Introduzione. Morte del fax e PEC sempre più protagonista
Tra le occasioni perse della riforma Cartabia (e probabilmente frutto di un refuso) vi era la mancata eliminazione dell'obbligo per il difensore di inserire negli atti introduttivi un numero di fax.
Tale disposizione appariva evidentemente ultronea, atteso che dall'art. 136 c.p.c. venivano depennate le comunicazioni via FAX, pur tuttavia permanendo l'obbligo di indicare in atti il numero di fax come previsto dall'art. 125 c.p.c.
Il correttivo ha depennato il numero di fax dagli elementi obbligatori degli atti introduttivi, introducendo però l'obbligo di inserire nell'atto di citazione l'indirizzo di posta elettronica certificata del convenuto se risultante da pubblici elenchi. Tale obbligo viene esteso anche ai ricorsi introduttivi in materia di lavoro ai sensi dell'art. 414 c.p.c., ma sarebbe buona prassi inserirlo tra i dati del convenuto in qualsiasi atto introduttivo.
Il fax sparisce anche dall'art. 250 c.p.c. che consentiva al difensore di effettuare l'invio dell'intimazione a testimoni, oltre che a mezzo posta raccomandata, anche a mezzo telefax oggi depennato. L'intimazione ai testimoni potrà, dunque, essere spedita a mezzo ufficiale giudiziario che potrà trasmetterla anche a mezzo PEC ad un indirizzo risultante da pubblici elenchi, oltre che nelle forme ordinarie.
L'avvocato potrà sempre trasmettere l'intimazione testimoniale con una semplice raccomandata e sarà sufficiente depositare prima dell'udienza copia dell'atto inviato e dell'avviso di ricevimento di cui non sarà più necessario attestare la conformità all'originale.
La norma prevede che l'avvocato possa depositare anche la ricevuta di avvenuta consegna lasciando intendere che l'intimazione testimoniale si possa fare anche a mezzo PEC senza utilizzare la procedura di notificazione ai sensi della l. n. 53/1994. Tuttavia, il legislatore nel modificare il comma 3 dell'art. 250 c.p.c. sembra essersi dimenticato la parola PEC, infatti il comma 3 recita: “l'intimazione al testimone ammesso su richiesta delle parti private a comparire in udienza può essere effettuata dal difensore attraverso l'invio di copia dell'atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento all'indirizzo risultante da pubblici elenchi”.
Mancherebbe dunque un “oppure a mezzo PEC” tra le parole “ricevimento” e “all'indirizzo”; tuttavia, tale dimenticanza è evidentemente riconducibile ad un refuso, atteso che il successivo comma 4 consente di depositare la ricevuta di consegna della PEC.
Ad ogni buon conto, pur essendovi una palese dimenticanza della PEC come strumento di invio delle citazioni testimoniali, la possibilità di utilizzarla come strumento di invio delle citazioni testi non è da ritenersi preclusa atteso che il valore legale della PEC, ai sensi del Codice dell'Amministrazione Digitale è quello della notificazione a mezzo posta.
È di tutta evidenza, dunque, che la possibilità di utilizzare una raccomandata come strumento di invio delle citazioni testimoniali ben consente di utilizzare il suo naturale omologo digitale (ovvero la posta elettronica certificata) senza scomodare l'istituto della notificazione ai sensi della l. n. 53/1999.
Nel correttivo viene, inoltre, più volte menzionato il "domicilio digitale speciale" istituito dall'art. 3-bis, comma 4-quinquies del Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD), ovvero un domicilio digitale speciale per determinati atti, procedimenti o affari.
In tal caso, ferma restando la validità ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale, colui che lo ha eletto non può opporre eccezioni relative alla forma e alla data della spedizione e del ricevimento delle comunicazioni o notificazioni ivi indirizzate.
Il domicilio digitale speciale potrà essere eletto solo per le parti costituite in giudizio personalmente allo scopo di ricevere comunicazioni e notifiche nell'ambito del processo civile telematico.
Rimane, tuttavia, ferma per la parte costituita personalmente la possibilità di utilizzare il proprio indirizzo PEC comunicato in pubblici elenchi come ad esempio INAD o IniPEC.
In presenza di domicilio digitale speciale è, invece, preclusa la possibilità di notificare in proprio, atteso che l'avvocato che notifica in proprio ai sensi dell'art. 3-bis l. n. 53/1994 potrà effettuare notifiche a mezzo PEC solo ad indirizzi estratti da pubblici elenchi.
Il riformato art. 149-bis prevede, invece, che l'ufficiale giudiziario possa notificare a mezzo PEC non solo ad indirizzi estratti da pubblici elenchi ma anche presso il domicilio digitale speciale.
Il comma 2 dell'art. 3-bis della l. n. 53/1994 è stato modificato allargando il cosiddetto “140 telematico”, già previsto dalla riforma Cartabia, a tutti i casi in cui la notifica a mezzo PEC non si perfezioni o non possa essere eseguita per cause non imputabili al destinatario.
Pertanto, nei casi in cui il destinatario, obbligato a dotarsi di PEC ex lege o che, comunque, abbia scelto di comunicarla, dismetta o mantenga piena la propria casella per evitare di ricevere notificazioni, non potrà beneficiare di un tentativo di notifica a mani.
In tal caso, l'avvocato eseguirà la notifica mediante inserimento dell'atto da notificare nel portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia, unitamente ad una dichiarazione sulla sussistenza dei presupposti per l'inserimento, all'interno di un'area riservata collegata al codice fiscale del destinatario e generata dal portale.
La notificazione si ha per eseguita, per il destinatario, nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l'inserimento ovvero, se anteriore, nella data in cui egli accede all'area riservata. Si segnala che, al momento in cui si scrive tale area non è ancora operativa e medio tempore sarà possibile eseguire la notificazione nelle forme ordinarie.
Laddove, invece, la notifica a mezzo PEC non possa essere eseguita per cause non imputabili al destinatario la notificazione potrà essere eseguita nelle forme ordinarie previa indicazione della impossibilità a notificare telematicamente nella dichiarazione ex art. 137 c.p.c.