L'affido alternato del figlio minore e i criteri di quantificazione del contributo al suo mantenimento
11 Novembre 2024
Massima In materia di affidamento dei minori, il principio di bigenitorialità impone che il regime di collocamento e visita sia strutturato in modo da assicurare il diritto del minore a mantenere rapporti significativi e continuativi con entrambi i genitori, tenendo conto delle esigenze di stabilità, dell'età del bambino e della distanza geografica tra i genitori. La Corte può disporre modifiche al regime di visita, anche consentendo al genitore non collocatario di portare il minore fuori dal luogo di residenza principale, se ciò risponde al miglior interesse del minore e alla necessità di salvaguardare la continuità delle relazioni familiari, senza pregiudicare la sua stabilità. In merito al contributo al mantenimento, la quantificazione va effettuata basandosi sul principio di proporzionalità e adeguatezza, valutando comparativamente le risorse economiche di entrambi i genitori e le esigenze del minore, compreso il tenore di vita che avrebbe goduto se il nucleo familiare fosse rimasto unito. È legittimo includere nel contributo anche le spese abitative sostenute dal genitore collocatario, purché proporzionate al reddito disponibile e giustificate dal bisogno di garantire una residenza stabile e adeguata al minore. La ripartizione delle spese deve, inoltre, riflettere la differenza nella capacità economica dei genitori, evitando che il minore subisca un trattamento diseguale tra i periodi di permanenza presso ciascuno di essi. Il caso Il caso trattato dalla sentenza riguarda una controversia tra due genitori, V.C. e P.G., sulla cessazione degli effetti civili del loro matrimonio e, in particolare, sulle modalità di affidamento e mantenimento del figlio minore A. In primo grado, il Tribunale di Milano aveva disposto l'affidamento condiviso del minore di tre anni, con collocamento prevalente presso la madre a Milano. Al padre era stato concesso di vedere il figlio a weekend alternati e in alcune giornate infrasettimanali, ma con limitazioni sui luoghi in cui poteva portarlo. Inoltre, il Tribunale aveva stabilito che il padre dovesse contribuire al mantenimento del minore con un assegno mensile di 3.000 euro, comprensivo delle spese abitative del bambino. Aveva, inoltre, posto le spese straordinarie occorrenti per il minore, nella misura dell'85%, a carico del padre. Il padre, V.C., ha impugnato la sentenza, chiedendo un regime di affido alternato e paritario che consentisse al figlio di trascorrere periodi uguali di tempo con ciascun genitore, tra Milano e Lugano (dove risiede il padre). Alternativamente, ha richiesto la possibilità di estendere i tempi di visita nei weekend e la possibilità di trascorrere più tempo con il figlio durante le vacanze scolastiche. Ha inoltre, contestato l'importo dell'assegno di mantenimento, sostenendo che fosse eccessivo in relazione alle effettive esigenze del minore e chiedendo, pertanto, una sua riduzione. La madre, P.G., si è opposta alle domande poste in appello, sostenendo che il regime di collocamento disposto dal Tribunale fosse conforme all'interesse del minore, e ha chiesto, in sede di appello incidentale, un aumento dell'assegno di mantenimento a carico del padre, vista la sua migliorata situazione economica e il costo elevato sostenuto dalla madre stessa per l’abitazione condotta in locazione a Milano. La Corte d'Appello di Milano ha confermato il collocamento prevalente presso la madre, ritenendo che fosse nell'interesse del minore mantenere la stabilità del suo ambiente di vita, soprattutto in vista dell'inizio della scuola. Tuttavia, ha accolto parzialmente la richiesta del padre, consentendogli di portare il figlio a Lugano durante i weekend in cui era previsto il diritto di visita, riconoscendo l'importanza di favorire una bigenitorialità effettiva, bilanciando in questo modo i diritti di entrambi i genitori con l'interesse superiore del minore e garantendo che quest'ultimo mantenga un legame significativo con entrambi. Per quanto riguarda il mantenimento, la Corte ha stabilito un aumento dell'assegno mensile a 4.500 euro, tenendo conto sia delle esigenze del minore sia delle maggiori disponibilità economiche del padre, che era stato recentemente promosso, acquisendo una posizione professionale di prestigio, anche in termini economici. La sentenza ha anche ribadito il principio della proporzionalità nella suddivisione delle spese straordinarie, in considerazione della disparità reddituale esistente fra le parti. La questione La sentenza in esame, emessa dalla Corte di Appello di Milano, riguarda un caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio di due coniugi, genitori di un bambino di tre anni e ha ad oggetto la valutazione in ordine all’applicazione del regime di affidamento condiviso con tempi di frequentazione paritari, in applicazione del basilare principio di bigenitorialità. La Corte D’Appello si è, inoltre, dovuta pronunciare sulla quantificazione dell’assegno di mantenimento spettante ad un minore, enunciando i criteri adottati. Le soluzioni giuridiche La scelta della Corte Meneghina di confermare il collocamento prevalente del minore presso la madre a Milano, respingendo la richiesta dell'appellante di un collocamento alternato tra le città di Milano e Lugano, riflette la giurisprudenza prevalente e costante orientata a privilegiare la stabilità e la continuità del minore, specialmente durante la prima infanzia, quando è importante mantenere un ambiente familiare stabile e prevedibile. La giurisprudenza della Cassazione sostiene che, in caso di disgregazione del nucleo familiare, il collocamento del minore debba essere stabilito tenendo conto della necessità di garantirgli stabilità e continuità, aspetti fondamentali per il suo sviluppo psico-fisico (tra le altre Cass. civ. sez. I, ord., 13 febbraio 2020, n. 3652). Anche nella sentenza in esame viene ribadito il principio di bigenitorialità, sancito dall'art. 337-ter c.c., sottolineando il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori. Tuttavia, la Corte ha ribadito come tale principio non implichi, necessariamente, un'eguaglianza aritmetica dei tempi di permanenza, ma richieda piuttosto che i tempi di visita siano stabiliti in modo da preservare la serenità e la stabilità del minore. Nel caso in esame, la scelta di confermare il collocamento prevalente presso la madre ha trovato giustificazione nel fatto che il minore ha solo tre anni e si trova in una fase della vita in cui la stabilità ambientale riveste un ruolo, per il bambino, prioritario. La Corte ha, tuttavia, parzialmente accolto le richieste dell'appellante riguardo al diritto di visita, ampliando le possibilità di incontro del padre con il figlio. È stata riconosciuta al padre la possibilità di trascorrere il weekend con il figlio anche fuori Milano, consentendogli di portarlo a Lugano o in altri luoghi al di fuori della residenza materna. Questa decisione rappresenta, pertanto, la volontà della Corte di bilanciare il diritto del minore a godere di una relazione significativa con entrambi i genitori, garantendo una forma di bigenitorialità che tenga conto delle esigenze logistiche e lavorative del padre, che risiede e lavora in Svizzera. Tale approccio riflette un orientamento della giurisprudenza che, in casi simili, ha previsto modalità di visita che consentano al genitore non collocatario di esercitare il proprio diritto senza creare ostacoli insormontabili legati a fattori logistici o geografici (Cass., sez. I, ord. 04 gennaio 2024, n. 197). L'apertura verso un'organizzazione flessibile e realistica delle visite permette al minore di sviluppare un legame solido con entrambi i genitori, senza che la distanza geografica diventi un ostacolo insormontabile. Un altro dei punti centrali della sentenza riguarda la quantificazione del contributo al mantenimento del minore. La Corte ha accolto in parte l'appello incidentale della madre, aumentando l'importo mensile a carico del padre da 3.000 a 4.500 euro. Tale incremento riflette due esigenze: da un lato, coprire le spese abitative sostenute dalla madre (circa 2.700 euro al mese), dall'altro garantire una proporzionalità tra il contributo e le disponibilità economiche dei genitori. La giurisprudenza della Cassazione ha chiarito che il contributo di mantenimento deve essere commisurato alle reali esigenze del minore, considerando non solo le necessità alimentari, ma anche le spese per l'educazione, la salute e lo sviluppo sociale, includendo altresì quelle abitative (Cass. civ., sez. VI, 23 settembre 2022, n. 27948). In questo caso, la Corte ha riconosciuto che le spese di locazione della madre costituiscono una componente essenziale per garantire al minore un ambiente abitativo stabile e sicuro, e che quindi debbano essere considerate parte del contributo al mantenimento. Inoltre, la Corte ha evidenziato l'importanza del principio di proporzionalità sancito dall'art. 337-ter c.c., che prevede una valutazione comparata delle risorse economiche dei genitori. Questo principio è essenziale per garantire che il minore possa mantenere uno standard di vita adeguato alle sue esigenze e che non ci siano disparità significative tra il tempo trascorso con ciascun genitore. In particolare, la Corte ha fatto riferimento a recenti orientamenti della Cassazione (Cass., sez. I, ord. 29 agosto 2024, n. 23323), che impongono una valutazione sostanziale delle risorse disponibili, tenendo conto anche di eventuali miglioramenti della situazione economica di uno dei genitori. La decisione di aumentare l'importo mensile si fonda su questo principio, considerando anche la promozione lavorativa del padre, che ha determinato un miglioramento della sua capacità reddituale. L'appellante aveva, inoltre, richiesto una consulenza tecnica d'ufficio (CTU) psicologica sul nucleo familiare, contestando il rifiuto del primo grado. Tuttavia, la Corte ha ritenuto infondata la richiesta, confermando la sussistenza di un potere discrezionale del giudice di merito nel valutare l'opportunità di disporre una CTU. La giurisprudenza è chiara ed univoca nel riconoscere che la CTU non può essere disposta per mere finalità esplorative, ma deve rispondere a una concreta necessità di chiarimento su questioni tecniche o psicologiche che emergano dagli atti di causa (Cass., civ. sez. I, 08 luglio 2024, n. 18525). La valutazione in ordine ad un possibile ricorso ad una CTU è, inoltre, sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell'ausiliario giudiziario. In questo caso, la Corte ha ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per giustificare un approfondimento psicologico del nucleo familiare, confermando che il rigetto dell'istanza di CTU era giustificato dall'assenza di problematiche concrete e rilevanti. La decisione si allinea a un approccio che mira a evitare lungaggini processuali e a garantire che le misure adottate siano proporzionate alle reali esigenze emerse durante il processo. Infine, la Corte ha deciso di compensare le spese di lite dei due gradi di giudizio, tenendo conto della reciproca soccombenza delle parti. Questo approccio segue la linea giurisprudenziale che considera la valutazione complessiva dell'esito della lite (Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 2022, n. 5890). La compensazione riflette un riconoscimento delle ragioni parzialmente fondate di entrambe le parti e mira a limitare ulteriori conflittualità. Osservazioni La sentenza della Corte d'Appello di Milano in esame racchiude in sé un’importante applicazione dei principi giuridici in materia di diritto di famiglia, evidenziando come il diritto del minore a una bigenitorialità effettiva possa essere bilanciato con l’esigenza di garantire la sua stabilità e sicurezza. Pertanto la decisione di confermare il collocamento prevalente presso la madre, ma, nel contempo, di ampliare il regime di visita del padre, includendo la possibilità di spostamenti a Lugano, risponde a una visione pragmatica e orientata al benessere del minore. La revisione del contributo al mantenimento riflette, inoltre, una scrupolosa attenzione al principio di proporzionalità e alle condizioni economiche dei genitori, assicurando che il minore possa continuare a beneficiare di uno standard di vita adeguato, in linea con le sue esigenze e le possibilità dei genitori. Infine, il rigetto della richiesta di CTU psicologica sottolinea il fondamentale ruolo di controllo del giudice nell’utilizzo di taluni “strumenti istruttori”, evitando l'inutile complicazione dei procedimenti e concentrandosi su ciò che è realmente necessario per la tutela degli interessi del minore. |