Coefficiente di equalizzazione nelle prove d’esame per l’ammissione a corsi di laurea a numero programmato
29 Ottobre 2024
Con la sentenza in esame il Consiglio di Stato ha affrontato il tema della validità del meccanismo di attribuzione del punteggio alla base delle prove di ammissione ai corsi di laurea a numero programmato in medicina e chirurgia, e odontoiatria e protesi dentaria, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari), per l’anno accademico 2023-2024. Le prove, denominate TOLC (Test OnLine CISIA), sono state indette con decreto del Ministro dell’università e della ricerca del 24 settembre 2022, n. 1107, e si sono svolte al computer, con un punteggio definito in base alle risposte e a un coefficiente di equalizzazione calcolato dopo la prima sessione, che serviva a omogeneizzare i punteggi finali per tenere conto del diverso grado di difficoltà dei quesiti di cui si compone ciascuna prova. Il T.a.r. del Lazio ha accolto il ricorso dell’appellante principale che aveva conseguito un punteggio nella graduatoria unica nazionale, non utile ad immatricolarsi in una delle sedi universitarie prescelte, e ha ravvisato nel sistema di misurazione del livello di difficoltà dei quesiti in base al punteggio equalizzato sommariamente descritto alcune distorsioni, nella misura in cui non era assicurata una valutazione omogenea delle prove e dunque una selezione dei concorrenti secondo criteri di merito. Le amministrazioni pubbliche e i soggetti privati coinvolti che a loro volta hanno appellato la sentenza di primo grado in via incidentale, oltre a contestare l’accoglimento del ricorso, hanno censurato la mancata dichiarazione di inammissibilità per carenza di interesse ad agire, in ragione del mancato superamento della prova di resistenza, e del difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero della salute. In via preliminare il Collegio ha affrontato le questioni afferenti l’interesse ad agire del ricorrente e la legittimazione passiva delle amministrazioni pubbliche governative, diverse dal Ministero dell’università e della ricerca, competente per le procedure di immatricolazione ai corsi di laurea a numero programmato e autore degli atti della prova di ammissione impugnati. Innanzitutto, il Collegio ha precisato che non è possibile prescindere dal superamento della c.d. prova di resistenza, sia con riguardo ai motivi di impugnazione di portata demolitoria dell’intera procedura concorsuale che per quelli diretti esclusivamente alla prova d’esame, della quale è contestata la modalità di attribuzione del punteggio. Infatti, dall’accoglimento dei due diversi ordini di censure seguirebbe la reintegrazione del ricorrente sulla base della chance di conseguire il bene della vita perseguito, ossia dell’immatricolazione in un corso di laurea a numero programmato nell’anno accademico 2023-2024. In proposito il Collegio ha evidenziato che, sulla base della consolidata giurisprudenza amministrativa, la reintegrazione della sfera giuridica del soggetto leso è riferibile ad un’utilità di carattere strumentale, dipendente dal riesercizio del potere amministrativo, idonea a fondare l’interesse ad agire in giudizio ai sensi dell’art. 100 c.p.c. D’altro canto per quanto riguarda la legittimazione passiva, che nel giudizio di annullamento consegue alla qualità di «pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato», il Collegio chiarisce che, ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p.a., la stessa non può essere intesa in senso talmente restrittivo, da escludere dal giudizio di annullamento le amministrazioni che, benché non sono direttamente autrici degli atti impugnati, sono comunque destinate a riceverne gli effetti o hanno concorso alla loro formazione, o alla formazione di atti presupposti, consequenziali o connessi. Pertanto, il Collegio nel caso di specie ha affermato la legittimazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministro della salute, in quanto a vario titolo hanno concorso nella fase programmatoria del fabbisogno professionale del settore sanitario, in base al quale è stata stabilita l’offerta annua di posti per i corsi di laurea, e i cui atti sono stati impugnati con il ricorso di primo grado insieme a quelli della prova di ammissione, con motivi riproposti con l’appello principale. Il comportamento processuale delle predette amministrazioni è sintomatico del fatto che riconoscono di essere destinatarie delle domande di annullamento proposte nei loro confronti. Diversamente, negare la legittimazione passiva conduce al paradosso di impedire loro, sulla base di un’auto-eccezione, la difesa in giudizio, rispetto ad una pronuncia di annullamento considerata da loro stesse lesiva. Quanto al merito il Collegio ha ritenuto che il sistema c.d. “coefficiente di equalizzazione” dei contenuti e dei livelli di difficoltà della prova sostenuta da ciascun candidato per l’attribuzione dei punteggi si pone in coerenza con i canoni di par condicio e di selezione imparziale e di stampo meritocratico che sul piano della legittimità amministrativa presiedono al funzionamento dei concorsi pubblici. In conclusione, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello principale e ha accolto gli appelli incidentali delle parti pubbliche e private indicate e altri. |