L’impugnabilità dei provvedimenti ex art. 473bis.39 c.p.c.: una questione ancora irrisolta

28 Ottobre 2024

Il reclamo può estendersi anche a provvedimenti di diversa natura da quelli temporanei ed urgenti, se pure pronunciati dal giudice contestualmente a quest’ultimi?

Massima

Il provvedimento relativo alla richiesta di ammonimento formulata ai sensi dell'art. 473-bis.39 c.p.c., anche se è emesso con l'ordinanza ex art. 473-bis.22 c.p.c., non può essere reclamato ai sensi dell'art. 473-bis.24 c.p.c., in quanto tale rimedio è destinato a impedire che i provvedimenti provvisori adottati possano provocare pregiudizio ai soggetti coinvolti nella crisi familiare e non può essere esteso anche a provvedimenti di diversa natura.

Il caso

Il Presidente del Tribunale di Pisa con ordinanza ex art. 473-bis.22 c.p.c., pronunciata nel procedimento per la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra Tizia e Caio, ha confermato le condizioni della separazione precedentemente pronunciate dallo stesso Tribunale, rigettando l’istanza di ammonimento di Caio formulata da Tizia ai sensi dell’art. 473-bis.39 c.p.c.

Tizia ha reclamato l’ordinanza nella sola parte in cui il Presidente ha ritenuto insussistenti i presupposti per l’ammonimento di Caio.

Caio si è costituito nel giudizio di reclamo davanti alla Corte di Appello di Firenze, eccependo l’inammissibilità dell’avverso reclamo, deducendo che il rimedio di cui all’art. 473-bis.24 c.p.c. sia ammissibile solo con riferimento ai provvedimenti temporanei e urgenti relativi all’affidamento dei figli, alle modalità e tempistiche di loro frequentazione con i genitori, ai contributi per il mantenimento per essi e/o per il coniuge ed alla assegnazione della casa familiare, mentre i provvedimenti ex art. 473-bis.39 sono impugnabili “nei modi ordinari”.

La Corte di Appello di Firenze ha dichiarato il reclamo inammissibile affermando che la ratio dell’istituto del reclamo disciplinato dall’art. 473-bis.24 c.p.c. è quella di evitare che nelle more del giudizio la gestione dei figli e gli eventuali obblighi di mantenimento tra le parti siano regolati in modo manifestamente erroneo; conseguentemente, secondo la Corte, non vi sarebbe alcuna ragione perché tale rimedio, destinato a impedire che i provvedimenti adottati in via provvisoria possano provocare pregiudizio ai soggetti coinvolti nella crisi familiare, possa estendersi anche a provvedimenti di diversa natura, se pure pronunciati dal giudice contestualmente ai primi.

Nel caso di specie, ha precisato la Corte, il Tribunale di Pisa, nell’emanare i provvedimenti temporanei e urgenti, si è anche pronunciato sulla richiesta di ammonimento dell’altro genitore avanzata da Tizia ex art. 473-bis.39 c.p.c.; ma tale contestualità non modifica la natura della pronuncia in questione che, pertanto, ai sensi dell’ultimo comma del medesimo art. 473-bis.39 c.p.c., deve intendersi soggetta a impugnazione “nei modi ordinari”.

La questione

La mera pronuncia di rigetto dell’istanza ex art. 473-bis.39 c.p.c. contenuta nell’ordinanza con cui il giudice delegato emana i provvedimenti temporanei e urgenti di cui all’art. 473-bis.22 c.p.c. è impugnabile con il reclamo previsto dall’art. 473-bis.24?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Appello di Firenze ha risolto la questione in modo negativo, dichiarando l’inammissibilità del reclamo proposto, che ha ritenuto esperibile solo con riguardo al contenuto “tipico” dei provvedimenti ex art. 473-bis.22 c.p.c., vale a dire le statuizioni relative all’esercizio della responsabilità genitoriale e agli obblighi di mantenimento dei figli o del coniuge.

Osservazioni

La pronuncia in commento si è occupata dell'annosa questione relativa all'impugnabilità dei provvedimenti in caso di inadempienze e violazioni, che prima della Riforma Cartabia erano disciplinati dall'art. 709-ter c.p.c. e che oggi sono confluiti all'interno del rito unico dei processi delle relazioni familiari ed in particolare nella disposizione di cui all'art. 473-bis.39 c.p.c.

La Corte fiorentina ha escluso l'esperibilità del rimedio del reclamo avverso i provvedimenti temporanei e urgenti previsti dall'art. 473-bis.22 c.p.c. per la parte di ordinanza che ha respinto l'istanza di ammonimento avanzata da una delle parti nel giudizio di divorzio ai sensi del sopra richiamato art. 473-bis.39 c.p.c.

Tale scelta interpretativa è fondata sul principio, affermato anche nella relazione illustrativa del d.lgs. 149/2022 e condiviso dalla dottrina (si veda S.Ciardo, in R. Giordano-A. Simeone, La riforma del diritto di famiglia: il nuovo processo, Giuffrè, 123), secondo cui ad essere reclamabile è l'ordinanza adottata dal giudice istruttore alla prima udienza di comparizione delle parti, nella sola parte in cui contiene statuizioni riguardanti l'affidamento e il mantenimento dei figli e del coniuge, i provvedimenti aventi contenuto economico e tutti i c.d. provvedimenti consequenziali, non ovviamente per la parte dell'ordinanza che pronuncia su aspetti meramente organizzativi dell'iter iudicii ovvero istruttori, che sarà modificabile o revocabile secondo il regime previsto dall'art. 177 c.p.c.

Tale interpretazione non pare convincente.

Preliminarmente si rileva come da una lettura piana della norma di cui all'art. 473-bis.24 c.p.c. non emerge alcuna limitazione alla reclamabilità dell'ordinanza con cui sono stati emessi i provvedimenti temporanei e urgenti, con la conseguenza che una interpretazione letterale del testo normativo dovrebbe condurre a ritenere reclamabile tale ordinanza in ogni sua parte.

È pur vero che da una lettura più sistematica si può ritenere che l'intento del legislatore, come anche chiarito nella sopra citata relazione illustrativa, fosse quello di garantire un pieno riesame della decisione assunta dal giudice di primo grado con riguardo ai provvedimenti assunti nell'interesse delle parti e dei figli, vale a dire con riguardo al contenuto sostanziale dell'ordinanza di cui all'art. 473-bis.22 c.p.c.; non anche delle statuizioni processuali contestualmente assunte.

Tale interpretazione è infatti coerente con il nostro sistema processuale, che non prevede un immediato rimedio contro le decisioni del giudice istruttore in merito all'assunzione dei mezzi di prova e alla gestione dell'iter del giudizio.

Tali considerazioni, tuttavia, non valgono, a parere di chi scrive, per le statuizioni di cui all'art. 473bis.39 c.p.c.

Tale norma, infatti, in continuità con il previgente art. 709-ter c.p.c., stabilisce espressamente che “i provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari”.

Tale disposizione è sempre stata interpretata nel senso che i provvedimenti in questione potessero essere impugnati con il rimedio previsto per il provvedimento con il quale venivano emessi.

Di conseguenza, ove contenuti nel provvedimento definitivo del giudizio potevano essere impugnati davanti alla Corte di Appello con l'impugnazione del provvedimento stesso, mentre laddove venissero emessi dal Giudice Istruttore in corso di causa erano considerati non impugnabili, analogamente a tutte le ordinanze del Giudice Istruttore.

In tale ottica si dovrebbe ritenere che se quei provvedimenti sono contenuti in una ordinanza ex art. 473-bis.22 c.p.c.contro di essi dovrebbe essere esperibile il reclamo di cui all'art. 473-bis.24 c.p.c.

Tale interpretazione risulterebbe coerente anche con le considerazioni sopra richiamate in merito a tale rimedio, dal momento che il provvedimento di cui all'art. 473bis.39 c.p.c., anche se di mero rigetto, attiene a questioni sostanziali del giudizio e non certo processuali.

Parte della dottrina si è già espressa in merito all'applicabilità del rimedio di cui all'art. 473-bis.24 c.p.c. ai provvedimenti in questione (S. Ciardo, in R. Giordano-A. Simeone, La riforma del diritto di famiglia: il nuovo processo, Giuffrè, 137), pur nei limiti e secondo il regime delineato da tale norma.

Con la conseguenza che se i detti provvedimenti sono emessi in corso di causa, con provvedimenti del giudice delegato successivi all'ordinanza di cui all'art. 473-bis.22 c.p.c., essi saranno reclamabili solo se sospendono o limitano la responsabilità genitoriale, ovvero se prevedono sostanziali modifiche al regime di affidamento e alla collocazione dei minori o ne dispongono l'affidamento a soggetti diversi dai genitori.  

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