Impugnazione: la firma digitale del difensore apposta sull'atto deve contenere la sottoscrizione della dichiarazione di domicilio?

31 Ottobre 2024

L'appello depositato a mezzo PEC e sottoscritto con firma digitale deve specificamente autenticare anche la dichiarazione o elezione di domicilio, a pena di inammissibilità?

Massima

La firma digitale del difensore apposta sull'atto di impugnazione depositato telematicamente dallo stesso difensore in conformità al disposto dell'art. 87-bis d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 contiene implicitamente la sottoscrizione digitale della dichiarazione o elezione di domicilio della parte richiesta dall'art. 581, comma 1-ter, c.p.p. ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio per il gravame.

Il caso

La Corte di appello di Firenze ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello depositato a mezzo PEC ai sensi degli artt. 581, comma 1-ter, e 591 c.p.p. perché all'atto di impugnazione sono state allegate elezioni di domicilio ritenute non valide perché sottoscritte con firma non autenticata dal difensore. In particolare, le elezioni di domicilio degli imputati allegate all'atto recano la firma degli imputati e la dicitura “È autentica, avv. B.S.”, ma, in corrispondenza di questa dicitura, manca la firma dell'avvocato. Secondo la Corte di appello, poiché le elezioni di domicilio sono documenti cartacei riprodotti con scansione di immagini, la firma digitale del difensore - presente nel file che contiene l'atto di appello - non può valere anche quale autentica della firma degli imputati e attesta solo “la corrispondenza ai documenti originari della loro scansione per immagini”.

Il difensore ha proposto ricorso per cassazione avverso tale ordinanza di inammissibilità, deducendo che la violazione degli artt. 111-bis, 162 e 581 c.p.p. e degli artt. 2 comma 6, 21 e 24 d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale).

Secondo la sua prospettazione, ai sensi dell'art. 24 d.lgs. n. 82/2005, la firma digitale si riferisce in maniera univoca ad un solo soggetto e “al documento o all'insieme di documenti cui è apposta o associata”, sicché una firma digitale validamente apposta sull'atto di impugnazione è idonea ad attestare anche l'autenticità della sottoscrizione apposta dagli imputati in calce alla elezione di domicilio.

A sostegno di tali considerazioni, il difensore ha ricordato che, ai sensi dell'art. 83 c.p.c., “se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica”.

Ai sensi dell'art. 162 c.p.p., infine, “il domicilio dichiarato, il domicilio eletto e ogni loro mutamento sono comunicati dall'imputato all'autorità che procede con le modalità previste dall'art. 111-bis» e il comma 2 di questa norma prevede che il deposito telematico assicuri “la certezza anche temporale dell'avvenuta trasmissione e ricezione, nonché l'identità del mittente e del destinatario nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici». Nella specie, pertanto, sarebbero state rispettate tali modalità di trasmissione.

Il procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata perché “la firma digitale del difensore apposta sull'atto processuale sottoscritto dalla parte e depositato telematicamente dallo stesso difensore, unitamente alla contestuale nomina fiduciaria, ha valore di autenticazione tacita della sottoscrizione del richiedente pur in mancanza di una formula espressa in tal senso”.

La questione  

Il difensore che deposita atto di appello a mezzo PEC sottoscritto con firma digitale deve specificamente autenticare anche la dichiarazione o elezione di domicilio richiesta dall'art. 581, comma 1-ter, c.p.p., a pena di inammissibilità, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio all'imputato?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione ha accolto il ricorso.

L'atto di appello dichiarato inammissibile è stato depositato a mezzo PEC. Tale modalità di deposito, disciplinata dall'art. 87-bis d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, è tutt'ora consentita ai sensi dell'art. 3, comma 8, d.m. 29 dicembre 2023, n. 217 “per tutti i casi in cui il deposito può avere luogo anche con modalità non telematiche”.

La verifica effettuata dalla cancelleria sulla provenienza dell'atto di impugnazione e sulla firma digitale ivi apposta abbia dato esito positivo. Pertanto, la provenienza dell'atto di appello dal difensore di fiducia degli imputati è certa ed è certo che egli lo abbia sottoscritto digitalmente.

Secondo la Corte di appello, tale sottoscrizione digitale non sarebbe sufficiente perché non consente di ritenere autentica la firma apposta dagli imputati in calce all'elezione di domicilio. L'elezione di domicilio, infatti, è stata redatta su supporto cartaceo sottoscritto a penna dagli interessati. Per renderla valida, il difensore avrebbe dovuto a sua volta sottoscriverla a penna per autentica.

Il quadro normativo di riferimento è rappresentato dall'art. 87-bis, comma 3, d.lgs. n. 150/2022, secondo cui, quando il deposito ha ad oggetto un'impugnazione, l'atto “in forma di documento informatico” deve essere “sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati” e deve contenere “la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in copia informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all'originale”.

Nel caso in esame, gli imputati hanno eletto domicilio presso il difensore di fiducia già nel corso del giudizio di primo grado e hanno conferito al difensore una procura speciale per la richiesta di riti alternativi.

Ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, c.p.p. il difensore doveva depositare, unitamente all'atto di impugnazione, “la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”.

La Corte di appello ha ritenuto che l'elezione di domicilio depositata unitamente all'appello non fosse valida non essendo state rispettate le forme dell'art. 162, comma 1, c.p.p. La circostanza che il documento sottoscritto dagli imputati fosse allegato ad un atto sottoscritto digitalmente dal difensore è stata ritenuta irrilevante.

Secondo la Corte di cassazione, il collegio di merito non ha considerato che, ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, c.p.p., l'elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio in grado di appello deve essere depositata unitamente all'atto di impugnazione e tale adempimento, previsto a pena di inammissibilità, rende l'elezione di domicilio parte integrante dell'atto di impugnazione.

In questa prospettiva, è ben possibile che l'autenticazione della firma apposta in calce all'elezione di domicilio avvenga con la sottoscrizione dell'atto di impugnazione.

La circostanza che, nel caso di specie, le elezioni di domicilio non siano state inserite nell'atto di impugnazione è conseguenza del fatto che l'appello non è stato proposto personalmente dagli imputati, bensì dal loro difensore. Gli atti contenenti l'elezione di domicilio (e la procura speciale ad impugnare), tuttavia, sono stati depositati unitamente all'impugnazione sicché l'autenticazione della sottoscrizione può ritenersi implicita nella sottoscrizione digitale dell'atto di appello che il difensore ha provveduto a depositare a mezzo PEC.

Osservazioni

L'art. 581, comma 1-ter, c.p.p. prevede che con l'atto di impugnazione delle parti private dei difensori sia depositata a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. Si tratta di una norma che è stata introdotta per semplificare le formalità di fissazione del giudizio di impugnazione.

L'art. 162, comma 1, c.p.p. prevede che il domicilio dichiarato, il domicilio eletto e ogni mutamento siano comunicati dall'imputato all'autorità che procede, con le modalità previste dall'art. 111-bis c.p.p. ovvero con dichiarazione raccolta a verbale o mediante telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da persona autorizzata o dal difensore.

Nel caso di specie, la dichiarazione di domicilio degli imputati, ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio per l'impugnazione, era stata redatta su supporto cartaceo (cioè, analogico), sottoscritto a penna dagli interessati. La Corte di appello pretendeva, perché l'elezione di domicilio fosse valida, che il difensore, a sua volta, sottoscrivesse a penna “per autentica” tale elezione di domicilio, prima di effettuare una scansione per immagine dell'atto e di allegarla all'atto di impugnazione sottoscritto con firma digitale.

La Corte di cassazione, invece, in modo del tutto condivisibile, ha ritenuto che l'autenticazione della sottoscrizione dell'elezione di domicilio possa ritenersi implicita nella sottoscrizione digitale dell'atto di appello che il difensore ha provveduto a depositare a mezzo PEC.

Nella sentenza impugnata la Corte di cassazione ha rilevato che un principio analogo è stato affermato di recente con riferimento alla sottoscrizione di una richiesta di restituzione nel termine proposta ai sensi dell'art. 175, comma 1, c.p.p. che era stata dichiarata inammissibile perché depositata a mezzo PEC dal difensore della parte richiedente, ed era stata da questa sottoscritta senza che la sottoscrizione fosse stata autenticata.

Si è ritenuto, infatti, che “la firma digitale del difensore apposta sull'istanza di restituzione nel termine sottoscritta dalla parte e depositata telematicamente dallo stesso difensore in conformità al disposto dell'art. 87-bis d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, unitamente alla contestuale nomina fiduciaria» potesse valere quale “autenticazione tacita della sottoscrizione del richiedente, pur in mancanza di una formula espressa in tal senso” (Cass., sez. VI, 13 marzo 2024, n. 14882, Tongiani, Rv. 286298).

Nello stesso senso la giurisprudenza si è espressa esaminando casi in cui l'atto di querela depositato dal difensore della persona offesa non recava l'autenticazione della firma. Si è ritenuto, infatti, che il documento col quale l'offeso manifesta la volontà di chiedere la punizione e conferisce al difensore l'incarico di provvedere al deposito dell'atto presso l'Autorità giudiziaria, può considerarsi implicitamente sottoscritto dal difensore anche per autentica atteso che, provvedendo al deposito, il difensore si è fatto carico della provenienza della sottoscrizione (Cass., sez. V, 9 ottobre 2007, n. 39049, in CED Cass. n. 238192; Cass., sez. VI, 26 marzo 2015, n. 13813, in CED Cass. n. 262966).

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