Appalti pubblici con operatori di Paesi terzi: esclusa la parità di trattamento in fase di aggiudicazione se non hanno concluso un accordo internazionale con l’UE
31 Ottobre 2024
La questione oggetto del giudizio. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione degli articoli 36 e 37 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali. La controversia nell'ambito della quale è stata presentata la domanda riguarda l'aggiudicazione di un appalto pubblico relativo alla costruzione di un'infrastruttura in Croazia, che vede coinvolte una società di diritto turco e la commissione nazionale di controllo delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici croata. In particolare, una società con sede in Turchia (Kolin Insaat Turizm Sanayi ve Ticaret AS) aveva contestato la legittimità della decisione di assegnare l'appalto a un altro offerente. In risposta a questa contestazione, il giudice nazionale croato ha chiesto al CGUE di chiarire in quali circostanze, dopo la scadenza del termine di presentazione delle offerte, gli enti aggiudicatori possono, in base alla direttiva sugli appalti pubblici, richiedere agli offerenti di modificare o chiarire la loro offerta iniziale. La Corte di Giustizia ha dichiarato irricevibile la domanda presentata, sottolineando che l'Unione Europea è vincolata da accordi internazionali con alcuni paesi terzi. Il ragionamento della Corte di Giustizia. La Corte, in via preliminare, è chiamata a verificare se le disposizioni del diritto dell'Unione sulle quali vertono le questioni pregiudiziali siano applicabili alla controversia di cui al procedimento principale. In caso negativo, tali disposizioni sono irrilevanti ai fini della soluzione di detta controversia e la decisione pregiudiziale richiesta non è necessaria al fine di consentire al giudice del rinvio di emanare la sua sentenza, cosicché tali questioni devono essere dichiarate irricevibili. Nel caso di specie, occorreva verificare se un ricorso proposto dinanzi a un giudice di uno Stato membro da un operatore economico di un paese terzo, nella fattispecie la Repubblica di Turchia, al fine di contestare la decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico adottata in tale Stato membro, potesse essere esaminato alla luce delle norme in materia di appalti pubblici emanate dal legislatore dell'Unione, come gli articoli 36 e 76 della direttiva 2014/25, cui si richiama, nel caso di specie, la società ricorrente e che sono oggetto delle questioni pregiudiziali sollevate. Al riguardo è opportuno rilevare anzitutto che l'Unione è vincolata, nei confronti di taluni paesi terzi, da accordi internazionali, segnatamente l'AAP, che garantiscono, in modo reciproco e paritario, l'accesso degli operatori economici dell'Unione agli appalti pubblici in tali paesi terzi e quello degli operatori economici di detti paesi terzi agli appalti pubblici nell'Unione. Per quanto riguarda gli operatori economici di detti paesi terzi, che non hanno stipulato l'accordo, è necessario rilevare che, sebbene il diritto dell'Unione non osti a che tali operatori economici siano ammessi, in assenza di misure di esclusione adottate dall'Unione, a partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico disciplinata dalla direttiva 2014/25, esso osta, per contro, a che detti operatori economici possano, nell'ambito della loro partecipazione a una siffatta procedura, avvalersi della direttiva medesima ed esigere quindi un pari trattamento della loro offerta rispetto a quelle presentate dagli offerenti degli Stati membri e dagli offerenti dei paesi terzi di cui all'articolo 43 della direttiva stessa. Tra i paesi terzi vi è la Repubblica di Turchia, che non è parte né dell'AAP, né di alcun altro accordo che conferisca, su una base di reciprocità, agli operatori economici turchi il diritto di partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell'Unione su un piano di parità rispetto agli operatori economici dell'Unione. Pertanto, l'operatore stesso non può avvalersi degli articoli 36 e 76 della direttiva medesima al fine di contestare la decisione di aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi. Posto che gli operatori economici dei paesi terzi che non hanno concluso con l'Unione un accordo internazionale che garantisca l'accesso paritario e reciproco agli appalti pubblici non beneficiano di un diritto al trattamento non meno favorevole, a norma dell'articolo 43 della direttiva 2014/25, l'ente aggiudicatore ha la facoltà di indicare, nei documenti di gara, modalità di trattamento intese a riflettere la differenza oggettiva tra la situazione giuridica di detti operatori, da un lato, e quella degli operatori economici dell'Unione e dei paesi terzi che hanno concluso con l'Unione un siffatto accordo, ai sensi del citato articolo 43, dall'altro. In ogni caso, le autorità nazionali non possono interpretare le disposizioni nazionali di recepimento delladirettiva 2014/25 nel senso che esse si applicano altresì ad operatori economici di paesi terzi che non hanno concluso accordi di tal genere con l'Unione, che siano stati ammessi, da un ente aggiudicatore, a partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico nello Stato membro interessato, e ciò a pena di violare il carattere esclusivo della competenza dell'Unione in detto settore. Conclusioni. La Corte ha dichiarato irricevibile la domanda principale perché l'interpretazione degli articoli 36 e 37 della direttiva 2014/25 non può essere, in alcun modo, pertinente ai fini della soluzione della controversia principale, che può essere esaminato solo alla luce del diritto nazionale e non alla luce del diritto dell'Unione. La Corte, in definitiva, ha stabilito che, in assenza di un accordo internazionale, gli operatori economici di paesi terzi non possono rivendicare la parità di trattamento né avvalersi delle disposizioni della direttiva sugli appalti pubblici dell'UE. |