Revoca degli atti di gara prima della conclusione della procedura: non sussistono posizioni di affidamento qualificato indennizzabili
30 Ottobre 2024
Il caso . La sentenza in commento si è pronunciata sulla fondatezza del ricorso presentato da una società avverso la revoca della procedura aperta di gara per l'esecuzione di lavori disposta dalla pubblica amministrazione. In particolare, l'amministrazione aveva pubblicato il bando di gara per cui la ricorrente aveva presentato domanda di partecipazione e, dopo aver definito la graduatoria, senza giungere all'aggiudicazione definitiva, aveva revocato la procedura di gara. Tale provvedimento si fondava sulla sopravvenuta notizia dell'avvio di una indagine penale sulla fase esecutiva delle precedenti procedure di gara ma si estendeva anche agli operatori economici risultati aggiudicatari provvisori dei lotti della gara pendente. La società ricorrente aveva, quindi, lamentato la violazione dell'art. 1337 c.c. per contrarietà ai doveri di correttezza, buona fede e lealtà da parte della stazione appaltante in relazione allo svolgimento della procedura di gara oggetto di revoca, nonché la violazione degli artt. 97 e 2 della Costituzione chiedendo il risarcimento del danno e, in via subordinata, la condanna alla corresponsione dell'indennizzo di cui all'art. 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241. Nello specifico, secondo la ricostruzione della ricorrente, la revoca era riconducibile a fatti e comportamenti della stazione appaltante sia sotto il profilo del danno- evento (libertà di autodeterminazione a non essere coinvolto in trattative inutili) sia del danno-conseguenza (perdita economica subita a causa delle scelte della stazione appaltante illecitamente condizionate). La soluzione. Il Collegio ha ritenuto infondato il ricorso osservando che per l'affermazione della responsabilità precontrattuale dell'amministrazione occorre riscontrare un comportamento della stessa che, frapponendosi all'affidamento incolpevole del privato, e nonostante la legittimità del provvedimento, possa dirsi scorretto e quindi illecito, intendendosi per tale una condotta: a) “oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà”; b) “anche soggettivamente imputabile all'amministrazione, in termini di colpa o dolo”, analogamente a quanto previsto dall'art. 2043 cod. civ.; c) che si riveli, con onere della prova spettante al privato, condicio sine qua non della scelta negoziale rivelatasi dannosa e, quindi, del pregiudizio economico lamentato. Tali elementi, secondo la sentenza in commento, non sarebbero stati dimostrati dalla ricorrente, la quale si sarebbe limitata a delineare ipotesi tratte per lo più da notizie di stampa. Al contrario, ha rilevato il Collegio, dagli atti emerge come la stazione appaltante sia venuta a conoscenza dello svolgimento di indagini giudiziarie relative anche alla procedura di gara pendente oltre un anno dopo dalla pubblicazione del bando. Da ciò si ricava, in assenza di prova in senso contrario da parte della ricorrente, che al momento della pubblicazione del bando di gara la stazione appaltante ignorasse le circostanze che hanno condotto alla revoca della procedura. Ne consegue, l'inconfigurabilità della responsabilità precontrattuale da lesione alla libertà negoziale o da inutile partecipazione alla gara. Quanto alla domanda di indennizzo ai sensi dell'art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, il Collegio ha osservato come la ricorrente non fosse risultata aggiudicataria provvisoria di alcuno dei tre lotti, sicché era evidente che sia la revoca non poteva aver determinato alcun pregiudizio diretto alla sua posizione giuridica. In tal senso, il TAR ha confermato il principio di diritto secondo cui l'indennizzo ex art. 21-quinquies della legge n. 241/1990 non spetta in caso di revoca di atti ad effetti instabili o interinali (quale è l'aggiudicazione provvisoria), ma solamente in caso di revoca di atti definitivamente attributivi di vantaggi, e dunque ad effetti durevoli. |