Risarcimenti delle vittime di reati intenzionali violenti: per un equo e adeguato indennizzo rilevano i vincoli familiari e l'entità del danno subito da quelli esclusi

Lorenzo Salazar
18 Novembre 2024

La CGUE, pronunciandosi su una causa inerente all'indennizzo delle vittime dei reati violenti (C-126/23) ha stabilito che una normativa nazionale che, per la sola presenza di altri familiari, esclude automaticamente taluni parenti da qualsiasi forma di compensazione, a causa dell'insolvenza dell'autore di un omicidio, non può garantire un risarcimento «giusto ed adeguato» per il danno subito. È dunque fondamentale considerare non solo i legami familiari, ma anche altri elementi come l'entità dei danni subiti dai familiari esclusi.

Con la sentenza resa il 7 novembre 2024 nella causa C-126/23, la Corte di giustizia di Lussemburgo si è pronunziata in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, a seguito di un ricorso pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Venezia nel febbraio 2023, giudicando nella sostanza eccessivamente restrittiva la normativa italiana (la legge n. 122/2016) adottata in attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato.

Occorre al riguardo ricordare che, in attuazione dell'art. 11, comma 3, legge n. 122/2016, venne adottato il d.m. 22 novembre 2019 («Determinazione degli importi dell'indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti», in G.U. n. 18, 23 gennaio 2020, 9.). L'articolo 1, comma 1, lett. b), di tale decreto aveva previsto che: «per il delitto di omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, nell'importo fisso di euro 60.000 esclusivamente in favore dei figli della vittima».

Nella vicenda giudiziaria dinanzi al giudice nazionale, il Tribunale di Padova aveva condannato l'autore dell'omicidio della sua ex compagna a una pena detentiva di 30 anni e al versamento di una provvisionale ai familiari della vittima costituitisi parte civile. Poiché l'autore dell'omicidio era privo redditi ed era stato ammesso al gratuito patrocinio, lo Stato italiano ha versato, a ognuno dei due figli soltanto, un indennizzo dell'importo di 20.000 euro ciascuno, mentre al coniuge separato era stato riconosciuto un indennizzo ridotto dell'importo di 16.666,66 euro.

A seguito di tale decisione i genitori, la sorella e i figli della vittima, ritenendo che la legge n. 122/2016 avesse introdotto, in violazione della direttiva 2004/80/CE, limitazioni eccessive quanto al pagamento degli indennizzi alle vittime di reati intenzionali violenti, avevano adito il Tribunale di Venezia lamentando l'esclusione da un indennizzo «equo ed adeguato»

In tale contesto, il tribunale italiano aveva chiesto alla Corte di giustizia se la normativa nazionale che esclude d'ufficio il versamento di un indennizzo a taluni familiari di una vittima di reati intenzionali violenti in caso di morte di quest'ultima a seguito di omicidio fosse compatibile con la direttiva.

In risposta a tale domanda pregiudiziale, la Corte ha anzitutto precisato che la direttiva impone agli Stati membri di istituire un sistema di indennizzo destinato a ricomprendere non solo le persone che hanno esse stesse subito reati intenzionali violenti in qualità di vittime dirette, ma anche i loro stretti familiari, quando subiscono, di riflesso, le conseguenze di tali reati in qualità di vittime indirette. Viene inoltre ricordato come la direttiva imponga agli Stati membri l'obbligo di istituire un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti che garantisca un indennizzo equo ed adeguato e, a tale riguardo, pur disponendo di un potere discrezionale, gli Stati membri non possono limitarsi a un indennizzo puramente simbolico o manifestamente insufficiente rispetto alla gravità, per le vittime, delle conseguenze del reato commesso. Il contributo deve infatti compensare, in misura adeguata, le sofferenze alle quali le vittime sono state esposte, al fine di contribuire al ristoro del danno materiale e morale subìto. Inoltre, se il sistema nazionale in questione prevede un indennizzo forfettario, la misura di esso deve essere sufficientemente dettagliata, così da evitare che possa rivelarsi manifestamente insufficiente.

La Corte ha conseguentemente concluso dichiarando che l'art. 12, § 2, direttiva 2004/80/CE relativa all'indennizzo delle vittime di reato, dev'essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che prevede un sistema di indennizzo per i reati intenzionali violenti che subordina, in caso di omicidio, il diritto all'indennizzo dei genitori della persona deceduta all'assenza di coniuge superstite e di figli di tale persona e quello dei fratelli e delle sorelle di quest'ultima, all'assenza di detti genitori.