal responsabile del procedimento o dal funzionario dell'organo competente. Tale aspetto, nel codice dei contratti pubblici del 2023, in linea con quanto previsto dal PNRR, passa soprattutto attraverso il ricorso alle procedure automatizzate; in altri termini, la digitalizzazione dell'intero ciclo di vita del contratto si realizza anche mediante l'uso di procedure automatizzate. L'art. 19, comma 7, e l'art. 30 c.c.p. sono entrambi riferiti alle procedure automatizzate, ma non risultano del tutto coordinati. Infatti, i limiti all'uso della automatizzazione procedurale previsti dall'art. 19, comma 7, cit. sembrano maggiori, in quanto la possibilità di farvi ricorso da parte delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti va valutata «in relazione al tipo di procedura di affidamento» e (soprattutto) sembra riferita alla sola «valutazione delle offerte». Il codice dei contratti pubblici previgente prevedeva unicamente, come procedura interamente automatizzata, l'asta elettronica (ora disciplinata in modo analogo dall'art. 33 c.c.p.), strutturata come «un processo elettronico per fasi successive, che interviene dopo una prima valutazione completa delle offerte e consente di classificarle sulla base di un trattamento automatico». Tale procedura automatizzata è caratterizzata da valutazioni essenzialmente vincolate sulla scorta di parametri precisi. In altri termini, in base a questi criteri le offerte possono essere valutate e classificate automaticamente dal dispositivo elettronico (c.d. principio di ponderabilità numerica; cfr. Considerando 67 dir. 2014/24/UE e ivi il riferimento, in particolare, agli elementi quantificabili che possono essere espressi in cifre o percentuali). Ora la previsione generale dell'art. 30 c.c.p., sulla scorta dell'elaborazione recente della giurisprudenza amministrativa (cfr. in particolare Cons. Stato, sez. VI, 4 febbraio 2020, n. 881; 13 dicembre 2019, n. 8472; 8 aprile 2019, n. 2270) codifica anche i principi che le decisioni assunte mediante automazione devono osservare: a) il principio di trasparenza, che viene declinato in due distinti obblighi d'informazione in capo all'amministrazione, quello di comunicare all'operatore economico che la decisione è assunta in via automatizzata e quello di rendere conoscibile l'iter logico seguito dalla macchina (la controllabilità del procedimento automatizzato è garantita anche dal comma 2 dell'art. 30, in ordine alla disponibilità del codice sorgente e di ogni elemento utile a comprenderne le logiche di funzionamento; alla garanzia di conoscibilità è affiancata, in modo condivisibile, quella di comprensibilità della logica operativa del sistema di intelligenza artificiale, soprattutto nei programmi di machine learning); b) il principio di non esclusività della decisione algoritmica, in ragione del quale deve essere garantito «nel processo decisionale un contributo umano capace di controllare, validare ovvero smentire la decisione automatizzata»; c) il principio di non discriminazione algoritmica, che impone di adottare ogni misura tecnica e organizzativa per impedire effetti discriminatori nei confronti degli operatori economici (obbligo che grava sia sul «titolare» sia sulle stazioni appaltanti ed enti concedenti, cfr. il comma 4 della stessa disposizione). In questo contesto il codice delinea anche i principi e i diritti digitali (art. 19), attraverso tre direttrici. La prima è il richiamo generico dei principi e delle disposizioni del codice dell'amministrazione digitale (d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, c.a.d.); la seconda è il richiamo alla garanzia dei diritti di cittadinanza digitale, per un riepilogo dei quali l'art. 17, comma 1-quinquies, c.a.d. rimanda alla Guida dell'Agenzia per l'Italia digitale (AgID), pubblicata sul proprio sito web (https://www.agid.gov.it); la terza è l'enunciazione espressa dei principi di neutralità tecnologica, trasparenza, protezione dei dati personali, sicurezza informatica nonché del principio dell'univocità dell'invio (once only). Rispetto a quest'ultimo principio va rilevato che la disposizione del codice esclude che le pubbliche amministrazioni possano chiedere agli operatori economici dati già forniti. In realtà il principio andrebbe inteso in modo più ampio e declinato in modo coerente rispetto alla logica di fondo, nel senso che le amministrazioni non possano chiedere dati già in proprio possesso (a prescindere dunque da un “primo invio” o una “prima comunicazione”), in ragione del fatto che molti dati degli operatori economici sono già contenuti nei registri (o albi) pubblici e nelle banche dati nazionali (cfr. già l'art. 18 l. n. 241/1990 sull'acquisizione d'ufficio dei documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi necessari per l'istruttoria e in possesso dell'amministrazione procedente o detenuti istituzionalmente da altre amministrazioni). Peraltro, i principi che devono caratterizzare (anche) le piattaforme di e-procurementsono stati indicati pure dalla Commissione Europea («Piano d'azione dell'UE per l'eGovernment 2016-2020 – Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione» - Bruxelles, 19.4.2016 - COM(2016) 179 final) e trovano oggi riscontro nell'assetto complessivo della disciplina e in disposizioni puntuali, per esempio: a) digital by default - le amministrazioni pubbliche dovrebbero erogare i servizi in formato digitale come opzione predefinita; b) interoperability by default - i servizi pubblici dovrebbero essere progettati per funzionare in tutto il mercato unico e tra i silos organizzativi; c) once only principle - i soggetti privati dovrebbero fornire le stesse informazioni una sola volta a una pubblica amministrazione; su questo principio cfr. anche quanto osservato in precedenza); d) re-usability - di fronte a un problema specifico, le amministrazioni dovrebbero cercare di trarre vantaggio dal lavoro di altri esaminando ciò che è disponibile, valutandone l'utilità o la rilevanza per il problema in questione e, se del caso, adottando soluzioni che hanno dimostrato il loro valore altrove; e) user centricity - i bisogni e i requisiti degli utenti dovrebbero guidare la progettazione e lo sviluppo dei servizi pubblici; l'opinione degli utenti dovrebbe essere sistematicamente raccolta, valutata e utilizzata per progettare nuovi servizi pubblici e migliorare quelli esistenti); f) inclusiveness and accessibility - le pubbliche amministrazioni dovrebbero progettare servizi pubblici digitali che siano inclusivi per impostazione predefinita e soddisfino esigenze diverse; g) openness & transparency - le amministrazioni pubbliche dovrebbero condividere informazioni e dati tra loro e consentire ai privati di accedere al controllo e correggere i propri dati, nonché consentire loro di monitorare i processi amministrativi che li coinvolgono; (per queste definizioni v. anche il Codice dei contratti pubblici - Atto del Governo 19, 16 gennaio 2023, Dossier n. 38 della XIX legislatura, a cura dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, in www.senato.it Più in generale, il codice dei contratti delinea un quadro in linea con la complessiva visione dell'Unione europea circa la regolazione del digitale (cfr. in particolare la «Dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali per il decennio digitale» (2023/C 23/01); Dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione europea). L'ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (e-procurement) È stato anticipato che con l'espressione digitalizzazione dei contratti pubblici non si fa riferimento semplicemente alla informatizzazione (o alla dematerializzazione) di singoli e specifici atti della procedura, ma alla complessiva trasformazione del procedimento amministrativo che precede la stipula del contratto e la sua esecuzione (procedimento digitale end-to-end). Perché la digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici sia pienamente operativa è necessario che le piattaforme digitali siano in grado di interagire con le banche dati esistenti: l'art. 21, comma 2, c.c.p. stabilisce che «le attività inerenti al ciclo di vita digitale [dei contratti pubblici] sono gestite attraverso piattaforme e servizi digitali fra loro interoperabili, come indicati all'articolo 22». Quest'ultima disposizione annovera il fulcro del processo di digitalizzazione dei contratti pubblici, il c.d. «ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (e-procurement)». La nozione di ecosistema – ritenuta evocativa della indispensabile interoperabilità delle sue componenti – trova riscontro anche nel «Piano triennale per l'informatica nella Pubblica amministrazione 2024-2026» dell'AGID, nel quale si sottolinea la necessità che «ogni singolo ente pubblico divenga un “ecosistema amministrativo digitale”, alla cui base ci siano piattaforme organizzative e tecnologiche, ma in cui il valore pubblico sia generato in maniera attiva da cittadini, imprese e operatori pubblici». In questo conteso l'AGID sottolinea come sia necessario «introdurre dei “processi digitali collettivi” basati su e-service», ovvero interfacce che scambiano dati/informazioni in maniera automatica e interoperabile (il riferimento è alle Application programming interface, c.d. API). L'interoperabilità dei sistemi informativi, al fine di consentire l'accesso digitale alle informazioni disponibili presso le diverse banche dati, è richiamata anche dal codice dei contratti pubblici, che sul punto rinvia però alle previsioni e modalità del codice dell'amministrazione digitale (cfr. art. 19, comma 4, c.c.p.). L'individuazione delle tecnologie e degli standard che le amministrazioni devono tenere in considerazione durante la realizzazione dei propri sistemi informatici, al fine di permettere il coordinamento informativo e informatico dei dati tra le amministrazioni centrali, regionali e locali, nonché tra queste e i sistemi dell'Unione europea, con i gestori di servizi pubblici e dei soggetti privati, è demandata alle Linee guida dell'AGID sull'interoperabilità tecnica delle pubbliche amministrazioni www.agid.gov.it). Peraltro, l'adeguamento degli strumenti tecnici deve essere accompagnato dall'adozione, da parte dei soggetti titolari delle banche dati, delle «necessarie misure organizzative e di revisione dei processi e dei regolamenti interni». (art. 19, comma 4, c.c.p.). Sulla interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni per permettere la collaborazione e l'interazione telematica tra queste, cittadini e imprese e per favorire l'attuazione del principio dell'once only cfr. Cons. Stato, sez. VI, 26 aprile 2024, n. 3794. Nel codice dei contratti pubblici, l'ambito dell'ecosistema viene individuato nelle piattaforme e nei servizi digitali infrastrutturali abilitanti la gestione del ciclo di vita dei contratti pubblici e nelle piattaforme di approvvigionamento digitale. La piattaforma abilitante l'ecosistema nazionale di e-procurement è la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP), presso la quale è istituito il casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ed «opera il fascicolo virtuale dell'operatore economico», che contiene tutti i dati e le informazioni utili alla verifica dell'assenza di cause di esclusione e la documentazione relativa ai requisiti posseduti dall'operatore economico (cfr. gli artt. 23 e 24 c.c.p.; su questi profili e sull'articolazione a sua volta della Banca dati nazionale in piattaforme e servizi v. amplius infra). Quanto alle piattaforme di approvvigionamento digitale, disciplinate dall'art. 25 c.c.p., esse sono rappresentate dall'insieme dei servizi e sistemi informatici utilizzati dalle stazioni appaltanti o dagli enti concedenti per la realizzazione di una o più fasi di vita del contratto pubblico (programmazione, progettazione, pubblicazione, affidamento ed esecuzione). L'ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale, inoltre, è integrato da una serie di banche dati (per esempio, registro delle imprese, anagrafe delle persone fisiche e giuridiche, ecc.); va tuttavia osservato che rispetto all'individuazione contenuta nel testo proposto dalla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato, che si basava essenzialmente sulla specificità dei dati trattati, funzionali all'espletamento dell'attività correlata al ciclo di vita dei contratti, l'art. 22, comma 3, c.c.p. fa invece generico riferimento alle basi di dati di interesse nazionale di cui all'art. 60 c.a.d., che (allo stato) però non comprendono alcune piattaforme che potrebbero essere rilevanti per il settore degli appalti e delle concessioni delle pubbliche amministrazioni (per esempio, il Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici, la Banca dati amministrazioni pubbliche, l'Archivio informatico nazionale delle opere pubbliche). La realizzazione di tutte le attività inerenti al procedimento di evidenza pubblica, dalla fase di formazione e trasmissione della documentazione di gara, a quella di svolgimento della procedura di selezione delle offerte e infine all'esecuzione del contratto, deve avvenire interamente in via digitale. Da questo punto di vista è significativa l'individuazione, ad opera dell'art. 22, comma 2, c.c.p., delle attività da svolgere mediante le piattaforme e i servizi digitali. Si tratta di un elenco ampio, che include, tra l'altro, l'accesso elettronico alla documentazione di gara, la presentazione delle offerte e del documento di gara unico europeo in formato digitale, anche attraverso la interoperabilità con il fascicolo dell'operatore economico, il controllo tecnico, contabile e amministrativo dei contratti anche in fase di esecuzione. Tale elenco, però, non va considerato tassativo, come si ricava dalla stessa disposizione (cfr. la locuzione «in particolare») e come impone la logica di fondo espressa dal codice sulla gestione di tutte le attività inerenti al ciclo di vita tramite piattaforme e servizi digitali tra loro interoperabili. La digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici passa così non solo attraverso un ripensamento complessivo e organizzativo - da parte delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti - delle procedure e degli adempimenti in ottica digitale, ma anche attraverso l'adozione celere - da parte dei diversi soggetti istituzionali coinvolti - della disciplina tecnica necessaria per la corretta attuazione delle disposizioni (cfr. l'art. 26, commi 1 e 2, c.c.p. in materia di certificazione delle piattaforme digitali, disposizioni fondamentali per il conseguimento degli obiettivi della riforma). A ciò occorre aggiungere il superamento degli ostacoli “materiali” alla digitalizzazione, quali, ad esempio, l'effettiva messa a disposizione delle infrastrutture tecnologiche necessarie e la formazione del personale dipendente al corretto uso di tali strumenti (l'art. 225, comma 2, c.c.p. dispone che tutte le disposizioni sulla digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti - ad eccezione di quelle sui sistemi dinamici di acquisizione, sulle aste elettroniche, sui cataloghi elettronici operative sin dal 1° luglio 2023 - «acquistano efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2024»). Da questo punto di vista, è significativa la proposta dell'ANAC di introdurre una disposizione transitoria che possa consentire di superare alcune difficoltà attuative relative alla piena operabilità del fascicolo virtuale dell'operatore economico in relazione alla verifica dei requisiti (cfr. amplius infra). La BDNCP come piattaforma abilitante l'ecosistema nazionale di e-procurement La BDNCP è disegnata dal codice non più solo come strumento conoscitivo relativo alla procedura di evidenza ma come mezzo per erogare servizi sia alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti sia agli operatori economici. La BDNCP, organizzativamente incardinata presso l'ANAC, svolge una serie di funzioni, essenzialmente riconducibili alla prestazione di servizi informativi. Le sezioni in cui si articola la BDNCP e i servizi ad essa collegati sono individuati (non direttamente dalla legge ma) dalla delibera ANAC 20 giugno 2023, n. 261, adottata ai sensi dell'art. 23, comma 2, c.c.p. La BDNCP si articola in sei sezioni: a) anagrafe unica delle stazioni appaltanti (AUSA); b) piattaforma contratti pubblici (PCP); c) piattaforma per la pubblicità legale degli atti; d) fascicolo virtuale dell'operatore economico (FVOE) e) casellario informatico; f) anagrafe degli operatori economici. Sia il FVOE sia l'Anagrafe degli operatori economici sono in realtà previsti dal codice dei contratti pubblici (rispettivamente all'art. 24 e all'art. 31) e rappresentano una componente essenziale della BDNCP. La Banca dati «interopera con i soggetti fruitori dei servizi da questa erogati e con i soggetti erogatori dei servizi ad essa necessari» (art. 2.2 delibera n. 261/2023 cit.), per il tramite della Piattaforma digitale nazionale dei dati (PDND). Tale piattaforma «è gestita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ed è costituita da un'infrastruttura tecnologica che rende possibile l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici» (art. 50-ter c.a.d.), Le modalità sono stabilite nelle Linee guida AGID sull'infrastruttura tecnologica della PDND per l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati; per gli enti certificanti che non rientrano tra quelli dell'art. 2, comma 2, c.a.d. (pubbliche amministrazioni, gestori di pubblici servizi, società a controllo pubblico) e non aderiscono alla PDND, le modalità sono stabilite dalle Linee guida AGID sull'interoperabilità tecnica delle pubbliche amministrazioni (cfr. l'art. 3.3 della delibera ANAC n. 262/2023). La BDNCP assicura la tempestiva pubblicazione dei dati, anche attraverso la Piattaforma unica della trasparenza (PUT) presso l'ANAC. Tale piattaforma, richiamata dall'art. 28, comma 3, c.c.p. rispetto agli obblighi di trasparenza previsti dalla medesima disposizione, è autonoma rispetto alla BDNCP (e infatti non è compresa in una delle sezioni in cui essa si articola, cfr. sopra), con la quale allo stesso tempo deve necessariamente interoperare, stando anche a quanto previsto dalla delibera n. 261/2023 cit. dell'ANAC (richiamata sul punto pure dalla delibera ANAC 20 giugno 2023, n. 264), senza tuttavia che il codice dei contratti abbia previsto funzioni e relative modalità. Le delibere dell'ANAC non chiariscono, finora, se gli obblighi di trasparenza previsti dall'art. 28 c.c.p. vadano assolti attraverso la pubblicazione, a cura della stessa Autorità, delle informazioni e dei dati ivi indicati anche sulla PUT (e non solo sulla BDNCP), con il rischio – per certi aspetti paradossale – di una duplicazione e di un aggravio degli adempimenti. Diversamente dalla PUT, la Piattaforma per la pubblicità legale degli atti (denominata anche Piattaforma per la pubblicità a valore legale degli avvisi e degli esiti di gara, PVL) è una sezione della BDNCP e costituisce lo strumento di attuazione dell'art. 27 c.c.p., disposizione preordinata a ridurre gli oneri in capo alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti, tenuti ora - a differenza che in passato - a inviare la documentazione di gara unicamente alla BDNCP. La nuova disciplina appare di semplificazione anche per gli operatori economici, che possono accedere alla documentazione più facilmente attraverso un'unica “sede digitale”. Attraverso la delibera 20 giugno 2023, n. 263 l'ANAC, in esecuzione di quanto previsto dall'art. 27, comma 4, c.c.p., ha disciplinato le modalità di attuazione della pubblicità degli atti garantita dalla BDNCP, mediante la trasmissione dei dati all'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea e la loro pubblicazione ai sensi degli artt. 84 («Pubblicazione a livello europeo») e 85 («Pubblicazione a livello nazionale») c.c.p. Anche la pubblicità a livello nazionale dei bandi e degli avvisi relativi ad affidamenti di importo inferiore alla soglia di rilevanza europea è garantita dalla BDNCP che li pubblica, sulla piattaforma per la pubblicità legale degli atti, in estratto riportando il collegamento ipertestuale di cui all'art. 85, comma 4, c.c.p. con l'indicazione della relativa data di pubblicazione. Rimane evidentemente in capo alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti la responsabilità della correttezza e della veridicità dei dati e delle informazioni contenuti negli atti trasmessi alla BDNCP ai fini della pubblicazione (cfr. anche art. 8 delibera n. 263/2023 cit.). Va infine osservato che la delibera ANAC n. 261/2023 dispone inoltre che la violazione, da parte delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti, degli obblighi previsti nel Libro I, Parte II, del codice, in materia di digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici è sanzionata ai sensi dell'art. 222, comma 3, c.c.p. e che la sottoposizione a sanzioni pecuniarie e l'eventuale recidiva sono valutate ai fini della qualificazione delle stazioni appaltanti ai sensi dell'art. 63 c.c.p. (art. 12.5). La delibera sembra fare riferimento alla previsione (lett. a) del citato comma 3, secondo la quale l'ANAC può irrogare sanzioni amministrative pecuniarie, nel rispetto dei principi di cui alla l. 24 novembre 1981, n. 689 e secondo il proprio regolamento (cfr. delibera 20 giugno 2023, n. 271), nell'ambito dell'attività di vigilanza relativa alla gestione della BDNCP. Si tratta di una previsione che deve essere interpretata alla luce del principio di legalità, particolarmente stringente in materia sanzionatoria. In altri termini, l'ANAC potrà esercitare il potere sanzionatorio (solo) rispetto alle violazioni degli obblighi espressamente previsti (per la violazione degli obblighi di trasmissione di cui all'art. 23, comma 5, c.c.p., v. l'art. 222, comma 9, c.c.p. e l'art. 12.4 della delibera ANAC n. 261/2023; per la violazione degli obblighi di trasmissione di cui all'art. 28, comma 1, c.c.p. v. l'art. 222, comma 9, c.c.p. e l'art. 8.4 della delibera ANAC n. 264/2023; sull'omissione o sul ritardo da parte delle stazione appaltanti o degli enti concedenti nell'invio dei dati, sia nella fase antecedente all'aggiudicazione, sia nella fase di esecuzione del contratto, nella BDNCP come violazione degli obblighi informativi e di comunicazione v. l'art. 3 delibera ANAC n. 271/2023). Il FVOE Come è stato anticipato il FVOE è una delle sei sezioni (necessaria) in cui si articola la BDNCP ed è espressamente previsto dal legislatore (art. 24 c.c.p.). Nel codice dei contratti del 2023, infatti, il FVOE assume una rilevanza del tutto peculiare per il sistema di e-procurement, in conformità con le previsioni della l. delega 21.06.2022, n. 78, che aveva individuato proprio nella piena attuazione di questa piattaforma (e della BDNCP) un passaggio fondamentale per la riduzione e la certezza dei tempi relativi alle procedure di affidamento. La piattaforma è lo strumento privilegiato sia di verifica, durante la procedura di affidamento, dell'assenza di cause di esclusione automatica e non automatica previste dagli artt. 94-95 c.c.p. (cfr. anche l'art. 96, commi 12 e 14, c.c.p.) e della sussistenza dei requisiti speciali di cui agli artt. 100 e 103 c.c.p. sia di controllo, durante la fase di esecuzione del contratto, della permanenza del possesso di tali requisiti (sul principio di continuità nel possesso dei requisiti generali e speciali, che «devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all'aggiudicazione definitiva e alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell'esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità» cfr. Cons. Stato, ad. plen., 20 luglio 2015, n. 8; nello stesso senso anche Cons. Stato, ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5‐6 e Cons. Stato, ad. plen., 25 maggio 2016, n. 10, e da ultimo Cons. Stato, ad. plen., 24 aprile 2024, n. 7, che ha sottolineato come il principio si desuma anche dall'art. 80, comma 6, d.lgs. n. 50/2016, ora art. 94, comma 6, c.c.p., che dispone che le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura di selezione se risulti che questi si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di esclusione). Le ricadute positive del FVOE si registrano rispetto all'attività sia delle stazioni appaltanti e gli enti concedenti sia degli operatori economici. Quanto alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti, l'acquisizione della documentazione rilevante per la procedura a evidenza pubblica risulta agevolata, soprattutto attraverso l'interoperabilità con le banche dati di altre amministrazioni. Questo è particolarmente evidente rispetto ai requisiti di ordine generale. Rimane il fatto, tuttavia, che alcune cause di esclusione (soprattutto quelle “non automatiche”) sfuggono, per loro natura, a una verifica attraverso tali modalità: è il caso, per esempio, della situazione di conflitto di interessi (cfr. art. 16 c.c.p.) non diversamente risolvibile che deriva dalla partecipazione dell'operatore economico alla procedura di affidamento (cfr. art, 95, comma 1 lett. b), c.c.p.) L'art. 24, comma 3, c.c.p. dispone che le amministrazioni competenti al rilascio delle certificazioni e delle informazioni rilevanti ai fini delle cause di esclusione automatica e non automatica garantiscono alla BDNCP - attraverso la PDND (v. retro e l'art. 50-ter c.a.d.) e l'accesso per interoperabilità alle proprie banche dati (anche sotto questo profilo risultando essenziali le Linee guida AGID, cfr. retro) - la disponibilità immediata (in tempo reale) delle informazioni e delle certificazioni digitali necessarie ad assicurare, appunto, l'intero ciclo di vita digitale dei contratti pubblici. L'inadempimento di tali prescrizioni è qualificato come violazione degli obblighi di transizione digitale ed è sanzionata dall'AGID secondo quanto previsto dall'art. 18-ter c.a.d. (cfr. art. 24, comma 3 e art. 23, comma 8 c.c.p.; l'art. 18-ter cit. prevede, tra l'altro, che tali violazioni rilevino ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comportino responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli artt. 21e 55 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165). Un altro profilo di sicura agevolazione per l'amministrazione procedente è rappresentato dalla previsione dell'art. 24, comma 3, c.c.p., che dispone che l'ANAC possa predisporre elenchi aggiornati di operatori economici i cui requisiti di partecipazione sono stati già verificati in una (altra) procedura e stabilire le modalità dell'impiego di tali accertamenti per procedure di affidamento diverse. Attraverso questi elenchi, in altri termini, la stazione appaltante o l'ente concedente che sta svolgendo la procedura di affidamento potrà controllare se i requisiti di partecipazione di un determinato operatore economico siano già stati verificati in una precedente gara. Le ricadute in termini di celerità, efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa di verifica e controllo sono (dovrebbero essere) evidenti. Quanto agli operatori economici, il FVOE produce degli effetti di agevolazione e semplificazione specialmente per quanto riguarda gli oneri di allegazione relativi ai requisiti di partecipazione. L'art. 99, comma 3, c.c.p. se, da una parte, configura come modalità ordinaria di verifica dei requisiti di ordine generale la consultazione del FVOE, dall'altra, in ossequio al principio dell'univocità dell'invio (once only), vieta di richiedere all'operatore economico dati e informazioni che siano già stati inseriti nel FVOE o che possano essere acquisiti mediante l'accesso a un'altra banca dati. Il repository consente, dunque, di esonerare gli operatori economici dal deposito, nelle diverse procedure di partecipazione alle quali concorrono, degli stessi documenti che sono già stati caricati e aggiornati sulla piattaforma. Inoltre, l'operatore economico non è più tenuto, come avveniva in precedenza, a generare il PassOE (il codice numerico che doveva acquisire e trasmettere alla amministrazione affinché quest'ultima potesse verificare in capo all'aggiudicatario il possesso dei requisiti di carattere generale e speciale dichiarati in sede di gara, mediante il sistema AVCpass), in quanto i requisiti vengono verificati direttamente dalla stazione appaltante o dall'ente concedente mediante, appunto, l'accesso al FVOE (sulla illegittimità dell'esclusione dalla procedura per mancata presentazione o incompletezza del PassOE cfr. Cons. Stato, sez. V, 22.10.2021, n. 5827; 21.08.2020, n. 5164; 16.03.2020, n. 1863). La piena operatività della nuova versione del FVOE comporta dunque la dismissione dell'uso del PassOE. Con la delibera 20 giugno 2023, n. 262 l'ANAC ha disciplinato il funzionamento del FVOE, le modalità di integrazione con gli enti certificanti e di utilizzo da parte dei soggetti abilitati, i requisiti e le cause di esclusione verificabili attraverso il FVOE e, in attuazione specifica dell'art. 24, comma 4, c.c.p. ha individuato le tipologie di dati da inserire nel FVOE a tali fini. La documentazione che deve essere caricata sul repository varia a seconda dei requisiti ed è individuata dall'ANAC attraverso l'art. 6 («Documentazione a comprova dei requisiti generali») e l'art. 7 («Documentazione a comprova dei requisiti di carattere tecnico organizzativo ed economico-finanziario e dei requisiti da verificare in capo all'aggiudicatario o in fase di esecuzione»), che rimandano ai rispettivi allegati alla delibera (allegato I – cause automatiche di esclusione; allegato II - cause non automatiche di esclusione; allegato III - requisiti speciali per la qualificazione degli esecutori di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000; allegato IV - requisiti speciali per gli esecutori di lavori pubblici di importo inferiore a 150.000 euro; allegato V - requisiti speciali per i prestatori di servizi e forniture; allegato VI - requisiti da verificare nei confronti dell'aggiudicatario e/o in fase di esecuzione). L'ANAC ha inoltre sottolineato che le funzionalità del FVOE sono soggette a evoluzioni successive, in dipendenza della progressiva implementazione dei dati resi disponibili sulla PDND da parte degli enti certificanti e che i dati e documenti che saranno progressivamente acquisiti nel FVOE sono individuati mediante aggiornamento degli allegati alla delibera n. 262/2023 cit. In modo analogo a quanto previsto per la BDNCP, i soggetti chiamati ad alimentare la piattaforma (enti certificanti, stazioni appaltanti ed enti concedenti, operatori economici) sono responsabili della correttezza, della veridicità e dell'aggiornamento dei dati e delle informazioni trasmessi. Gli operatori economici possono avanzare le proprie contestazioni nei confronti degli enti certificanti, delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti. Tuttavia, i dati e le informazioni oggetto di contestazione restano disponibili nel FVOE fino alla eventuale rettifica, intervenuta anche a seguito di provvedimenti di annullamento o sospensione cautelare dell'efficacia intervenuti in sede giudiziale. L'inserimento di falsa documentazione da parte degli operatori economici è valutato dall'ANAC ai sensi dell'art. 96, comma 15, c.c.p., per l'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto (cfr. art. 94, comma 5 lett. e), c.c.p.), per un periodo fino a due anni (cfr. art. 9 delibera n. 262/2023). La medesima delibera n. 262/2023 cit. prevede anche le “sanzioni” (art. 11), nel caso di violazione delle disposizioni volte a garantire la piena funzionalità del FVOE, sia per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti sia per gli operatori economici (si tratta di una previsione che ricalca – per certi aspetti specifica - quella di ordine più generale di cui all'art. 12 delibera ANAC n. 261/2023, v. sopra). Rispetto ai primi, la delibera ANAC, «fatte salve le sanzioni individuate nel provvedimento di cui all'art. 23» (si dovrebbe trattare del comma 8 e del potere dell'AGID di cui all'art. 18-bis c.a.d., v. retro), qualifica tale condotta come violazione del principio di buona fede e di tutela dell'affidamento di cui all'art. 5 c.c.p., «con conseguente responsabilità, anche civile, per i danni subiti dall'operatore economico». Rispetto ai secondi, la delibera ANAC prevede (più che di una “previsione” si tratta meglio di una “ricognizione” in questo caso) che gli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell'ente concedente di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento sono sanzionati ai sensi dell'art. 222, comma 13, c.c.p. (che attribuisce ad ANAC il potere di irrogare sanzioni amministrative, nel rispetto dei principi di cui alla l. 24 novembre 1981, n. 689, nei confronti - tra gli altri - proprio degli operatori economici che non ottemperano alla richiesta di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento). Rispetto alla verifica dei requisiti di partecipazione riferiti a dati e informazioni non accessibili (o non ancora accessibili) attraverso il FVOE, soprattutto in relazione all'art. 17, comma 5, c.c.p. che impone tale verifica prima di procedere alla aggiudicazione, l'ANAC ha rilevato di avere ricevuto numerose segnalazioni (anche da parte degli stakeholder) di ritardi e mancati riscontri da parte degli enti certificanti rispetto alle richieste. Per tali fattispecie occorre procedere alla verifica direttamente presso gli enti emittenti (cfr. art. 12.4 delibera ANAC n. 262/2023 cit., che richiama l'art. 40, comma 1, e l'art. 71, comma 2, d.P.R. 28 dicembre 2000, n, 445). In ragione del fatto che i termini per l'aggiudicazione previsti dal codice dei contratti non consentono di rinviare l'aggiudicazione in attesa del ricevimento di riscontri (cfr. all. I.3 c.c.p.) e che le ipotesi in cui è consentito alla stazione appaltante di dare esecuzione al contratto in presenza di determinate ragioni di urgenza (cfr. art. 17, commi 8 e 9, c.c.p.) sono da considerarsi eccezionali, alla luce della necessità di un contemperamento tra le due opposte esigenze del rispetto delle tempistiche previste dal codice per l'affidamento (principio del risultato) e dell'aggiudicazione solo previa verifica positiva dei requisiti, l'ANAC ha suggerito, nelle more della piena attuazione del FVOE, una modifica che consenta di procedere all'aggiudicazione decorsi 30 giorni dalla richiesta delle verifiche, allo stesso modo di come avviene già per la documentazione antimafia e per gli appalti PNRR (la tabella dell'ANAC in cui sono elencate le criticità e le proposte emendative al codice dei contratti pubblici del 2023 è disponibile suwww.anticorruzione.it). Le piattaforme digitali di approvvigionamento Le piattaforme digitali di approvvigionamento interoperano con i servizi erogati dalla BDNCP secondo le regole tecniche stabilite da AGID nel provvedimento «Requisiti tecnici e modalità di certificazione delle Piattaforme di approvvigionamento digitale», adottate ai sensi dell'art. 26 c.c.p. La lex specialis non può porre, a pena di illegittimità, eventuali oneri o costi connessi alla gestione della piattaforma digitale a carico dei concorrenti o dell'aggiudicatario. In questo senso dispone ora chiaramente in via generale l'art. 25, comma 4, c.c.p., mentre l'analogo divieto previsto dall'art. 41, comma 2-bis, del codice dei contratti previgente era testualmente riferito alle (sole) piattaforme telematiche di negoziazione (per un caso di contestato corrispettivo indiretto per il costo della piattaforma telematica cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 marzo 2022, n. 1782). Secondo l'art. 25, comma 3, c.c.p. le stazioni appaltanti e gli enti concedenti non dotati di una propria piattaforma di approvvigionamento digitale si avvalgono delle piattaforme messe a disposizione da altre stazioni appaltanti o enti concedenti, da centrali di committenza o da soggetti aggregatori, da regioni o province autonome, che a loro volta possono ricorrere a un gestore del sistema che garantisce il funzionamento e la sicurezza della piattaforma. Le piattaforme devono essere certificate dall'AGID ai fini dell'integrazione con i servizi della Banca dati nazionale dei contratti pubblici (art. 26 c.c.p.) L'ANAC ha in più occasioni ribadito (cfr. da ultimo il comunicato del 1° gennaio 2024) che l'obbligo di ricorrere esclusivamente a piattaforme di approvvigionamento digitale certificate dipende dal fatto che solo queste ultime fanno parte dell'ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale e sono pertanto le uniche che possono scambiare dati e informazioni con la BDNCP. Per tale ragione, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono utilizzare le piattaforme di approvvigionamento digitale che hanno compiuto il processo di certificazione. L'AGID ha anche specificato che le piattaforme possono ottenere la certificazione per una o più fasi del ciclo di vita del contratto (una sorta di “certificazione modulare”) e la stazione appaltante o l'ente concedente può utilizzare una o più piattaforme nell'ambito della gestione del ciclo di vita del medesimo contratto (FAQ Regole tecniche: «Requisiti tecnici e modalità di certificazione delle Piattaforme di approvvigionamento digitale», pubblicate con determinazione 1° giugno 2023, n. 137). In altri termini, la stazione appaltante o l'ente concedente può utilizzare, per ogni fase del ciclo di vita del medesimo contratto, una piattaforma diversa. Il registro piattaforme certificate (RPC), curato e gestito dall'ANAC, contiene l'elenco delle piattaforme di approvvigionamento digitale che hanno ottenuto la certificazione per una specifica fase del ciclo di vita dei contratti pubblici (art. 26, comma 3, c.c.p.). Anche dall'art. 25, comma 3, c.c.p. sopra citato si ricava lo stretto legame tra la digitalizzazione e l'aggregazione-centralizzazione delle committenze (ai sensi dell'art. 1 all. I.1 c.c.p. la «centrale di committenza» fornisce attività - per esempio, l'aggiudicazione e la stipula di contratti e accordi quadro - in favore di altre stazioni appaltanti o enti concedenti e, se del caso, supporto all'attività di committenza), in linea con l'evoluzione della legislazione degli ultimi venti anni, legame inizialmente connesso anche a esigenze di contenimento della spesa pubblica. Ai sensi dell'art. 62, comma 7, c.c.p., le centrali di committenza e i soggetti aggregatori (amministrazioni che forniscono attività di centralizzazione delle committenze, cfr. l'art. 9 d.l. 24 aprile 2014, n. 66) istituiscono e gestiscono, in relazione ai requisiti di qualificazione posseduti, determinati strumenti telematici di acquisto e di negoziazione (non sembra che una previsione analoga valga per altri soggetti). Questa disposizione esprime un rafforzamento del rapporto tra centralizzazione e digitalizzazione delle procedure di affidamento, anche attraverso la previsione di un dovere (la nuova formulazione è infatti più stringente della precedente di cui all'art. 37, comma 7, d.lgs. n. 50/2016). Se, come è stato osservato in premessa, le disposizioni sulla digitalizzazione dell'intero ciclo di vita dei contratti rappresentano una novità, va sottolineato che l'esperienza specifica delle piattaforme digitali di acquisto e di negoziazione è una realtà consolidata oramai da qualche anno. Tra gli strumenti telematici di acquisto e di negoziazione di maggiore impatto, anche per rilevanza economica significativa assunta in modo crescente negli ultimi anni, occorre annoverare il mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA) e il sistema dinamico di acquisizione della pubblica amministrazione (SDAPA), gestiti entrambi dalla Concessionaria servizi informativi pubblici (CONSIP), società per azioni - partecipata al 100% dal Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) - che opera in qualità di centrale di committenza. A differenza di quello del 2016 (art. 3, comma 1 lett. bbbb) e art. 36), il codice dei contratti pubblici del 2023 non sembra più poter costituire il punto di riferimento normativo per il MEPA: l'unico richiamo espresso, infatti, si rinviene nell'allegato II.1 («Elenchi degli operatori economici e indagini di mercato per gli affidamenti di contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea»), che si riferisce agli elenchi degli operatori economici presenti nel MEPA quali strumenti di ausilio per le stazioni appaltanti (a differenza dell'art. 50 c.c.p. per i contratti d'appalto, per quelli di concessione di importo inferiore alla soglia europea, l'art. 187 c.c.p. non rinvia – quanto alla gestione degli elenchi e delle indagini di mercato – all'allegato II.1) per la selezione dei soggetti da invitare a presentare un'offerta per i contratti “sottosoglia” (l'art. 1, comma 3 lett. c), all. II.1, dispone che le stazioni appaltanti possono dotarsi, nel rispetto del proprio ordinamento, di un regolamento in cui sono disciplinati, tra gli altri profili, «i criteri di scelta dei soggetti da invitare a presentare offerta a seguito di indagine di mercato o attingendo dall'elenco degli operatori economici propri o da quelli presenti nel Mercato Elettronico delle Pubbliche Amministrazioni o in altri strumenti similari gestiti dalle centrali di committenza di riferimento»; sull'utilizzo del MEPA - cioè dei fornitori abilitati in tale mercato – per l'individuazione degli operatori economici da invitare alle procedure negoziate cfr. il parere del MIT del 18 luglio 2024, n. 2508). Un riferimento al mercato elettronico in generale è invece previsto sia dall'art. 62 c.c.p., sulla aggregazione e centralizzazione delle committenze (v. sopra), sia dall'art. 3, lett. cc) e lett. dd), all. I.1 c.c.p., in relazione cioè agli strumenti di acquisto e di negoziazione delle centrali di committenza. È opportuno ricordare che gli strumenti telematici di negoziazione e gli strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate sono utilizzati autonomamente sia dalle stazioni appaltanti qualificate (cfr. art. 62, comma 5 lett. e) e f), c.c.p.), sia dalle stazioni appaltanti non qualificate (cfr. art. 62, comma 6 lett. c) e d), c.c.p.; per l'affermazione che nessuna qualificazione è richiesta per la stipulazione del contratto, che non costituisce una fase della procedura di affidamento, cfr. il parere ANAC 25 settembre 2024, n. 50, che richiama anche la propria delibera 25 maggio 2024, n. 255). Sotto questo secondo profilo, nonostante alcune differenze - per esempio, sono assenti le definizioni di sistema telematico, strumenti telematici di acquisto e di negoziazione, mercato elettronico - le coordinate dell'assetto normativo sono abbastanza definite; gli strumenti di acquisizione si distinguono in: a) strumenti di acquisto, che non richiedono apertura del confronto competitivo. Tra gli strumenti di acquisto rientra, tra gli altri, anche il mercato elettronico realizzato da centrale di committenza nel caso di acquisti effettuati a catalogo. b) strumenti di negoziazione, che richiedono apertura del confronto competitivo. Tra gli strumenti di negoziazione rientrano, tra gli altri, sia il sistema dinamico di acquisizione realizzato da centrali di committenza (su cui infra) sia il mercato elettronico realizzato da centrali di committenza nel caso di acquisti effettuati attraverso confronto concorrenziale. Inoltre, in relazione alla disciplina applicabile ai contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, l'art. 48, comma 3, c.c.p. stabilisce che restano fermi gli obblighi di utilizzo degli strumenti di acquisto e di negoziazione previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa. Dunque, rimane confermata, se pure indirettamente, la centralità del MEPA come strumento di acquisto e di negoziazione che consente acquisizioni basate su un sistema che attua procedure di scelta del contraente interamente gestite per via telematica. Il MEPA - cui si accede attraverso la piattaforma certificata «Acquisti in Rete PA» - è un vero e proprio mercato digitale in cui le pubbliche amministrazioni registrate possono consultare un catalogo elettronico (cfr. l'art. 34 c.c.p. «Cataloghi elettronici» e l'art. 34 «Formazione e pubblicazione del Catalogo» delle «Regole del sistema di e-procurement della pubblica amministrazione», CONSIP, dicembre 2023), confrontare e acquistare beni e servizi offerti dagli operatori. Questo strumento permette l'acquisto online di beni e servizi con caratteristiche standard, acquisti ripetitivi e/o per volumi ridotti. Il MEPA può avere natura di strumento di acquisto, cioè non richiedere l'apertura del confronto competitivo nel caso di acquisti effettuati sulla piattaforma dall'amministrazione per il tramite di un catalogo. Diversamente, assume la natura di strumento di negoziazione, richiedendo l'apertura di un confronto competitivo, allorquando l'amministrazione effettui acquisti sulla piattaforma con strumenti che comportano un confronto concorrenziale. Non è la centrale di committenza CONSIP a negoziare e aggiudicare per conto dei soggetti interessati: sono invece le stazioni appaltanti a farlo in autonomia utilizzando la piattaforma della centrale di committenza. Il sistema dinamico di acquisizione può essere inteso come un “mercato digitale” di acquisti di beni e servizi e lavori che, a differenza del mercato elettronico, può essere utilizzato dall'amministrazione per l'aggiudicazione di contratti pubblici sia di importo superiore sia di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea. Inoltre, il sistema dinamico di acquisizione è uno strumento attraverso il quale le stazioni appaltanti non si riferiscono a un catalogo per procedere agli acquisti, ma devono svolgere tramite il c.d. appalto specifico una vera e propria procedura competitiva nell'ambito di un bando gestito dalla centrale di committenza. Anche il codice dei contratti pubblici del 2023 (in precedenza cfr. art. 55, comma 14, d.lgs. n. 50/2016), stabilisce che il MEF, anche avvalendosi di CONSIP, possa provvedere alla realizzazione e gestione di un sistema di acquisizione per conto delle stazioni appaltanti (art. 32, comma 14, c.c.p.). In generale, la disposizione rappresenta la trasposizione fedele dell'art. 34 dir. n. 24/2014 UE, con l'unica novità rappresentata dal comma 15), in linea con l'art. 1, comma 586, l. 27 dicembre 2019, n. 160, che ha previsto che gli accordi quadro, nonché le convenzioni-quadro di cui all' art. 26 l. 23 dicembre 1999, n. 488 (che si caratterizzano per essere degli accordi quadro con condizioni tutte fissate da CONSIP e dai soggetti aggregatori, quali strumenti di acquisto per le amministrazioni di riferimento), possano essere aggiudicati mediante procedura svolta nell'ambito del sistema dinamico di acquisizione. Negli ultimi anni il sistema dinamico di acquisizione gestito da CONSIP (lo SDAPA appunto) ha assunto una rilevanza economica significativa. Si tratta un processo di acquisizione interamente elettronico, per acquisti di uso corrente, le cui caratteristiche siano conformi alle esigenze di una stazione appaltante, aperto per tutta la sua durata a qualsivoglia operatore economico che soddisfi i criteri di selezione. Può essere suddiviso in categorie definite di prodotti, lavori o servizi sulla base delle caratteristiche dell'appalto da eseguire (ai sensi dell'art. 32, comma 1, c.c.p. «tali caratteristiche possono comprendere un riferimento al quantitativo massimo ammissibile degli appalti specifici successivi o a un'area geografica specifica in cui gli appalti saranno eseguiti».). Allo stesso modo del MEPA, anche in questo caso non è la centrale di committenza a negoziare e aggiudicare per conto delle stazioni appaltanti, ma sono queste ultime a farlo in autonomia utilizzando la piattaforma della centrale di committenza. Casi e questioni - il “contenzioso digitale” Si è già osservato che l'esperienza specifica delle piattaforme digitali di acquisto e di negoziazione è, per certi aspetti, una realtà consolidata oramai da qualche anno, ben prima dell'emanazione del codice dei contratti pubblici del 2023. Ciò spiega il fatto che la giurisprudenza amministrativa sia relativamente ampia su diversi profili che attengono alle procedure per l'aggiudicazione di contratti pubblici svolte tramite piattaforme digitali. Qui è possibile richiamare solo alcune delle pronunce maggiormente significative:
E' evidente che alcune affermazioni della giurisprudenza potranno essere oggetto di ulteriore articolazione in ragione delle nuove disposizioni esaminate in precedenza che hanno posto l'accento sulla integrale digitalizzazione delle procedure (e dunque sulla piattaforma) come unico strumento operativo (sul diritto di accesso nel nuovo codice dei contratti pubblici, anche alla luce della digitalizzazione, v. il Focus di R.A: Capozzi, Nuovo Codice dei contratti pubblici: il diritto di accesso nelle procedure di affidamento e di esecuzione, in questo Portale). Anche i principi espressi nella prima parte del codice dei contratti potranno incidere sull'elaborazione della giurisprudenza, in particolare quello del risultato (cfr. TAR Lazio, sez. I-ter, 19 luglio 2024, n. 14747, che in una vicenda caratterizzata dalla presenza di un errore informatico della piattaforma con la quale era stata gestita la procedura di affidamento ha affermato che il principio del risultato etero-integra le disposizioni della lex specialis e impone alle stazioni appaltanti di ispirare le loro scelte al raggiungimento dell'obiettivo dell'azione pubblica e delle finalità dell'appalto). Più in generale però rimane attuale la prospettiva di un contenzioso sul “formalismo digitale” e sulle regole della legge generale sul procedimento amministrativo applicabili nell'ambito di una procedura telematica e una linea di tendenza nella giurisprudenza amministrativa che sottolinea, da un lato, l'autoresponsabilità e il dovere di diligenza dell'operatore economico come soggetto professionale (che comprendono anche la necessità di dotarsi di personale munito di adeguate conoscenze informatiche e, perciò, in grado di comprendere il significato di concetti informatici e di curare gli adempimenti descritti dal disciplinare telematico, cfr. Cons. Stato, sez. III, 28 luglio 2000, n. 4795) e, dall'altro, che «l'operatore economico deve poter fare affidamento – relativamente alle regole operative¸ di carattere strumentale e formale, della gara, unilateralmente predisposte dalla stazione appaltante e perciò assoggettate ad un canone di interpretazione secondo buona fede (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 agosto 2020, n. 5029) – su esaustività, completezza e precisione delle indicazioni programmaticamente affidate agli atti di indizione» (Cons. Stato, sez. V, 2 agosto 2021, n. 5641). In definitiva, secondo questa prospettiva, al di là dalle ipotesi di abuso o di strumentalizzazione, in una logica di leale cooperazione con le parti (cfr. l'art. 1, comma 2 bis, l. n. 241/1990) il grado di diligenza richiesto all'operatore economico, pur se soggetto professionale, non può spingersi fino a imporre l'autonoma ricerca di regole integrative, limitative o correttive, anche se del caso evincibili dalla consultazione del sito internet dell'amministrazione procedente. |