Accesso ai dati sui titolari effettivi di un trust o di un istituto giuridico affine: rimessa alla CGUE la questione sulla conformità della normativa al diritto UE
13 Novembre 2024
Nella vicenda processuale in commento alcune societàfiduciarie e di revisione contestavano i provvedimenti con i quali lo Stato italiano le riconduceva alla tipologia degli «istituti affini al trust» con conseguente assoggettamento agli obblighi di informazione previsti dall'art. 31 della Direttiva UE 2015/849 (c.d. IV Direttiva Antiriciclaggio), come modificata dalla Direttiva 2018/843 (c.d. V Direttiva Antiriciclaggio ). Le Società lamentavano dinanzi al TAR la contrarietà della disciplina nazionale con la disciplina antiriciclaggio unionale . Nelle more del giudizio entravano in vigore la VI Direttiva Antiriciclaggio n. 1640/2024 e il Regolamento n. 1624/2024. Il Ministero dell'Economia e delle Finanza con D.M. n. 55 dell'11 marzo 2022, approvava il regolamento che individuava gli istituti affini negli enti e istituti “che, per assetto e funzioni, determinano effetti giuridici equivalenti a quelli dei trust”. In corso di giudizio le Società evidenziavano profili di incompatibilità dell'impugnata disciplina nazionale con le tutele apprestate dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell'UE (artt. 7 e 8) e con i principi enunciati dalla CGUE con la sentenza del 22 novembre 2022 che aveva rilevato la genericità dl concetto di «legittimo interesse» che «difficilmente si presta a una definizione giuridica» (para.71) auspicando l'approdo ad una sua ridefinizione più puntuale tale da garantirne una interpretazione uniforme su tutto il territorio unionale. Le appellanti lamentano l'eccessiva estensione sotto il profilo soggettivo dell'accesso riconosciuto dai provvedimenti impugnati sostenendo che la possibilità di esercitarlo, subordinandola alla sola sussistenza di un imprecisato «legittimo interesse», introdurrebbe profili di incertezza applicativa. Il Tar respingeva il ricorso. Il Collegio ha rilevato la fondatezza e la non palese irragionevolezza dei dubbi prospettati dalle società appellanti. Innanzi tutto, ha osservato che la mancata specificazione del concetto di «legittimo interesse», e più in generale di più stringenti presupposti legittimanti l'accesso dei privati non si concilierebbe con i valori della Carta dei Diritti laddove afferma che ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare , del proprio domicilio e delle sue comunicazioni e alla protezione dei dati personali, che devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso dell'interessato o a un altro fondamento previsto dalla legge. Inoltre, il Collegio ha evidenziato che l'effettività della tutela dei soggetti esposti all'accesso , riconosciuta dalla Direttiva (art. 30, para. 9), deve essere valutata alla stregua dell'idoneità degli strumenti apprestati dagli ordinamenti interni a prevenire la divulgazione di dati al difuori delle ipotesi previste, da valutarsi anche in relazione a quanto prescritto sia dalla Carta dei Diritti all'art. 47 (diritto a un ricorso effettivo e un giudice imparziale), che dall'art. 6 della C.E.D.U. ( diritto di ognipersona all'esame della sua causa entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale). Tuttavia, la disciplina di cui al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 55/2022 prevede l'attribuzione del potere di determinarsi sulle richieste di accesso alle Camere di Commercio anche per escludere l'ostensione in tutto o in parte all'esito della propria valutazione sulla sussistenza di circostanze eccezionali rappresentate dal controinteressato. Sul punto il Collegio ha evidenziato che la disciplina nazionale in materia di accesso non conosca rimedi azionabili in via preventiva essendo la tutela apprestata solo in un momento successivo mediante la possibilità di contestare il provvedimento di accoglimento dinanzi al giudice amministrativo . Tuttavia, il Collegio ha rilevato che, sebbene nel caso di specie non si verte in tema di tutela del principio di trasparenza ma di tutela di dati personali, e avuto riguardo alla sensibilità degli interessi intercettati ed alla natura dei rischi che la normativa europea intende prevenire (espressamente individuati nel «rischio sproporzionato di frode, rapimento, ricatto, estorsione, molestia, violenza o intimidazione»), si pone una questione di adeguatezza e rispondenza dell'impianto normativo nazionale con le finalità perseguite dalla Direttiva. Il Collegio ha sottoposto alla Corte di Giustizia i seguenti quesiti: 1. «se l'art. 31, para. 4 della direttiva 2015/849 modificata dalla direttiva 2018/843, laddove consente l'accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva di un trust o di un istituto giuridico affine sia compatibile con le norme della Carta dei diritti fondamentali (art. 7 “rispetto della vita privata e familiare” e art. 8 “protezione dei dati di carattere personal”) nonché della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (art. 8), nella parte in cui consente l'accesso in ogni caso a qualunque persona fisica o giuridica “che possa dimostrare un legittimo interesse” senza precisare e delimitare la nozione stessa di “legittimo interesse” rimettendone la definizione alla piena discrezionalità degli Stati membri determinando il rischio di perimetrazioni eccessivamente estese dell'ambito soggettivo di azionabilità dell'accesso, potenzialmente lesive degli evocati diritti fondamentali della persona». 2. «Se le garanzie previste dall'art. 31, par. 7 bis della direttiva 2015/849, modificata dalla direttiva 2018/843, relative al diritto a un ricorso amministrativo contro una decisione che deroga (in presenza di circostanze eccezionali stabilite dal diritto nazionale) all'accesso di cui al par. 4, (accesso consentito, in ogni caso, alle informazioni sulla titolarità di un trust o di un istituto giuridico affine), considerate le tutele offerte dall'art. 47 (diritto a un ricorso effettivo e un giudice imparziale) della Carta dei diritti fondamentali, nonché dall'art. 6 della CEDU, siano compatibili con gli articoli 6-7 del decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze dell'11 marzo 2022, n. 55 nella parte in cui conferiscono ad un organo ammnistrativo non giurisdizionale quale è la Camera di commercio territoriale il potere di esprimersi determinando l'irreversibile effetto dell'ostensione dei dati prevedendo solo in una fase successiva il diritto ad un ricorso giurisdizionale azionabile dal titolare effettivo». Il Consiglio di Stato ha formulato istanza di trattazione accelerata della domanda pregiudiziale ai sensi dell'art. 105 del Regolamento di procedura della Corte di Giustizia e ha sospeso il processo ex art. 79 c.p.a. nelle more della pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. |