Flessibilità della misura dell’Amministrazione di sostegno e obbligo del giudice di adeguarla alla situazione concreta della persona, anche variandola nel tempo

19 Novembre 2024

Fino a che punto possono spingersi le limitazioni al diritto di autodeterminazione del soggetto da sottoporre ad amministrazione di sostegno?

Massima

L’istituto della amministrazione di sostegno è uno strumento volto a proteggere la persona affetta da una disabilità fisica o psichica tale da renderla inadeguata a provvedere ai suoi interessi, senza mortificarla,; la misura è caratterizzata da un alto grado di flessibilità in quanto la legge chiama il giudice all’impegnativo compito di adeguare la misura alla situazione concreta della persona e di variarla nel tempo, così da assicurare all’amministrato la massima tutela possibile con il minor sacrificio della sua capacità di autodeterminazione.

Il caso

Il Giudice Tutelare di Alessandria, su ricorso dei Servizi Sociali che segnalavano una donna con menomazioni fisiche e psichiche ma, soprattutto, con propensione al gioco d’azzardo, disponeva l’apertura dell’amministrazione di sostegno richiesta contro la volontà della amministrata che, nel corso del procedimento, aveva più volte espresso la sua forte opposizione affermando di essere in grado di provvedere autonomamente all’amministrazione dei propri interessi.

A seguito del reclamo proposto dall’amministrata, il Tribunale, tuttavia, confermava il decreto evidenziando, comunque, come la donna fosse in grado di ben esprimere le proprie volontà e la misura fosse necessaria con particolare riguardo agli aspetti di straordinaria amministrazione, ad esclusione del punto inerente il consenso ai trattamenti sanitari che veniva configurato come mera assistenza.

L’amministrata si rivolgeva alla Corte di Cassazione lamentando la violazione del diritto di autodeterminazione dell’individuo ed anche per aver illegittimamente trasformato la misura di mera assistenza e sussidiarietà prevista dal legislatore, in una misura altamente afflittiva che prevedeva la quasi totale sostituzione della beneficiaria.

La questione

La questione in esame è la seguente: fino a che punto possono spingersi le limitazioni al diritto di autodeterminazione del soggetto da sottoporre ad amministrazione di sostegno?

Le soluzioni giuridiche

La Corte accogliendo il ricorso ha ribadito che la misura dell'amministrazione di sostegno deve essere modellata dal giudice tutelare in relazione allo stato personale ed alle circostanze di vita di ciascuno dei beneficiari e in vista del concreto e massimo sviluppo delle sue effettive abilità.

Il giudice deve, quindi, valutare l'an della misura, il quid ed il quomodo dovendosi privilegiare il rispetto del diritto fondamentale della persona di autodeterminarsi nelle scelte di vita e personali, anche quando non approvate dal contesto famigliare e sociale, perché da queste scelte non ne derivi un concreto pregiudizio per la persona stessa.

In tal senso si è espressa già più volte la Corte rimarcando come l'accertamento della ricorrenza dei presupposti per l'apertura di tale misura, in linea con le indicazioni contenute nell'art. 12 della Convenzione Onu sui Diritti delle persone con disabilità, deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario sia rispetto all'incidenza della stessa sulle capacità di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, verificando anche al possibilità che tali esigenze possano essere attuate anche con strumenti diversi come per esempio una adeguata rete famigliare o un sistema di deleghe (Cass. civ, sez. I, 23 marzo 2023 n. 8413). La misura deve, quindi, essere “specifica e funzionale agli obiettivi individuali di tutela”, perché altrimenti implicherebbe “un'ingiustificata limitazione della capacità di agire delle persone”.

La Corte afferma che l'atto impugnato, invece, conteneva delle limitazioni previste per misure ben più gravose come l'interdizione e l'inabilitazione e il Giudice Tutelare di Alessandria non aveva fornito una specifica motivazione a giustificazione della limitazione all'autodeterminazione. Il provvedimento è stato, quindi, ritenuto privo della valutazione di proporzionalità delle limitazioni imposte alla beneficiaria, rispetto agli effettivi profili di fragilità della stessa che nonostante avesse una elevata propensione al gioco delle scommesse non aveva mai contratto un debito. Il provvedimento, inoltre, è stato ritenuto contraddittorio: da una parte veniva evidenziato come la beneficiaria avesse “capacità consistenti”, dall'altro non solo il suo dissenso alla misura non veniva tenuto in debito conto, ma addirittura le veniva impedita anche la possibilità di compiere atti di ordinaria e soprattutto quotidiana amministrazione -che aveva sempre compiuto- senza alcuna motivazione.

Osservazioni

La pronuncia della Corte di cassazione in commento ha ribadito i criteri di applicazione dell'istituto e fornisce indicazioni in merito ai requisiti che debbano sussistere per poter limitare il diritto di autodeterminazione delle persone.

Il giudice tutelare con la fase istruttoria del procedimento dovrà, quindi, accertare i bisogni del beneficiario intesi come bisogni oggettivi ma anche desideri ed aspirazione e valutare in che misura non siano frutto di volontà distorte ed in contrasto con i bisogni oggettivi. Accertati, poi, i bisogni si deve accertare quali abilità e capacità ha e quali invece siano i suoi punti deboli, perché la persona potrebbe essere in grado di autodeterminarsi ed esercitare alcuni diritti, ovvero operare in taluni ambiti della vita sociale con il supporto della rete famigliare e potrebbe non essere abile e competente in altri settori.

Si è sempre detto che il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno deve essere un “abito su misura” perché deve essere modellato dal giudice tutelare in relazione allo stato personale ed alle circostanze di vita del beneficiario, facendo in modo che vi sia un concreto e massimo sviluppo delle sue competenze.

Quindi, una volta che si è inquadrato il soggetto con i suoi bisogni, desideri ed aspirazioni, si sono valutate le sue capacità ed abilità e quali i suoi punti deboli, si può procedere ad individuare quali obiettivi la persona potrà realizzare da sola o accompagnata dalla rete famigliare quali, invece, dovranno essere compiuti con l'assistenza di un ADS e quali, infine, dovranno essere compiuti solo dall'ADS in sua sostituzione, privilegiando sempre la soluzione che comporti la mino invasività della sua sfera di autodeterminazione.

Ritengo che sia un dovere anche dell'ADS nominato informare il Giudice Tutelare di qualsiasi circostanza o informazione acquisisca dall'amministrato o nello svolgimento del suo incarico, affinchè quel decreto di nomina venga modificato in modo che risulti sempre adeguato alla situazione concreta del beneficiario, così che la persona sottoposta ad ADS sia assistita o sostituita solo ed esclusivamente in quegli ambiti in cui è stata rilevata una specifica criticità, ossia un deficit di competenze decisorie e gestorie che possono causare un serio pregiudizio alla persona.

C'è un altro passaggio molto interessante nella sentenza in commento laddove evidenzia la necessità di tenere in considerazione l' opinione  della persona anche nel caso in cui la sua capacità venga limitata . Si legge in sentenza che «Si deve inoltre osservare che l'art. 410 c.c. nella parte in cui impone all'amministratore di sostegno di informare il beneficiario circa gli atti da compiere e, in caso di dissenso, il Giudice Tutelare, dimostra come, in ogni caso, l'opinione del beneficiario debba essere tenuta in considerazione, pur se ne venga limitata la capacità. Limitare la capacità nella minor misura possibile significa pertanto non soltanto selezionare specificamente gli atti che il beneficiario non può compiere o non può compiere da solo, ma altresì preservare, anche con riferimento a questi atti, il diritto del beneficiario di esprimere la propria opinione e di partecipare, nella misura in cui lo consenta la sua condizione, alla formazione delle decisioni che lo riguardano».

Per estendere, infatti, alla persona sottoposta ad amministrazione di sostegno alcune delle limitazioni previste per l'interdetto o l'inabilitato, il Giudice Tutelare deve sorreggere la decisione con una motivazione specifica “che giustifichi la ragione per la quale si limita la sfera dell'autodeterminazione del soggetto e della misura in cui la si limita; e le decisioni che non si fondano sui desiderata del beneficiario devono fondarsi non solo sulla rigorosa valutazione che egli non sia capace di adeguatamente gestire i propri interessi e di assumere decisioni adeguatamente protettive, ma anche sulla preventiva valutazione della possibilità di ricorrere a strumenti alternativi di supporto e non limitativi della capacità, in modo da proteggere gli interessi della persona senza mortificarla, presentandole la dignità, e solo dove questo non sia possibile, può farsi luogo alle compressioni della capacità”.

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