Procedure ad evidenza pubblica: responsabilità precontrattuale della P.A. da scorrettezza comportamentale e danni risarcibili

Redazione Scientifica Processo amministrativo
22 Ottobre 2024

Il principio di buona fede e di tutela dell'affidamento comporta che, nello svolgimento dell'attività autoritativa, l'amministrazione sia tenuta a rispettare le norme generali di lealtà e correttezza; il risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale della P.A., in quanto derivante da comportamento e non da provvedimento, prescinde dalla legittimità di quest'ultimo.

La sentenza in esame fornisce rilevanti chiarimenti in ordine ai principi applicabili alla responsabilità precontrattuale della P.A. nell'ambito delle procedure ad evidenza pubblica.

La società aggiudicataria di una procedura di gara indetta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dopo aver ricevuto la comunicazione di aggiudicazione, nonostante solleciti, diffide e incontri formali, non sottoscriveva il contratto con il Ministero che attribuiva la colpa del ritardo al Comune che aveva deciso di procedere con un secondo appalto per il completare i lavori. Solo otto anni dopo il Ministero chiedeva l'esecuzione dei lavori e le previste dichiarazioni sui requisiti generali e speciali. La società appellante trasmetteva un contratto di avvalimento con un consorzio stabile per fronteggiare la mancanza del requisito SOA, sopraggiunta nel frattempo, a seguito del quale il Ministero disponeva la revoca e decadenza dell'aggiudicazione per la perdita della classifica SOA. La società appellante proponeva ricorso avanti al T.a.r. per il risarcimento dei danni dovuti all'illegittimità della revoca e al comportamento colposo dell'amministrazione, che veniva dichiarato inammissibile perché la revoca non era stata tempestivamente impugnata.

In primo luogo, il Collegio ha esaminato il profilo dell'inammissibilità del ricorso dichiarata dal Tribunale per intervenuta decadenza causata dall'omessa impugnazione dell'atto lesivo ossia la revoca. Ciò in quanto tale conclusione, riferibile all'ipotesi di responsabilità civile da provvedimento amministrativo, ai sensi dell'art. 30, comma 3, c.p.a., non può essere estesa alla responsabilità precontrattuale che, ai sensi dell'art. 1337 c.c., si fonda nel dovere di buona fede oggettiva nella fase delle trattative e prescinde dall'illegittimità provvedimentale e, quindi, dall'onere di impugnazione del provvedimento di revoca.

In particolare sul principio di buona fede e di tutela dell'affidamento (art. 5 del nuovo Codice dei contratti pubblici, d.lgs. n. 36/2023), il Collegio ha richiamato i principi affermati con la sentenza dell'Adunanza Plenaria 4 maggio 2018, n. 5, per cui durante lo svolgimento dell'attività autoritativa l'amministrazione è tenuta a rispettare anche le norme generali dell'ordinamento civile attinenti ai doveri di correttezza e lealtà, la cui violazione è fonte di responsabilità da comportamento scorretto, incidente sul diritto soggettivo di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze causate dall'altrui scorrettezza. Sulla base di tali principi i presupposti della responsabilità precontrattuale della P.A. devono essere individuati nell'affidamento incolpevole leso da una condotta oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e lealtà, nell'imputabilità soggettiva, in termini di colpa o dolo, di tale violazione all'amministrazione, nella prova del privato del danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), del danno-conseguenza (le perdite economiche subite) e il nesso eziologico tra il danno e il comportamento scorretto imputato all'amministrazione.

Di conseguenza, ad avviso del Collegio, emerge che la responsabilità precontrattuale è in funzione del comportamento scorretto e non dell'illegittimità provvedimentale, per cui nel caso di specie non rileva l'esigenza di impugnare il provvedimento di revoca entro i termini decadenziali.

Poi il Collegio ha ritenuto sussistente la colpa dell'amministrazione, evidenziando il ritardo ingiustificato nella richiesta di stipula del contratto, intervenuta otto anni dopo l'aggiudicazione e cinque anni dopo la conclusione dei lavori prodromici. Tale inerzia è stata ritenuta causalmente rilevante nella perdita dei requisiti speciali da parte dell'appellante, stante la correlazione tra il decremento della classifica SOA con la mancata esecuzione dei lavori aggiudicati, quale mancato arricchimento curriculare.

Peraltro, il Collegio ha ritenuto illegittimo il diniego sull'istanza di qualificazione mediante avvalimento, sottolineando che il principio di continuità del possesso dei requisiti generali e speciali non può essere interpretato in modo irragionevole e formalistico, in specie in assenza di attività valutativa dell'amministrazione protratta per un periodo indefinito.

Il Collegio ha ritenuto fondato il motivo relativo al differimento della stipulazione del contratto, tuttavia, precisando che la mancata conoscenza dell'appellante della necessità di un secondo appalto integrativo, evidenzia un comportamento colpevole, negligente del Ministero, che mai ha comunicato tale esigenza. La circostanza per cui la scelta di un secondo appalto sia del Comune e non del Ministero dimostra la violazione del principio del clare loqui nei confronti dell'appellante che ha confidato in un diverso quadro di lavorazioni prodromiche e in un'altra tempistica esecutiva.

Quanto al risarcimento del danno, il Collegio ha respinto la domanda risarcitoria per l'illegittimità della revoca tardiva, ma ha accolto quella basata sulla responsabilità precontrattuale del Ministero per violazione dei doveri di correttezza e buona fede e del legittimo affidamento, non inficiato da elementi di colpa. Ha riconosciuto il diritto al ristoro del c.d. interesse negativo, limitandolo alle spese documentate per la partecipazione alla gara.

Il Collegio ha inoltre escluso il diritto all'indennizzo ex art. 21-quinquies l. n. 241/1990, previsto in caso di revoca legittima, ritenendolo alternativo alla responsabilità precontrattuale.

Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello, condannando il Ministero al risarcimento del danno.

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