Limiti dell’amministrazione di sostegno e libertà dell’amministrato
23 Ottobre 2024
Si veda come il caso portato all'esame della Suprema Corte fosse quello di una signora raggiunta dal decreto di apertura e nomina dell'amministrazione di sostegno, nonostante la stessa avesse dichiarato davanti al giudice tutelare la propria contrarietà a detta misura, dicendosi non solo perfettamente in grado a provvedere a se stessa, ma anche all'anziana madre convivente; il Tribunale di Alessandria, in composizione collegiale (chiamato a decidere sul reclamo presentato dalla beneficiaria al decreto di apertura e nomina dell'ADS da parte del giudice tutelare), nonostante avesse riconosciuto che la donna avesse importanti capacità, confermava tutti gli stringenti limiti a lei posti dal giudice tutelare e non solo alla straordinaria amministrazione, ma, altresì, a quella ordinaria (quali, a esempio, la gestione della propria pensione, la chiusura del conto corrente alla stessa intestato e apertura di uno nuovo intestato all'amministrazione di sostegno, impossibilità di partecipare alle assemblee di condominio, impossibilità di aprire la posta, etc). Avverso la decisione del tribunale, veniva proposto ricorso per la cassazione per violazione dell'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e violazione e falsa applicazione dell'art. 404 c.c. perché, data la formulazione in termini meramente possibilistici della norma in esame (“La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno […]”) e non versandosi, invece, in ipotesi di necessarietà, come avviene nel caso di cui all'art. 414 c.c., questa non dovrebbe essere applicata, in rispetto al diritto inviolabile all'autodeterminazione, allorquando il beneficiario dia il proprio cosciente e consapevole parere negativo alla misura; identica violazione delle norme di legge sopra richiamate, poi, veniva compiuta dal Tribunale laddove pur, tra l'altro, riconoscendo in capo alla beneficiaria “capacità consistenti” questo confermava tutti i limiti alla medesima imposti, sia in ordine alla amministrazione straordinaria che a quella ordinaria. La Cassazione ha accolto il ricorso e cassato la decisione del Tribunale di Alessandria, convenendo sulle osservate violazioni di diritto. In particolare, la Suprema Corte di Cassazione, nel rammentare, ancora una volta, come l'istituto della amministrazione di sostegno sia uno strumento volto a proteggere, senza mortificarla, la persona affetta da una disabilità fisica o psichica tale da renderla inadeguata a provvedere ai suoi interessi e che sia una misura con un alto grado di flessibilità, precisa come spetti al giudice cucire l'abito su misura al beneficiario, in modo così da “assicurare a lui la massima tutela possibile con il minor sacrificio della sua capacità di autodeterminazione(Cass. civ., sez. un., 30 luglio 2021, n. 21985; Corte cost. 10 maggio 2019 n. 114; Cass. civ., 4 marzo 2020, n. 6079)” e che “l'accertamento della ricorrenza dei presupposti per l'apertura di tale misura, in linea con le indicazioni contenute nell'art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità, deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario - la cui volontà contraria, ove provenga da persona lucida, non può non essere tenuta in considerazione dal giudice - sia rispetto all'incidenza della stesse sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, verificando la possibilità, in concreto, che tali esigenze possano essere attuate anche con strumenti diversi come, ad esempio, avvalendosi, in tutto o in parte, di un sistema di deleghe o di un'adeguata rete familiare (Cass. civ., 11 luglio 2022, n. 21887; Cass. civ., 11 luglio 2022, n. 21887)”. Nello specifico, gli Ermellini hanno rilevato come: “Dei principi suesposti i giudici di merito non hanno fatto buon governo, mancando nella ordinanza impugnata la valutazione della proporzionalità delle limitazioni imposte alla beneficiaria - che secondo quanto esposto in ricorso, sono particolarmente incisive e penetranti, spingendosi sino al ritiro della posta e alla chiusura dei conti correnti - con gli effettivi profili di fragilità della persona e cioè con la ritenuta necessità di una misura di protezione con particolare riguardo agli aspetti di "straordinaria amministrazione", data la sua tendenza a spendere somme al gioco, pur se - come la Corte stessa ha accertato - la donna non ha accumulato debiti e si presenta lucida ed in grado di bene esprimere i suoi desideri, i suoi pensieri, la sua volontà. Il che lascia presumere una considerevole capacità di autodeterminazione in capo alla ricorrente”. La sentenza in esame appare di fondamentale importanza perché chiarisce ulteriormente il precedente orientamento di legittimità sul punto andando così a cristallizzarlo secondo cui all'istituto in esame debba essere data un'applicazione in concreto maggiormente compatibile ai diritti della persona e, in particolare, di chi vive nella disabilità. Viene, infatti, limitato ulteriormente – attraverso la previsione di un obbligo motivazionale assai stringente – sia l'approdo a detta misura, allorquando il destinatario vi si opponga dando prova di possedere importanti capacità e ciò in quanto va privilegiato il diritto all'autodeterminazione dell'individuo, sia i limiti alla capacità di agire del soggetto sottoposto alla misura in quanto: “non possono adottarsi provvedimenti stereotipati, ovvero usare moduli standardizzati, poiché dalla apertura della amministrazione non discende, quale effetto legale, che la persona debba essere assistita o sostituita in tutte le attività giuridicamente rilevanti, ma solo in quegli ambiti in cui il giudice ha rilevato specifiche criticità, vale a dire deficit di competenze decisorie e gestorie che possono causare un serio pregiudizio alla persona” (Cass. civ. n. 24251/2024). Questa sentenza si pone perfettamente in linea con i principi espressi dal Giudice Europeo in materia di amministrazione di sostegno. Al riguardo, si veda come nel recente caso passato al vaglio della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (n. 46412/21 Causa Calvi e C.G. c. Italia), sentenza del 6 luglio 2023, che ha visto l'Italia condannata per violazione dell'art. 8 della Convenzione Europea, i giudici di Strasburgo hanno ravvisato l'inosservanza di tale disposizione normativa poiché il soggetto, amministrato, era stato trasferito coercitivamente in una struttura RSA contro la sua volontà; secondo il Giudice Europeo, se il fine dello Stato era quello di proteggere l'individuo, questo era sicuramente raggiungibile attraverso altri strumenti meno invasivi della di lui sfera privata e meno compressivi delle sue libertà fondamentali. Quindi, i giudici di Strasburgo, dopo aver rammentato che: “una lesione del diritto di una persona al rispetto della sua vita privata viola l'articolo 8 se non è «prevista dalla legge»,se non persegue uno o più scopi legittimi ai sensi del paragrafo 2, o se non è «necessaria in una società democratica», nel senso che non è proporzionata agli scopi perseguiti (si veda, tra altre, Chtoukatourov c. Russia, n. 44009/05, § 85, CEDU 2008)” e che “quando sono in gioco delle implicazioni così importanti per la vita privata di una persona, il giudice deve bilanciare scrupolosamente tutti i fattori pertinenti per valutare la proporzionalità della misura da adottare. Le garanzie procedurali necessarie in materia impongono che qualsiasi rischio di arbitrarietà sia ridotto al minimo (X e Y c. Croazia, n. 5193/09, § 85, 3 novembre 2011)”, hanno concluso come nel caso in questione “anche se l'ingerenza perseguiva lo scopo legittimo di proteggere il benessere, in senso ampio, del secondo ricorrente, essa non era tuttavia, in riferimento alla gamma delle misure che le autorità potevano adottare, né proporzionata né adeguata alla sua situazione individuale. Pertanto, l'ingerenza non è rimasta entro i limiti del margine di apprezzamento di cui le autorità giudiziarie beneficiavano nel caso di specie”. Va, in conclusione, osservato come l'interpretazione più restrittiva sia dell'ammissibilità dell'istituto in esame che dei limiti che possono essere disposti alla capacità di agire del destinatario della misura si conformi maggiormente alla legislazione sovranazionale e al contenuto letterale dell'art. 404 c.c., oltre ad apparire più rispettosa verso il mondo della disabilità, come si conviene ai sistemi giuridici più avanzati; quivi, infatti, si è progressivamente abbandonata la visione dello Stato che debba farsi carico in modo invasivo della gestione delle persone con problematiche fisiche e/o mentali più o meno gravi, a favore di una mera assistenza, più rispettosa della volontà e della vita delle persone. |