Riparto di giurisdizione in materia di contratti di transazione stipulati dalla P.A.: la competenza al giudice ordinario
13 Novembre 2024
Una Cooperativa ed un'amministrazione comunale stipulavano una transazione, per la definizione di ogni questione relativa a un immobile di proprietà dell'ente locale, la quale non veniva riconosciuta dal dirigente del settore tecnico del Comune. La Cooperativa conveniva quindi in giudizio davanti al tribunale ordinario l'ente locale, domandando di accertare l'invalidità della determina del tecnico comunale, e, di conseguenza, accertare la validità ed efficacia della transazione, condannando il Comune e l'ingegnere, in solido o in via alternativa, all'adempimento e al risarcimento dei danni, ovvero, in subordine, dichiarare la risoluzione della transazione con omologa condanna risarcitoria. Il giudice ordinario declinava la giurisdizione in favore del giudice amministrativo, in quanto le domande postulavano la disapplicazione della determina, insuscettibile di essere pronunciata in via principale in un giudizio coinvolgente la pubblica amministrazione che aveva adottato l'atto di cui si chiedeva la declaratoria d'illegittimità. La società riassumeva, pertanto, il giudizio davanti al T.a.r. territorialmente competente che, a sua volta, declinava la giurisdizione sollevando conflitto negativo davanti alle Sezioni Unite. Tanto rappresentato, la Suprema Corte, con l'ordinanza in commento, ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto la regola di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo non si basa sul criterio del petitum formale, individuato in base all'oggetto del dispositivo che s'invoca, bensì su quello del petitum sostanziale, da individuarsi con riguardo alla causa petendi e al rapporto dedotto in giudizio, oggetto di accertamento, ovvero alla correlata tutela effettivamente richiesta. Nella fattispecie in esame, la domanda di tutela giurisdizionale della società era diretta a far valere il contratto di transazione stipulato, pretendendone l'attuazione o, in subordine, la dichiarazione di risoluzione. La Corte, in merito, ha statuito che, una volta concluso il contratto, la situazione resta soggetta alle regole del diritto comune: l'accertamento del significato e degli effetti di tale contenuto, inerendo alla valutazione della posizione contrattuale delle parti, attiene a una situazione paritetica fra le medesime, spettante alla cognizione del giudice ordinario. Il contratto concluso tra pubblica amministrazione e privato resta, infatti, un atto di espressione dell'autonomia privata (art. 1322 cod. civ.), che ha forza di legge tra le parti (art. 1372 cod. civ.), idoneo a spiegare effetti nelle reciproche sfere soggettive e per entrambe, quale autoregolamento vincolante degli interessi. Pertanto, quando la pubblica amministrazione, dietro lo schermo di un atto amministrativo, intervenga direttamente sul contratto in ragione di ritenuti vizi suoi propri, non si è di fronte a una determinazione autoritativa tale da poter radicare la giurisdizione amministrativa. In tali casi, la controversia, inerendo alla valutazione della posizione contrattuale delle parti, attiene a una situazione paritetica fra le medesime, con la conseguente giurisdizione del giudice ordinario. |