Agevolazione “prima casa” e acquisto in regime di comunione dei beni: servono le dichiarazioni di entrambi i coniugi

Gabriele Scuffi
18 Novembre 2024

A norma dell’art. 1 della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, nota II bis lett. b) e c), per il godimento delle agevolazioni fiscali c.d. “prima casa” occorre che l’acquirente dichiari in seno all’atto di acquisto di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare, e di non averne in precedenza, fruito, neppure pro quota, in riferimento all’intero territorio nazionale: la circostanza che l’acquisto si attui per effetto del regime della comunione legale non costituisce, in assenza di specifiche disposizioni in tal senso, eccezione alla regola anzidetta e che «nel caso d’acquisto di un fabbricato con richiesta delle agevolazioni prima casa, da parte di un soggetto coniugato in regime di comunione legale dei beni, le dichiarazioni prescritte dalla legge debbano riguardare non solo il coniuge intervenuto nell’atto ma, anche, quello non intervenuto e debbano essere necessariamente rese da quest’ultimo.

Massima

A norma dell'art. 1 della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, nota II bis lett. b) e c), per il godimento delle agevolazioni fiscali c.d. “prima casa” occorre che l'acquirente dichiari in seno all'atto di acquisto di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare, e di non averne in precedenza, fruito, neppure pro quota, in riferimento all'intero territorio nazionale: la circostanza che l'acquisto si attui per effetto del regime della comunione legale non costituisce, in assenza di specifiche disposizioni in tal senso, eccezione alla regola anzidetta e che «nel caso d'acquisto di un fabbricato con richiesta delle agevolazioni prima casa , da parte di un soggetto coniugato in regime di comunione legale dei beni, le dichiarazioni prescritte dalla legge debbano riguardare non solo il coniuge intervenuto nell'atto ma, anche, quello non intervenuto e debbano essere necessariamente rese da quest'ultimo.

Il caso

Il caso affrontato dalla Suprema Corte trae origine da un procedimento di impugnazione da parte di un contribuente di un avviso di liquidazione notificato dall'Agenzia delle Entrate mediante il quale veniva contestato il mancato intervento in atto del coniuge del contribuente, sposato in regime di comunione dei beni e quindi l'omissione delle dichiarazioni previste per la concessione delle agevolazioni “Prima Casa”, con conseguente applicazione dell'IVA secondo l'aliquota ordinaria oltre a interessi e sanzioni di legge.

La decisione della CTP che ha accolto l'impugnativa è stata confermata in sede di appello dalla CTR.

L'Amministrazione finanziaria ha quindi presentato ricorso per violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, c.d. TUR (testo unico dell'imposta di registro) sostenendo che le manifestazioni di volontà prescritte dalla disposizione censurata andavano rese anche dal coniuge acquirente in regime di comunione legale.

Secondo il Fisco, le agevolazioni richieste per l'acquisto di un immobile in regime di comunione legale tra coniugi non potevano applicarsi senza che siano state formulate le dichiarazioni di cui alla nota 2-bis dell'art. 1 della tariffa in argomento.

La Suprema Corte di cassazione, con la sentenza Cass. civ., n. 26703/2024, ha accolto il ricorso evidenziando che nel caso d'acquisto di un fabbricato con richiesta delle agevolazioni prima casa, da parte di un soggetto coniugato in regime di comunione legale dei beni, le dichiarazioni prescritte dalla legge devono riguardare non solo il coniuge intervenuto nell'atto, ma anche quello non intervenuto e debbano essere necessariamente rese da quest'ultimo.

La questione

La questione affrontata dalla Corte di cassazione concerne l’applicazione delle agevolazioni prima casa richieste da un soggetto coniugato in regime di comunione legale dei beni.

Le soluzioni giuridiche

1. L'agevolazione “prima casa”. I presupposti per l'applicazione

Il nostro ordinamento tributario (art. 1, nota II-bis, comma 1 della tariffa parte I — Atti soggetti a registrazione in termine fisso — allegata a. d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, lett. a) prevede delle specifiche agevolazioni fiscali, al ricorrere di determinati presupposti, finalizzate a favorire l'acquisto di immobili da destinare ad abitazione principale.

I benefici fiscali per l'acquisto della “prima casa” consistono, per effetto dell'art. 10, d.lgs. n. 23/2011, a decorrere dal 1° gennaio 2014, nell'applicazione:

— in misura ridotta dell'imposta di registro (se si acquista da un privato) e dell'IVA (se si acquista da un'impresa);

— dell'imposta ipotecaria e catastale in misura fissa.

Per poter fruire delle agevolazioni prima casa, la normativa fiscale richiede:

a) che il bene acquistato sia un immobile ad uso abitativo non censito nelle categorie catastali A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (ville), A/9 (castelli o palazzi di particolare pregio artistico o storico) o A/10 (uffici);

b) che al momento dell'acquisto il soggetto acquirente dichiari:

  • che l'immobile acquistato è ubicato nel Comune ove attualmente risiede o ove trasferirà la propria residenza entro 18 mesi dall'acquisto;
  • di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso ed abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l'immobile acquistato;
  • di non essere titolare, neppure per quote, anche in comunione legale con il coniuge, su tutto il territorio nazionale, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso acquirente o dal coniuge in regime di comunione legale dei beni con le agevolazioni prima casa.

Dal 1° gennaio 2016, i benefici fiscali sono stati estesi anche al contribuente che è già proprietario di un immobile acquistato con le agevolazioni prima casa, a condizione però che la casa già posseduta sia venduta entro un anno dal nuovo acquisto.

L'agevolazione prima casa viene meno, invece, al ricorrere delle seguenti situazioni:

- le dichiarazioni previste dalla legge nell'atto di acquisto sono false;

- l'abitazione è venduta o donata prima che siano trascorsi 5 anni dalla data di acquisto (a meno che, entro un anno, non si riacquisti un altro immobile, anche a titolo gratuito, da adibire in tempi “ragionevoli” a propria abitazione principale);

- non si sposta la residenza nel Comune in cui si trova l'immobile entro 18 mesi dall'acquisto;

- entro l'anno dall'acquisto del nuovo immobile non viene venduto quello già posseduto, acquistato con le agevolazioni “prima casa”.

2. L'acquisto con agevolazione prima casa da parte dei coniugi in regime di comunione dei beni. L'evoluzione della giurisprudenza.

È stata oggetto di particolare attenzione da parte della giurisprudenza la questione riguardante l'accesso a tale agevolazione fiscale da parte di coppie sposate che hanno scelto il regime patrimoniale della comunione dei beni.

Gli orientamenti della Suprema Corte di Cassazione nel tempo sono stati diversi.

  • L'impostazione più elastica.

A) Inizialmente la Corte di Cassazione aveva sostenuto che nel caso di acquisto di un immobile ad uso abitativo da parte di uno dei coniugi in regime di comunione legale, l'agevolazione fiscale fosse fruibile anche dall'altro coniuge, anche se sprovvisto dei requisiti di legge sussistenti solo in capo al coniuge acquirente (Cass. civ. sent. n 14327/2000, Cass. civ. sent. 13085/2003, Cass. civ. sent. 2109/2009, Cass. civ. sent. 15426/2009, Cass. civ. sent. 16355/2013).

È stato poi chiarito che il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui ove l'immobile acquistato sia adibito a tale destinazione non rileva la diversa residenza di uno dei due coniugi che abbiano acquistato in regime di comunione (Cfr. Cass. civ. sent. n. 25889/2015; Cass. civ. n. 16355/2013; Cass. civ. n. 2109/2009 ).

In pratica, si poteva ottenere l'agevolazione “prima casa” nell'ipotesi di acquisto effettuato da due coniugi, non soltanto se entrambi risiedevano nel Comune dove l'immobile è ubicato, ma anche se risiedevano in due Comuni diversi, a condizione però che:

1) l'immobile acquistato fosse ubicato in uno di questi Comuni;

2) in tale Comune la famiglia (considerata nel suo insieme) avesse la sua residenza;

3) si trattasse di un acquisto compiuto in regime di comunione legale dei beni.

I Giudici di legittimità erano soliti far perno sul concetto di “residenza della famiglia” quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi.

Cosicché, una volta accertato che la casa oggetto di acquisto agevolato era destinata ad ospitare appunto la “residenza della famiglia”, era considerato irrilevante il fatto che uno dei coniugi avesse altrove la propria residenza tenuto conto che i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma solo reciprocamente alla coabitazione.

2) Il mutamento di orientamento

B) Successivamente la Corte di Cassazione si è discostata dal proprio orientamento secondo cui era sufficiente che solo uno dei coniugi godesse dei requisiti prescritti dalla legge per beneficiare dell'agevolazione “prima casa” in caso di acquisto di un immobile in regime di comunione dei beni.

In particolare è stato sostenuto (Cfr. Cass. civ. ord., 5 giugno 2018, n. 14326 e Cass. civ., 4 febbraio 2015, n. 1988) che se l'acquisto di un'abitazione venga effettuato da due coniugi in comunione legale dei beni, l'agevolazione “prima casa” compete loro solo se entrambi rendono le dichiarazioni prescritte dalla legge per avvalersi dell'agevolazione (ad esempio: la dichiarazione di non titolarità di altra casa acquistata con l'agevolazione in parola).

La Corte di cassazione con la sentenza in commento aderisce a tale orientamento che impone non solo che i requisiti per le agevolazioni debbano sussistere in capo ad entrambi i coniugi, ma altresì che le dichiarazioni di rito siano rese da entrambi.

Non è sufficiente, quindi, che le predette dichiarazioni siano rilasciate da uno soltanto.

I giudici di legittimità hanno di fatto ratificato quella che è già da tempo la prassi degli uffici del Fisco (cfr. Ag. Entrate, circ., 12 agosto 2005, n. 38/E) secondo cui l'agevolazione compete nei limiti del 50%, cioè per il solo coniuge che possiede il requisito sostenendo che:

- ai fini civilistici, in caso di acquisto compiuto da un solo coniuge in regime di comunione legale, anche l'altro coniuge, non intervenuto in atto, acquista la comproprietà del bene, in quanto il coacquisto si produce, automaticamente, ex lege (art. 177 c.c.)

- ai fini fiscali, affinché l'agevolazione “prima casa” possa essere applicata in relazione all'intero immobile acquistato, è necessario, invece, che entrambi i coniugi rendano le dichiarazioni previste dalla citata nota II-bis. Si tratta, in particolare, della dichiarazione relativa alla non titolarità, esclusiva o in comunione con il coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione su altre case situate nel territorio del comune in cui si trova l'immobile da acquistare (lettera “b” della nota II-bis) e della dichiarazione relativa alla non titolarità, neppure per quote, sull'intero territorio nazionale, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione, nuda proprietà, su altre case di abitazioni acquistate con le agevolazioni “prima casa” (lettera “c” della nota II-bis).

Nella pronuncia in commento sono stati in conclusione richiamati i principi già espressi dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 1988/2015 secondo cui “...la circostanza che l'acquisto si attui per effetto del regime della comunione legale non costituisce, in assenza di specifiche disposizioni in tal senso, eccezione alla regola anzidetta ”.

Se i requisiti necessari all'ottenimento dell'agevolazione fiscale devono essere presenti in capo ad entrambi i coniugi ciò significa che entrambi:

- devono avere la residenza nel Comune ove si trova l'immobile da acquistare o ve la devono trasferire nei 18 mesi successivi;

- non devono possedere altre case nello stesso Comune ove si trova quella da acquistare;

- non devono avere, in tutta Italia, un'altra casa acquistata con il bonus prima casa, salvo venderla entro un anno.

Le due dichiarazioni distinte e separate sono essenziali ai fini del godimento dell'agevolazione fiscale e devono essere rilasciate dai coniugi e riportate nell'atto pubblico notarile di acquisto.

Diversamente, è da ritenersi legittima la revoca, per la metà, del beneficio “prima casa” se, al momento del rogito, era presente solo uno dei due coniugi che ha acquistato il bene in comunione legale.

Osservazioni

La sentenza della Suprema Corte n. 26703/2024 è certamente importante perché rappresenta un ulteriore precedente volto a troncare con i passati orientamenti per i quali si riteneva che per beneficiare dell'agevolazione “prima casa” in caso di acquisto di un immobile fosse sufficiente che solo uno dei coniugi godesse dei requisiti prescritti dalla legge.

Così facendo, si è andata, quindi, a ratificare la prassi dell'Amministrazione finanziaria che ha sempre ritenuto applicabile l'agevolazione nei limiti del 50% ovvero solamente a favore del coniuge che possiede il requisito prescritto normativamente.

La pronuncia in commento non è comunque esente da rilievi critici atteso che negando l'agevolazione, in caso di dichiarazioni legittimanti rilasciate da un solo coniuge, si determina un'obiettiva incongruenza fra la normativa civilistica e quella fiscale in quanto l'acquisto effettuato da un solo coniuge coniugato in regime di comunione legale dei beni andrà a beneficio della comunione, senza tuttavia che entrambi i coniugi si possano avvalere delle agevolazioni “prima casa”.

Non si può trascurare il fatto che la condizione di un bene in comunione legale è totalmente diversa da quella di un bene in comunione ordinaria fra i coniugi, dove ognuno di essi mantiene la libera disponibilità della propria quota del bene. Infatti, nel caso della comunione legale il bene più che essere di proprietà di entrambi i coniugi è di proprietà della comunione legale stessa e, pertanto, ciascuno dei coniugi non può disporne autonomamente.

Per assicurare piena tutela alle finalità proprie della comunione legale, che mira ad essere un regime patrimoniale perequativo fra le posizioni dei coniugi e di tutela per la famiglia, al coniuge dovrebbe essere assicurata la possibilità di accedere ai benefici fiscali che la normativa riconosce per l'acquisto dell'abitazione principale.

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